Il morbo di Altzheimer e nuove scoperte
Il morbo di Altzheimer e nuove scoperte

Il morbo di altzheimer vecche e nuove scoperte
Dott. PierGiulio Rossini
Il morbo di Alzheimer è un disturbo del cervello che peggiora nel tempo. È caratterizzato da
cambiamenti nel cervello che portano a depositi di alcune proteine. La malattia di Alzheimer fa
sì che il cervello si riduca e le cellule cerebrali alla fine muolino. L’Alzheimer è la causa più
comune di demenza – un graduale declino della memoria, del pensiero, del comportamento e
delle abilità sociali. Questi cambiamenti influenzano la capacità di una persona di funzionare.
Circa 6,5 milioni di persone negli Stati Uniti di età pari o superiore a 65 anni vivono con il morbo
di Alzheimer. Tra questi, più del 70% ha 75 anni e più. Dei circa 55 milioni di persone in tutto il
mondo con demenza, si stima che il 60% al 70% abbia il morbo di Alzheimer.
I primi segni della malattia includono dimenticare gli eventi o le conversazioni recenti. Nel corso
del tempo, progredisce a gravi problemi di memoria e perdita della capacità di svolgere le attività
quotidiane.
I farmaci possono migliorare o rallentare la progressione dei sintomi. I programmi e i servizi
possono aiutare a sostenere le persone con la malattia e i loro caregiver.
Non esiste un trattamento che cura l’Alzheimer. Negli stadi avanzati, la grave perdita di funzione
cerebrale può causare disidratazione, malnutrizione o infezione. Queste complicazioni possono
provocare la morte.
I sintomi
La perdita di memoria è il sintomo chiave della malattia di Alzheimer. I primi segni includono
difficoltà a ricordare eventi o conversazioni recenti. Ma la memoria peggiora e altri sintomi si
sviluppano con il progredire della malattia.
All’inizio, qualcuno con la malattia può essere consapevole di avere difficoltà a ricordare le cose
e pensare chiaramente. Quando i sintomi peggiorano, un membro della famiglia o un amico
potrebbe essere più propenso a notare i problemi.
I cambiamenti cerebrali associati alla malattia di Alzheimer portano a problemi crescenti con:
Tutti hanno vuoti di memoria a volte, ma la perdita di memoria associata al morbo di Alzheimer
persiste e peggiora. Nel corso del tempo, la perdita di memoria influisce sulla capacità di
funzionare al lavoro o a casa.
Le persone con malattia di Alzheimer possono:
• Ripetere le dichiarazioni e le domande più e più volte.
• Dimentica conversazioni, appuntamenti o eventi.
• Cercare smarrimento, spesso mettendoli in luoghi che non hanno senso.
• Perdersi in luoghi che conoscevano bene.
• Dimenticate i nomi dei familiari e degli oggetti di uso quotidiano.
• Avere difficoltà a trovare le parole giuste per gli oggetti, esprimere pensieri o prendere
parte a conversazioni.
Il pensiero e il ragionamento
La malattia di Alzheimer causa difficoltà a concentrarsi e pensare, in particolare su concetti
astratti come i numeri.
Fare più di un compito in una volta è particolarmente difficile. Potrebbe essere difficile gestire le
finanze, bilanciare i libretto degli assegni e pagare le bollette in tempo. Alla fine, una persona
con malattia di Alzheimer potrebbe non essere in grado di riconoscere e trattare i numeri.
Decisioni e sentenze
La malattia di Alzheimer provoca un declino nella capacità di prendere decisioni e giudizi sensati
nelle situazioni quotidiane. Ad esempio, una persona può fare scelte sbagliate in contesti sociali
o indossare vestiti per il tipo sbagliato di tempo. Potrebbe diventare più difficile per qualcuno
rispondere ai problemi quotidiani. Ad esempio, la persona potrebbe non sapere come gestire il
cibo che brucia sulla stufa o le decisioni durante la guida.
Pianificare ed eseguire compiti familiari
Le attività di routine che richiedono il completamento dei passaggi nell’ordine diventano una
lotta. Questo può includere la pianificazione e la cottura di un pasto o giocare a un gioco preferito.
Alla fine, le persone con malattia di Alzheimer avanzata dimenticano come svolgere compiti di
base come vestirsi e fare il bagno.
Cambiamenti di personalità e di comportamento
I cambiamenti cerebrali che si verificano nella malattia di Alzheimer possono influenzare l’umore
e i comportamenti. I problemi possono includere i seguenti:
• La depressione.
• Perdita di interesse nelle attività.
• Il ritiro sociale.
• – Oscillazioni di umore.
• Diffidare negli altri.
• Rabbia o aggressività.
• Cambiamenti nelle abitudini di sonno.
• Vagando in un colpo.
• La perdita di inibizioni.
• I deliri, come credere che qualcosa sia stato rubato.
Le competenze conservate
Nonostante i principali cambiamenti nella memoria e nelle abilità, le persone con malattia di
Alzheimer sono in grado di aggrapparsi ad alcune abilità anche quando i sintomi peggiorano. Le
abilità conservate possono includere la lettura o l’ascolto di libri, raccontare storie, condividere
ricordi, cantare, ascoltare musica, ballare, disegnare o fare artigianato.
Queste abilità possono essere conservate più a lungo perché sono controllate da parti del cervello
colpite più tardi nel corso della malattia.1
TERAPIE:
Qual è la terapia standard per il trattamento della Malattia di Alzheimer?
Si sa che nei pazienti affetti da malattia di Alzheimer la presenza del neurotrasmettitore
acetilcolina è fortemente ridotta a livello delle sinapsi del SNC. Per potenziare l’azione
dell’acetilcolina vengono usati degli inibitori dell’enzima acetilcolinesterasi la cui funzione è
quella di degradare questo neurotrasmettitore alla fine della sua funzione. In questo modo si
ripristinano livelli adeguati di acetilcolina che può funzionare più a lungo. Farmaci in grado di
inibire l’acetilcolinesterasi sono donepezil, rivastigmina e galantamina e rappresentano
la terapia di prima linea per il trattamento della malattia di Alzheimer da media a
moderata. Molteplici studi hanno evidenziato una simile efficacia di questi farmaci e gli effetti
indesiderati più comuni sono nausea, vomito, diarrea, disturbi cardiovascolari e
neurologici.
Gli effetti avversi sono direttamente correlati con la dose e la via di somministrazione; per
esempio, la rivastigmina somministrata mediante cerotto transdermico è meglio tollerata
rispetto alla sua somministrazione per via orale.
Altri farmaci invece inibiscono l’azione del neurotrasmettitore glutammato
Nella malattia di Alzheimer, si è osservata anche una persistente attivazione di un
recettore chiamato NMDA attivato dal neurotrasmettitore glutammato. Quando il
glutammato interagisce con NMDA si apre un canale che permette il momentaneo flusso di ioni
calcio in entrata nel neurone. Se però l’ingresso di ioni calcio nella cellula è continuo, si verifica
una persistente eccitazione che porta a tossicità neuronale (nota con il termine
di eccitotossicità) e morte cellulare.
La memantina è un antagonista non competitivo del recettore NMDA per il glutammato.
La memantina agisce inserendosi nel canale, bloccando il recettore in fase di riposo ed evitando
la stimolazione persistente e la conseguente eccitotossicità. Tuttavia, in caso di arrivo di
un impulso fisiologico, le alte concentrazioni di glutammato superano il blocco da memantina
e la trasmissione fisiologica non viene compromessa. Il trattamento farmacologico con
memantina è associato alla riduzione dello stress ossidativo oltre che al miglioramento
dell’apprendimento, della memoria e della funzione sinaptica.
Questo farmaco è indicato per il trattamento di prima linea della malattia di Alzheimer da
moderata a severa. Nella maggior parte dei casi è un farmaco ben tollerato e viene utilizzato
anche in associazione con gli inibitori dell’acetilcolinesterasi, in modo da agire sui due fronti,
inibendo l’eccessiva attività del glutammato da un lato e stimolando quella dell’acetilcolina
dall’altro.
La novità tanto chiacchierata…ADUCANUMAB
Il 9 giugno 2021 l’FDA ha approvato un nuovo farmaco contro l’Alzheimer, l’anticorpo
monoclonale aducanumab. Questa approvazione arriva dopo un’attesa di vent’anni senza
alcun farmaco nuovo per questa patologia ed è sicuramente fonte di speranza per i milioni di
pazienti affetti da questa patologia e le loro famiglie.
L’FDA ha approvato aducanumab poiché sembra essere il primo farmaco in grado di rallentare
il declino cognitivodella malattia di Alzheimer se somministrato nelle fasi precoci della
patologia. La decisione è stata presa nonostante l’opposizione della commissione
indipendente di esperti dell’FDA e di altri esperti in materia di Alzheimer secondo i quali non
ci sono prove sufficienti che dimostrino che il farmaco possa davvero aiutare i pazienti.
Ciò ha portato a un’approvazione di tipo “condizionato” da parte dell’FDA, cioè il farmaco è
stato momentaneamente approvato ma FDA ha richiesto all’azienda produttrice di condurre
una nuova sperimentazione clinica per acquisire nuovi dati a sostegno dell’attività di questo
farmaco alla luce dei quali confermerà o meno l’approvazione.
Il meccanismo di azione di aducanumab sembra essere collegato alla sua capacità di
attaccare e distruggere laproteina beta-amiloide (Aβ) che si accumula a livello
cerebrale nei pazienti affetti da malattia di Alzheimer. La rimozione degli aggregati proteici
potrebbe ridurre anche i danni cerebrali ad essi associati.
Trattandosi di un anticorpo monoclonale la terapia consiste in una somministrazione per via
parenterale, in questo caso per via endovenosa, una volta al mese.
Ancora tanta ricerca è necessaria.
Attualmente ci sono circa 126 composti in fase di studio per la malattia di Alzheimer in trial
clinici, dei quali 28 si trovano nella fase più avanzata, la fase3 . La maggior parte di questi
composti interferisce con processi patologiciritenuti peculiari della malattia di Alzheimer.
Nonostante il processo di sviluppo di farmaci e la loro immissione in commercio sia molto
lungo e costoso e richieda l’arruolamento corretto di pazienti, l’utilizzo di biomarcatori
ed investimenti pubblici e privati, la sfida per contrastare questa malattia così invalidante
continua ad essere affrontata con il massimo impegno e fiducia per trovare farmaci nuovi ed
efficaci.
LA MEMANTINA
Che cos’è e per che cosa si usa Memantine Mylan?
Memantine Mylan è un medicinale usato per trattare pazienti affetti da malattia di Alzheimer in
forma da moderata a grave. La malattia di Alzheimer è un tipo di demenza (un disturbo mentale)
che colpisce gradualmente memoria, capacità intellettiva e comportamento. Contiene il principio
attivo memantina.
Memantine Mylan è un “medicinale generico”. Questo significa che Memantine Mylan è analogo
a un “farmaco di riferimento”, già autorizzato nell’Unione europea (UE), denominato Ebixa. Per
maggiori informazioni sui medicinali generici, consultare le domande e le risposte cliccando qui.
Come si usa Memantine Mylan?
Memantine Mylan è disponibile sotto forma di compresse da 10 mg e da 20 mg e può essere
ottenuto soltanto con prescrizione medica.
La terapia deve essere avviata e controllata da un medico esperto nella diagnosi e nel
trattamento della malattia di Alzheimer. La terapia deve essere iniziata soltanto se è possibile
affidarsi all’assistenza di una persona che controlli regolarmente l’assunzione di Memantine
Mylan da parte del paziente.
Memantine Mylan deve essere somministrato una volta al giorno, sempre alla stessa ora. Per
ridurre il rischio di effetti indesiderati, la dose di Memantine Mylan viene gradualmente
aumentata nell’arco delle prime tre settimane di trattamento: la dose è di 5 mg per la prima
settimana, 10 mg per la seconda settimana e 15 mg per la terza settimana. A partire dalla quarta
settimana, la dose di mantenimento consigliata è di 20 mg una volta al giorno. La tolleranza e
la dose devono essere valutate a tre mesi di distanza dall’inizio del trattamento. Da quel
momento in poi i benefici della continuazione della terapia con Memantine Mylan vanno
riesaminati regolarmente. In pazienti con problemi renali moderati o gravi può essere necessario
ridurre la dose.
Per ulteriori informazioni vedere il foglio illustrativo.
Come agisce Memantine Mylan?
Il principio attivo in Memantine Mylan, memantina, è un farmaco antidemenza. La causa della
malattia di Alzheimer non è nota, tuttavia si ritiene che la perdita di memoria ad esso associato
sia dovuta a un disturbo nella trasmissione dei segnali all’interno del cervello.
La memantina agisce bloccando particolari tipi di recettore, detti recettori NMDA, ai quali
normalmente si lega il glutammato, un neurotrasmettitore. I neurotrasmettitori sono sostanze
chimiche presenti nel sistema nervoso che consentono alle cellule nervose di comunicare tra di
loro. Le alterazioni nel modo in cui il glutammato trasmette i segnali all’interno del cervello sono
state poste in relazione con la perdita di memoria osservata nella malattia di Alzheimer. Inoltre,
una sovrastimolazione dei recettori NMDA può causare danni o morte delle cellule. Bloccando i
recettori NMDA, la memantina migliora la trasmissione dei segnali nel cervello e riduce i sintomi
della malattia di Alzheimer.
Quali studi sono stati effettuati su Memantine Mylan?
Poiché Memantine Mylan è un medicinale generico, gli studi sui pazienti sono stati limitati a
prove intese a determinare la sua bioequivalenza rispetto al medicinale di riferimento, Ebixa.
Due medicinali sono bioequivalenti quando producono gli stessi livelli di principio attivo
nell’organismo.
Quali sono i benefici e i rischi di Memantine Mylan?
Poiché Memantine Mylan è un medicinale generico ed è bioequivalente al medicinale di
riferimento, i suoi benefici e rischi sono considerati uguali a quelli del medicinale di riferimento.
Perché Memantine Mylan è approvato?
Il comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’Agenzia ha concluso che, conformemente
ai requisiti dell’UE, Memantine Mylan ha mostrato di possedere qualità comparabili e di essere
bioequivalente a Ebixa. Pertanto, il CHMP ha ritenuto che, come nel caso di Ebixa, i benefici
siano superiori ai rischi individuati e ha raccomandato di approvare l’uso di Memantine Mylan
nell’UE.
Quali sono le misure prese per garantire l’uso sicuro ed efficace di Memantine Mylan?
Al riassunto delle caratteristiche del prodotto e al foglio illustrativo di Memantine Mylan sono
state aggiunte le informazioni relative alla sicurezza, ivi comprese le opportune precauzioni che
gli operatori sanitari e i pazienti devono prendere.
Che cos’è la Memantina?
Si tratta di un antagonista del recettore NMDA, una molecola che nelle sinapsi si lega con
l’acido glutammico. Quest’ultimo è un aminoacido del sistema nervoso che svolge anche la
funzione di neurotrasmettitore.
La Memantina riduce l’attività cerebrale anomala e può aiutare a ottimizzare le capacità
mnemoniche e quelle di ragionamento o frenarne la perdita di memoria in chi è colpito
da Alzheimer. Non si tratta però né di una cura né di un medicinale per la prevenzione di questa
malattia neurodegenerativa.
A cosa serve la Memantina?
La Memantina si usa per curare i sintomi dell’Alzheimer.
Come si prende la Memantina?
Di solito la Memantina si somministra una volta al dì per via orale, in forma di soluzioni, di
pastiglie o di capsule a rilascio prolungato (da prendere sempre e solo intere).
È possibile che il medico consigli una dose iniziale bassa per poi eventualmente incrementarla
poco alla volta.
Effetti collaterali della Memantina
Tra gli eventuali effetti collaterali della Memantina troviamo anche:
• capogiri
• confusione
• aggressività
• depressione
• dolore alla testa
• sonnolenza
• diarrea
• costipazione
• nausea
• vomito
• incremento di peso
• dolori al corpo, principalmente alla schiena
• tosse
È meglio avvertire immediatamente il medico in presenza di:
• fiato corto
• allucinazioni visive o sonore
Controindicazioni e avvertenze della Memantina
Prima di prendere Memantina bisogna avvertire il dottore:
• di allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti o a ogni altro medicinale;
• di farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, menzionando nello specifico
Acetazolamide, Metazolamide, Amantadina, Destrometorfano, Citrato di potassio, Acido
Citrico o bicarbonato di sodio;
• se si soffre (o si è sofferto) di infezioni delle vie urinarie, convulsioni, problemi nella
minzione, patologie renali o malattie epatiche;
• in presenza di gravidanza o allattamento.
Bisogna anche sempre avvertire chirurghi e dentisti di una terapia con Memantina in corso.
Associazione tra inibitori della pompa protonica e rischio di sviluppare demenza
Recentemente, è emersa un’associazione tra un’ampia classe di farmaci utilizzata per il reflusso
gastroesofageo e il rischio di sviluppare demenza. Tale associazione ha trovato un’ulteriore
conferma nel Febbraio di quest’anno. I ricercatori del German Center for Neurodegenerative
Diseases, guidati da Britta Haenisch hanno, infatti, evidenziato un aumento del rischio di
sviluppare demenza in persone che regolarmente assumono inibitori della pompa protonica
(PPIs). Nel loro precedente lavoro, analizzando i dati dallo studio AgeCoDe, uno studio
longitudinale e multicentro che ha coinvolto più di 3000 persone anziane nel contesto delle cure
primarie, gli studiosi avevano evidenziato un aumento del 38% del rischio di sviluppare demenza
in persone che assumevano PPIs (Haenisch et al., 2014). Per espandere i loro risultati, nel loro
lavoro pubblicato quest’anno su JAMA Neurology, i ricercatori hanno esaminato un enorme
database dell’Allgemeine Ortskrankenkassen, un’assicurazione medica che copre un terzo della
popolazione tedesca. I ricercatori hanno tracciato anziani con età maggiore di 75 anni e
cognitivamente integri alla baseline, dal 2004 al 2011. Delle 73.679 persone che rispettavano
tali criteri, 2.950 assumevano regolarmente PPIs. Aggiustando per fattori quali età, genere,
depressione, diabete e ictus, è emerso che le persone con assunzione regolare di PPIs avevano
il 44% di probabilità di sviluppare diversi tipi di demenza, inclusa la demenza di Alzheimer e la
demenza vascolare. Dal database iniziale sono emerse 66.008 persone che assumevano PPIs
occasionalmente; il loro rischio aumentava del 16%.
Tra le possibili interpretazioni, Gomm, primo firmatario dell’articolo, e colleghi hanno evidenziato
una possibile deficienza di vitamina B12 derivata dall’utilizzo dei PPIs, la cui carenza è già stata
associata al declino cognitivo. Tuttavia gli stessi autori evidenziano come il loro studio fornisca
solamente un’associazione statistica tra PPIs e rischio di demenza. Sebbene questo lavoro
espanda i loro precedenti risultati su un campione molto più ampio, le possibili cause biologiche
di quest’associazione dovrebbero essere investigate nel prossimo futuro.
Bibliografia:
1)Westferry Circus ● Canary Wharf ● London E14 4HB ● United Kingdom
Telephone +44 (0)20 7418 8400 Facsimile +44 (0)20 7418 8416
E-mail info@ema.europa.eu Website www.ema.europa.eu An agency of the European Union
© European Medicines Agency, 20 13. Reproduction is authorised provided the source is
acknowledged.
Gomma W. et al. (2016)
2)Association of Proton Pump Inhibitors With Risk of Dementia. A
Pharmacoepidemiological Claims Data Analysis.
JAMA Neurol. 2016 Feb 15.
3)Genetic correlations between Alzheimer’s disease and gut microbiome genera
Cammann, D., Lu, Y., Cummings, M.J. et al.
Sci Rep 13, 5258 (2023).