SOSPENSIONI FARMACEUTICHE: una review dal macro al micro
SOSPENSIONI FARMACEUTICHE: una review dal macro al micro

Le sospensioni farmaceutiche sono dei sistemi bifasici termodinamicamente instabili dove particelle in fase solida sono disperse in un mezzo disperdente liquido, nel quale sono insolubili. Questi sistemi seguono la classificazione di Ostwald, la cui schematizzazione permette di suddividere le varie tipologie di sistemi dispersi in relazione alle dimensioni delle particelle che compongono la fase interna, sono infatti queste dimensioni a permetterci di differenziare una dispersione molecolare (soluzione) dove le particelle hanno dimensioni paragonabili a quelle della fase esterna dalle dispersioni grossolane, dove solvente e soluto hanno dimensioni sensibilmente differenti. Le sospensioni vengono inquadrate come sistemi dispersi grossolani, dove le dimensioni della fase dispersa (o interna) sono abbondantemente superiori rispetto a quelle della fase disperdente (o esterna); per questo motivo questo tipo di sistemi sarà definito sempre termodinamicamente instabile, poiché la tendenza delle particelle, in virtù della loro dimensione, sarà comunque quella di sedimentare a fondo del contenitore. Questa tendenza viene confermata dalla Legge di Stokes, la quale misura la velocità di sedimentazione particellare tenendo conto di una serie di parametri:
-d^2 = diametro quadrato delle particelle di fase dispersa
-(rho – rho0) = differenza di densità tra fase dispersa e fase disperdente
-g = costante di attrazione gravitazionale
-18 eta0 = viscosità del mezzo disperdente

Noto che la densità della fase dispersa sarà sempre e comunque maggiore di quella della fase disperdente, il vettore velocità sarà diretto verso il basso e quindi la particella solida tenderà a sedimentare. Nelle sospensioni farmaceutiche la sedimentazione quindi non è un fenomeno da evitare, bensì da CONTROLLARE.
I motivi per cui si decide di somministrare un farmaco sotto forma di sospensione possono essere molteplici:
-prevenire meccanismi di degradazione del principio attivo (idrolisi, ossidazione, igroscopicità, etc.)
-somministrare farmaci poco palatabili (il farmaco è insolubile nel mezzo disperdente, la quota solubilizzata è troppo bassa per essere percepita a livello orale)
-migliorare la compliance di pazienti pediatrici
-possibilità di somministrare forme ritardo per via parenterale (nei casi in cui si voglia scongiurare un assorbimento troppo elevato e diretto del p.a. nelle fasi immediatamente successive alla somministrazione).

La questione fondamentale, dal punto di vista tecnologico, è la stabilizzazione della sospensione. Non bisogna mai perdere di vista la tendenza delle particelle in sospensione, che è appunto quella di sedimentare, quindi diventa necessario proteggere la fase esterna con una serie di componenti, meglio definiti come “AGENTI SOSPENDENTI”:
-COLLOIDE PROTETTORE (e liofilo): ovvero una sostanza affine alla fase esterna, che abbia dimensioni opportune (tali da non dare di per se un’altra sospensione), che si adsorba sulla fase dispersa e che soprattutto riesca a creare un film di fase disperdente sulla superficie, in modo tale da scongiurare fenomeni di instabilità, come il caking, di cui discorreremo in seguito.
Classici colloidi liofili in fasi disperdenti acquose sono alcune macromolecole saccaridiche (carbossimetilcellulosa, idrossipropilmetilcellulosa) o le gomme (gomma xantano, gomma adragante, gomma guar, alginati) e le gelatine. Questi colloidi vengono spesso adoperati con la duplice funzione anche di modificatori reologici, poiché intervengono aumentando la viscosità della fase interna, nel caso in cui ciò venga richiesto per la salvaguardia della stabilità termodinamica e tecnologica della sospensione. Per le sospensioni in cui la fase disperdente invece ha caratteristiche oleose (quindi prevalentemente lipofile) si utilizzano come colloidi protettori della fase dispersa cere (esteri di acidi grassi con nC > 12 con alcoli grassi a lunga catena), alcoli superiori o oli viscosi (minerali).
-TENSIOATTIVI: agenti attivi in superficie, capaci di interporsi nel film molecolare che separa le particelle di fase esterna dalla fase interna, riducendo la tensione interfacciale ed il deltaG del sistema, col risultato quindi di stabilizzare termodinamicamente la sospensione. Ovviamente i tensioattivi dovranno essere opportunamente scelti tenendo conto sia della via di somministrazione (per es. tensioattivi ionici non potranno essere adoperati per sospensioni per via parenterale), sia in virtù della fase disperdente. Va inoltre ricordato che, per via parenterale, vengono scelte prevalentemente sospensioni con fase esterna acquosa e la dimensione delle particelle va mantenuta all’interno di range dimensionali definiti, proprio per scongiurare eventuali occlusioni vasali. La condizione di sicurezza viene garantita dall’utilizzo di tensioattivi non ionici o di derivazione naturale, altamente biocompatibili e in concentrazioni minime opportune, come nel caso dei poloxamer (o block copolymer) o delle lecitine.
-VISCOSIZZANTI: la viscosità è un parametro che compare all’interno della Legge di Stokes, che, come abbiamo discusso, regola la velocità della sedimentazione delle particelle all’interno di un mezzo fluido e quindi, indirettamente, serve per modulare la stabilità delle sospensioni. Essendo al denominatore della relazione matematica (e moltiplicata per un fattore 18), un piccolo aumento della viscosità porta ad una grossa riduzione della velocità di sedimentazione delle particelle; ciò vuol dire che basterà fare un blando lavoro meccanico (agitazione) per portare in sospensione quelle particelle che, durante il periodo di stock o di riposo della forma di dosaggio, sono tornate in fondo al contenitore.

La stabilità delle sospensioni farmaceutiche non è altro che il risultato di interazioni attrattive e repulsive tra le particelle di fase dispersa che si trovano appunto disperse all’interno della fase esterna. Proprio in virtù della tendenza a sedimentare di queste particelle, condizione che si verifica a causa della estrema differenza tra densità e dimensione tra le due fasi, questo evento fisico è inevitabile, ma ciò che si può e che si deve evitare è il caking, ovvero il risultato di una marcata interazione tra le particelle insolubili depositate a fondo che, per la loro tendenza ad interagire l’una con l’altra (si parla d’interazioni solido-solido, che già di per sé hanno un parametro d’interazione molto più elevato rispetto ad interazioni tra globuletti di fase liquida) espellono il film di fase disperdente che garantisce la ridispersibilità delle stesse in sospensione, creando un sedimento compatto al fondo del contenitore. Il fenomeno del caking è quindi un fenomeno di forte instabilità quando si parla di sospensioni farmaceutiche, perché non permette il prelievo di una quota standard e riproducibile di farmaco, dal momento che parte viene perso come sedimento non sospendibile. Importante quindi è la scelta ed il ruolo giocato dagli agenti sospendenti, quali colloidi protettori, tensioattivi e tutti gli altri eccipienti utilizzati al fine di preservare qualsiasi fenomeno di instabilità, come il caking stesso. A questo proposito è utile ribadire che, in sede di sintesi tecnologica, la sospensione va preparata FLOCCULATA, cioè il Potenziale Z, ovvero la differenza di potenziale esistente tra il piano di scorrimento (ovvero il limite che separa lo strato fisso e lo strato diffuso) e l’elettroneutralità, deve essere ne troppo elevato, ne troppo basso, ma minimo in valore assoluto. Le regioni spaziali precedentemente enunciate non sono altro che delle porzioni di piano microscopico immediatamente successive alla particella di fase solida dispersa, noto che, per le proprietà dei sistemi dispersi, le particelle hanno proprietà elettriche e quindi, modulando queste proprietà elettriche, si riesce anche a modificare in positivo la stabilità della sospensione, intervenendo sulla risultante tra le forze attrattive e repulsive esistenti all’interno del sistema.
Questo, in parole povere vuol dire che, a differenza delle emulsioni, le quali sono anche dei sistemi bifasici termodinamicamente instabili, costituite però da particelle in fase liquida, dove il potenziale Z dev’essere abbastanza elevato tale da aumentare la repulsione tra i globuletti di fase interna, nelle sospensioni, tenendo conto che, proprio per la loro natura di andare a sedimentare, è impensabile pensare che queste particelle disperse non possano andare ad interagire, visto che la loro natura le porterà appunto a precipitare verso il fondo, quindi l’interazione può anche esserci, ma dev’essere minima e soprattutto, il sottile film di fase disperdente adeso sulla particella grazie alla presenza degli agenti sospendenti, non deve mai essere alterato, pena la formazione del cake. A questo scopo, vengono fatte numerose prove, scegliendo una serie di miscele di elettroliti, a concentrazioni variabili, per poter identificare infine il sale che garantisce un Potenziale Z opportuno, ne troppo alto, poiché produrrebbe un’eccessiva repulsione particellare, ma neanche troppo basso, tale da non riuscire a scongiurare la formazione del cake indesiderato. L’unico parametro che deve mantenersi elevato in una sospensione farmaceutica è il grado di flocculazione, ovvero la differenza tra l’altezza del sedimento flocculato e quello deflocculato (beta = hf / hd), poiché chiaramente, una particella solida flocculata, per la presenza del film di fase disperdente, avrà un volume maggiore rispetto ad una deflocculata (e quindi tecnologicamente instabile), grazie al film di fase disperdente che la ricopre e la protegge.
In defintiva, è opportuno inoltre ricordare alcune cause comuni di instabilità delle sospensioni farmaceutiche:
1)Flottazione: potrebbe accadere che, durante la ricomposizione della sospensione, la polvere, il granulato o il liofilizzato, risultino essere poco bagnabili e quindi “galleggino” in superficie, lasciandosi lambire parzialmente dalla fase disperdente. Questo fenomeno, che è una causa di instabilità, chiaramente non permette la formazione della sospensione, ed è dovuto al fatto che esiste un’eccessiva repulsione tra le particelle in fase solida ed il mezzo disperdente appunto. La bagnabilità delle particelle è minima, quindi la tensione interfacciale esistente tra la fase solida e quella liquida è elevata; inoltre, le particelle galleggiano poiché, essendo poco bagnabili, l’acqua non riesce a scalzare l’aria che “mantiene” in superficie le particelle di fase dispersa. A questo scopo si deve riformulare la sospensione, utilizzando un opportuno agente bagnante, che non è altro che un tensioattivo, scelto con un HLB (hydrophilic-lipophilic balance) opportuno (di solito si scelgono TA con un HLB compreso tra 7 e 9 nella Scala di Griffin). Avendo aumentato la bagnabilità, si riduce la tensione interfacciale solido-liquido e si permette alla fase solida di disperdersi all’interno del mezzo disperdente, come viene naturalmente richiesto, basterà quindi semplicemente “agitare bene prima dell’uso”.
2)Accrescimento in dimensioni della fase dispersa: questo potrebbe accadere per una drastica riduzione della temperatura, che porta ad un possibile aumento di interazioni particella solida-particella solida e possibile formazione di cake sul fondo. Per questo è importante informarsi sui metodi di conservazioni delle sospensioni, dal momento che non tutte vanno necessariamente mantenute a T comprese tra 2°-8°C, proprio in virtù della natura dei componenti della formulazione e della loro stabilità a temperatura ambiente, anche a sospensione ricomposta.
3)Alterazioni di tipo chimico: sporadiche, quasi irriproducibili. La quota di farmaco che va in soluzione è altamente modesta, sennò non si formerebbe alcuna sospensione. Le reazioni chimiche hanno luogo, la maggior parte, in soluzione e quella quota che ne prende parte è la frazione di farmaco che in fase molecolare si trova dispersa e che quindi può dar luogo a fenomeni collaterali ed indesiderati come idrolisi, ossidazioni, alterazioni di tipo fotochimico etc. Le sospensioni farmaceutiche seguono inoltre una cinetica di reazione di pseudo-ordine 1°.

È giusto lasciarsi quindi con uno schema riassuntivo, che permette di fare chiarezza sulla funzione ed il valore di ogni singolo componente della formulazione, il quale non viene mai messo a caso, bensì ha un suo ruolo ed una sua importanza, al fine di mantenere la sospensione stabile termodinamicamente e tecnologicamente, per il tempo d’utilizzo necessario al paziente:
-Fase dispersa: p.a. + eccipienti
-Fase disperdente: solvente (acqua o solvente oleoso)
-Colloide protettore: macromolecole saccaridiche, gomme, gelatine, cere, alcoli superiori, oli viscosi
-Tensioattivi ed agenti bagnanti
-Addensanti e modificatori reologici (se richiesti): glicerolo, sorbitolo, polioli (fasi esterne idrofile), paraffine (fasi esterne lipofile)
-Antiossidanti: Tocoferoli, Acido Ascorbico, Sodio Solfito o Metabisolfito (fasi esterne idrofile), Ascorbil-Palmitato, BHT-BHA (fasi esterne lipofile)
-Antimicrobici (se richiesti)
-Elettroliti (se richiesti): per correggere il potenziale Z o per isotonizzare (se si utilizzano per via parenterale)
-Enhancers di assorbimento (se richiesti)
-Edulcoranti (sospensioni per uso orale)
-Crioprotettori: per polveri liofilizzate (PVP, Lattosio, Glicina, etc.)
-Coloranti (se richiesti)

Dott Pietro Amico