L’Iliade più di qualsiasi altro poema epico va considerato educativo, più correttamente appare, ad una attenta lettura, un – codex educativo – infatti già dal settimo secolo a. C i ragazzi di tutta l’Ellade venivano educati ai Valori espressi da Omero: onore, coraggio, saggezza, rispetto per l’Uomo e la propria Patria, bellezza. Aristotele forgiò il carattere di Alessandro il Macedone con l’iliade, testo questo che ancora sulle sponde dell’Indo, insieme ad un pugnale, aveva sotto il suo cuscino.
I Valori omerici sicuramente avranno stimolato i Filosofi e tra questi Socrate con la sua maieutica, con la sua esigenza di arricchire costantemente l’Aretè, intesa come l’animo desideroso di accogliere le virtù, tutte le virtù. Il sommo filosofo, ligio al suo Pensiero, fu rispettoso verso l’Uomo, rispettoso delle leggi della sua Polis, forte in battaglia, grande educatore. Omero ci indica i Valori autentici dell’Uomo attraverso i suoi eroi, le sue eroine affinchè si comprenda come si deve essere e come sempre più si dovrà essere.
Un Valore essenziale che deve guidare la nostra vita è – la Bellezza -. Intesa come virtù educativa e creativa.
Tutti i personaggi, i protagonisti dell’Iliade e dell’Odissea sono “belli”, alcuni ce li indica Elena, dalle bianche braccia, dall’alto delle mura di Ilio parlando con Priamo. Lì con voce appena rotta dal dolce ricordo e dal rimpianto, parla di Agamennone, splendente nella sua corazza, bello, autorevole, di Ulisse, del poderoso Aiace Telamonio, di Menelao amorevolmente ricordato, di Idomeneo bellissimo ed ardito e così tutti i principi Achei. Anche i Troiani sono degni di ammirazione, sono splendidi Ettore ed Enea, sono mirabili, il primo per la sua moralità, il suo essere il migliore tra i Troiani, l’altro per essere il figlio di Afrodite.
Sembrerebbe che l’onore, il coraggio, la saggezza, mai possano essere disgiunti dalla Bellezza. Vigore, Grazia e Bellezza verranno ritenute dai Greci – virtù essenziali – e così sarà anche nel Rinascimento (1513) quando il Baldassar Castiglione nel suo Libro scriverà il – Cortegiano -.
Per i greci, come affermato, la Bellezza è appunto una virtù essenziale, per questo hanno voluto, tra gli dei, Afrodite dagli aurei doni, ma non paghi hanno desiderato ancora una – donna – che rappresentasse orgogliosamente la Bellezza tra gli Uomini, affinchè appaia luminosa, mirabile, per la gioia dell’animo, perché ci avvicini agli dei, per condurci con la sua splendida bellezza verso l’eudaimonia, la felicità.
Nella mitologia greca sono state espresse tante storie quante sono le Polis. Ognuna con il suo eroe fondatore, sempre figlio di un dio dell’Olimpo, ma vale ricordare che la mitologia è parte della storia e quindi sempre ne va compreso, intuito il suo significato storico, la sua intima ontologia.
Nel caso di Elena, regina di Sparta, dobbiamo ricordare che è “la donna più bella del mondo”, figlia di Leda e di Zeus, emblema dell’Eterno Femminino. La sua Bellezza alla fine della sua storia, vivrà ancora per la gioia degli Uomini; verrà sacralizzata, così infine la più bella si unirà con il migliore tra gli uomini, Achille, finalmente richiamato dagli dei dall’Ade. Abbiamo scelto questo mito perché è il più apprezzato e coinvolgente ma anche il più “greco”; infatti, la Bellezza è una virtù, quindi non semplice apparenza ma un dono sacro, creativo ed educativo che sempre va premiato ed apprezzato.
Bellissima già da ragazza, fu rapita da Teseo re di Atene, in seguito in età da marito, tutti i re e principi dell’Ellade, compreso Idomeneo dell’isola di Creta, la desiderarono come sposa; a chi concedere la mano? Ulisse re di Itaca una piccola isola, al quale premeva la pace tra i principi Achei, suggerì che la scelta fosse affidata alla stessa Elena, quindi dettata dall’amore e non da una pericolosa scelta politica. Menelao, principe acheo fratello di Agamennone, fu il prescelto che così divenne re di Sparta.
Nel frattempo, prendeva forma il volere del Fato, nato tempo prima dall’amore di Zeus per Tetide; un amore pericoloso però, che avrebbe generato un figlio più forte del padre. Saggiamente Zeus diede Tetide, sia pure a malincuore, in sposa a Peleo.
Al banchetto di nozze non fu invitata Eris dea della discordia, dell’ira, della vendetta, la quale, offesa, si vendicò dello sgarbo con sottile perfidia gettando sulla tavola nunziale una mela d’oro, con su scritto. – alla più bella -. Ritenendosi tali Era, Athena ed Afrodite parteciparono alla singolare gara; Zeus, conoscitore di donne, non volle assumere la responsabilità della scelta che avrebbe generato dissidi in famiglia, quindi affidò il giudizio a Paride, tra gli uomini il più bello.
Ma a tanta bellezza del principe troiano non corrispondeva altrettanta saggezza. Avrebbe potuto scegliere Era la sposa di Zeus che offriva il potere, la ricchezza; o meglio Athena che l’avrebbe premiato con la saggezza, la capacità in battaglia; invece ottenebrato dalla sua pochezza e dai sensi, scelse Afrodite che promise l’amore della donna più bella del mondo. Mantenne la promessa, Paride ebbe Elena e così costrinse i principi Achei a reclamare con le armi: dignità, giustizia, onore.
La partecipazione alla guerra di tutti i principi Achei fu un capolavoro diplomatico di Tindaro re di Sparta marito di Leda e padre (politico) di Elena, il quale temendo dissapori, rancori se non vendette, causa la scelta di Elena, radunò tutti i pretendenti (Gaio Giulio Igino liberto ispanico del I° sec. d.C. ne contò 37) tra questi Ulisse e Patroclo, e fece giurare loro che sarebbero corsi in aiuto del prescelto Menelao nel caso che Elena avesse subito un oltraggio o peggio, fosse stata rapita. Tindaro seppe leggere nell’animo degli uomini!
Solo Achille partecipò alla guerra per la sua gloria.
Eris, cominciò a tessere la sua vendetta ed Afrodite, insana nel suo intento, concesse Elena a Paride.
Nel mondo storico-religioso della Grecia, la mitologia ci presenta a volte una Elena “che si concede al bel principe troiano”, se così fosse, non può essere assolta: ha tradito suo marito e lei è la causa della guerra, tanto ferale quanto atroce. Molte furono le madri e le spose che la malediranno, sia greche che troiane. Ma Omero nell’Iliade e nell’Odissea pone in risalto due aspetti: la Bellezza di Elena, simile alla dorata Artemide, che per i greci è una virtù, non può essere peccato; secondo aspetto, a riprova della rettitudine di Elena, Omero nel terzo libro, la descrive dolente e sprezzante Paride per la sua pochezza.
Quando Elena apparve splendida sulla rocca invitata ad assistere allo scontro tra Troiani e Greci, più tardi tra Menelao e Paride, tutti restarono abbagliati da tanta bellezza:
…somiglia d’aspetto alle dee immortali
ma tuttavia, pur così bella sulle navi ritorni…
Solo Priamo vedendola con voce decisa ma affettuosa la chiamò a se:
Vieni qui figlia mia…
Per me, nessuna colpa tu hai, la colpa ce l’hanno gli dei…
Questa autorevole affermazione ci dice che Elena, divina tra le donne, è succuba di Eris, di Apollo, ma soprattutto di Afrodite che vuole mantenere la sua promessa a Paride, ma anche perché in quanto dea dell’amore, lo vuole “generare” indipendentemente dai Valori stessi dell’amore: sentimento, moralità, rispetto della famiglia, sacralità. Sempre nel terzo libro di questa coercizione ne abbiamo riprova.
Nel momento che Menelao sta per uccidere Paride con la lancia, Afrodite lo salvò involandolo sino alla sua camera nunziale, poi parlò ad Elena invitandola a raggiungere Paride che è già sdraiato sul letto splendente di bellezza ed eleganza.
La risposta di Elena è ferma, a tratti rabbiosa: Sciagurata perché cerchi di tentarmi?… dedica il tuo tempo ad affannarti per lui fino a che non ti faccia sua moglie o magari schiava.
Così Elena, si rivolge ad Afrodite sprezzante, offensiva, lei è pur sempre la figlia di Zeus, le sue parole gridano tutto il disprezzo per Paride e per la Cattiveria di Afrodite e lasciano intendere invece il suo intimo e forte desiderio: – tornare con il suo Menelao, dalla sua figlioletta Ermione a Sparta -.
Cattiva e rabbiosa è la risposta della dea: Non m’irritare, disgraziata… che tu non perisca di mala sorte.
Ora suo malgrado, al cospetto di Paride mellifluo, sprezzante così gli parlò: sei dunque tu tornato dalla battaglia, vi fossi invece caduto, vinto da quel valoroso che fu il mio primo marito.
Nemmeno l’essere offeso di viltà valse per Paride che per tutta risposta, desideroso, la invita sul letto in amplesso d’Amore; pronuba Afrodite.
La notte dell’inganno dal cavallo di legno ideato da Ulisse, si calarono trentasei Achei determinati, rabbiosi, con loro c’era Neottolemo, il figlio di Achille, combattente possente come il padre, ma rabbioso senza quella bellezza, eleganza che Tetide aveva inferito in suo figlio Achille. C’era anche Menelao che severo, taciturno, rancoroso, desideroso di atroce vendetta si diresse correndo verso la reggia, lasciandosi dietro una scia di morti e di sangue; giunse nella stanza di Elena, sul letto giaceva ubriaco Deifobo, che Priamo gli aveva imposto come marito dopo la morte di Paride. Irruppe rabbioso nella stanza e con un ghigno uccise Deifobo, poi si rivolse con la spada in pugno verso Elena… non la ricordava così bella, luminosa, sentì che era nuovamente sua, sentì che l’amava ancora, sentì che era sua e la desiderò con un amore sublime, sacrale. Poi udì le parole della sua Elena: Era tanto che ti aspettavo, perdonami. Menelao dolcemente la strinse a sé e la portò alle sue navi.
Tornata ad essere la regina di Sparta, Omero ci parla della vera Elena, rispettosa ed amorevole del marito. Del suo Menelao dice che è il più bello ed il più capace tra i principi. Quando riceverà nella sua reggia Telemaco figlio di Ulisse, apparirà agli ospiti elegante, dorata come la dea Diana ed anche premurosa.
Ai nostri occhi Elena dalle bianche braccia, divina, appare come la Bellezza tra gli uomini, senza peccato; appare più coinvolgente della stessa Afrodite che nei suoi amori ci sembra algida quasi recitasse un ruolo proprio alla sua funzione sacrale. Elena è mortale, è la più bella tra le donne con le sue pulsioni; tutti gli uomini la desiderano. In realtà non appartiene a Menelao né tanto meno a Paride, la sua Bellezza è una Virtù ed appartiene all’umanità, e per essa ad Achille.
La guerra non era ancora finita, quando Achille invocò la madre e chiese: – sono dieci anni che combatto per Elena, vorrei almeno conoscerla -. Tetide sempre premurosa con il figlio, volò da Elena per invitarla alla tenda di Achille, lei con tratto regale accettò.
L’uno di fronte all’altra, meravigliati si guardarono, si scambiarono un dolce sorriso, si tennero per mano, si scambiarono un casto bacio. Poi ognuno memore dell’altro tornò al suo destino.
Ilio fu distrutta, non tutti gli eroi tornarono ai propri affetti, al tepore della propria casa; Ulisse nel suo peregrinare subendo la vendetta di Poseidone, su suggerimento di Circe scese nell’Ade (XI libro) per conoscere il suo destino; lì con le lacrime agli occhi rivide la madre, Agamennone che gli raccontò come fu assassinato, Aiace Telamonio torvo in viso ancora era rancoroso per le armi d’Achille vinte da Ulisse. Vide infine Achille, amaro, dolente, lui il migliore, lui che rappresentava la Vittoria, la Gloria, ora si trascinava triste nell’Ade e si lamentò con Ulisse: – Vorrei essere un contadino ma vivo, piuttosto che qui, il re dei morti -. Achille il più forte, il migliore tra i combattenti, di sangue divino, lui che rappresentava per l’Umanità i Valori più sacri: Il Coraggio, la Gloria, l’Amicizia, il rispetto per gli dei, ora giaceva dolorante nell’Ade, non era giusto! Così infine reclamarono gli dei, anche quelli che erano stati i suoi antagonisti: Apollo, Ares, Venere, Diana. Zeus ritenne giusto il reclamo e ricordò che in vita lo stimò come uomo e come figlio di Tetide da lui amata.
Anche Elena ebbe momenti tristi. Oreste figlio di Agamennone tentò di ucciderla incolpandola dei tanti morti della guerra, ma lo stesso Apollo la protesse e la trasportò sull’Olimpo tra il giubilo di tutti gli dei che la resero “divina” per la gioia di suo padre Zeus. Ma il Fato da tempo li voleva insieme, da quando si conobbero nella tenda.
Achille il più bello, il migliore, fu accolto nei Campi Elisi e lì lo raggiunse Elena dalle bianche braccia, la più bella. Ora finalmente l’Uno apparteneva all’Altra dal loro amore nacque Euforione.
Dott GianCarlo Signore