Ippocrate sosteneva che “gli alimenti influenzano l’organismo”; Epicuro affermava
che “l’uomo è ciò che mangia” e che “gli animali si nutrono, l’uomo mangia e solo
l’uomo intelligente sa mangiare”.
Questo articolo nasce dalla constatazione che, oggigiorno, gli errori alimentari sono
infiniti: viviamo in una società che ci propone ed impone modelli estetici perfetti ed
in cui è più importante apparire che essere. In virtù di quell’apparire, in virtù della
farsesca prova costume nascono diete di tutti i tipi, che nulla hanno a che fare con i
principi biochimici dell’alimentazione.
La dieta viene, spesso, intesa come “perdere chili” e non come uno stile di vita,
concetto che, invece, si manifesta nella stessa etimologia della parola: dal greco
“daiita”, ovvero modo di vivere.
Non la straordinaria perdita di kg, ma l’equilibrio che consente di vivere secondo la
massima “Mens sana in corpore sano”.
Luigi Rossi, noto docente universitario ed esperto di alimentazione ci insegna che il
termine caloria è improprio, quando si vuole dimagrire in salute. Egli sostiene che
non siano le cosiddette calorie, ma le molecole contenute nei cibi a dialogare con il
nostro DNA. Con le sue teorie, il Professor Rossi sta sconvolgendo l’impostazione
delle diete in termini generici di calorie, poiché queste ultime tengono conto soltanto
della quantità degli alimenti da comprendere in una dieta e non dell’interazione
molecole del cibo-habitus genetico dell’individuo.
Il progetto “Genoma Umano” ha allargato molto il nostro sapere sul DNA.
Le conoscenze approfondite, anche se non ancora definitive, sul genoma umano
hanno consentito la nascita di un nuovo settore della medicina, definito Medicina
Predittiva che, in senso lato, basandosi sulla costituzione genetica di un individuo,
può “predire” il rischio di quest’ultimo di sviluppare, durante la sua vita, una certa
patologia. Infatti, oggigiorno, la individuazione di alcuni geni può predire carcinomi
come quello della prostata o della mammella. Per buona parte dei tumori è stata
stabilita una correlazione gene-tumore.
Con la NUTRIGENETICA, il concetto di medicina personalizzata viene esteso
all’area della nutrizione. E’, ormai, consolidato che ogni individuo reagisce
diversamente al cibo. Perché lo stesso alimento in alcuni provoca intolleranze ed in
altri no? Perché, pur mangiando gli stessi alimenti nelle stesse quantità, taluni
ingrassano ed altri no? Gli studi di nutrigenetica proprio per rispondere a queste
domande, si propongono come obiettivo, o meglio come sfida (considerando che
hanno avuto origine negli anni ’70 del secolo scorso) quello di capire se la variabilità
individuale agli alimenti abbia una base genetica, cioè se sia il patrimonio genetico a
determinare la nostra risposta al cibo.
La NUTRIGENOMICA, complementare alla nutrigenetica, cerca di capire se gli
alimenti possano influenzare, addirittura, l’espressione genica.
Molti studi confermano il rapporto, diretto o indiretto, tra DNA ed alimenti: ad
esempio, una ricerca condotta negli USA su 141 donne in sovrappeso, alle quali si
assegnò una dieta attinente al proprio genotipo, individuata tramite “Weight
management genetic test” ha consentito di individuare le mutazioni di 3 geni
coinvolti nel metabolismo e nell’assunzione di grassi e zuccheri. Identificando le 3
varianti genetiche, è possibile dimagrire, riducendo l’assunzione di carboidrati, di
lipidi o di entrambi gli alimenti. Al termine dell’esperimento, durato un anno, è
emerso che le signore che avevano seguito il regime alimentare compatibile con il
proprio genotipo avevano perso il doppio o il triplo del loro peso iniziale, rispetto alle
altre che, invece, avevano seguito un regime alimentare soltanto ipocalorico e non
modellato sul proprio genotipo. Di qui, la conseguenza che le informazioni genetiche
per le diete potrebbero contribuire a risolvere il problema dell’obesità nella nostra
società, prevenendo patologie cardiache, diabete e diverse forme di tumori, con
positiva ricaduta sui costi di vite umane innanzitutto, ma anche di costi sociali che tali
malattie determinano.
I geni non si comportano in maniera immutabile nel tempo, ma si comportano bene o
male a seconda dei segnali che vengono inviati loro con il nostro stile di vita e con
l’alimentazione. I segnali di cui parliamo sono le molecole, che possono accendere o
spegnere i geni. E’ importante sottolineare che queste modifiche genetiche non sono
permanenti, ma, modificando il nostro modo di alimentarci, i geni modificati possono
riprendere il loro comportamento originario, così possiamo riattivare geni dormienti o
malfunzionanti, ricevuti dai nostri ascendenti, ma possiamo anche trasmettere ottimi
geni alla progenie successiva.
Quali sono le molecole che, interagendo con i nostri geni, li educano e li controllano?
Vitamine, minerali ed altri nutrienti che assumiamo dal cibo. Anche altri fattori
esterni, come lo stress, l’inquinamento, l’attività fisica influenzano il benessere e la
funzionalità dei nostri geni. L’obiettivo della nutrigenetica è lo sviluppo, partendo
dalle differenze fenotipiche individuali, di una nutrizione personalizzata, allo scopo
di ottenere una vera e propria terapia alimentare, per prevenire l’insorgenza di
malattie legate all’alimentazione.
Metaforicamente, la dietetica tradizionale, cui vanno riconosciuti comunque grandi
meriti, tiene conto soprattutto della quantità di benzina e non della macchina che li
assume, il cui motore, il DNA, varia da individuo ad individuo. La nutrigenomica ha
scoperto l’inadeguatezza dell’impostazione dietetica tradizionale, contestandole di
non aver mai considerato il vincolo biunivoco, ormai scientificamente provato,
esistente tra alimentazione e regolazione interattiva dell’espressione genica umana.
Con riferimento alla metafora precedente, si può affermare che la dietetica
tradizionale consiglia, soltanto, di ridurre la benzina; la nutrigenomica, invece, va alla
ricerca della benzina specifica per ogni singolo individuo: può essere definita lascienza dell’alimentazione personalizzata.
Dott Filippo d’Alfonso