Negli ultimi anni numerose osservazioni hanno suggerito che le diete chetogeniche a basso contenuto di carboidrati (very-low carbohydrate ketogenic diet, VLCKD) potrebbero avere un ruolo terapeutico in numerose malattie.
L’uso di queste diete nel trattamento dell’epilessia è noto dagli inizi del secolo scoro. Negli ultimi anni, è stato osservato un effetto terapeutico della chetogenesi anche in altre malattie: sovrappeso e obesità, patologie cardiovascolari, diabete mellito di tipo 2, iperinsulinemia, insulino-resistenza, sindrome dell’ovaio policistico.

Si tratta di un’importante osservazione, poiché, chiaramente, se l’intervento nutrizionale può ridurre la dipendenza dai trattamenti farmacologici, questo porterebbe significativi benefici sotto il profilo economico, e da un punto di vista sociale.
La dieta chetogenica (KD) è caratterizzata da una riduzione di carboidrati (di solito per meno di 50 g /die) e da un aumento in proporzione di proteine e di grassi.
Oltre all’enorme quantità di dati circa l’influenza sullo stato di salute di una corretta nutrizione e sulla prevenzione delle malattie (inserita in varie linee guida nutrizionali fornite dai comitati di salute pubblica in tutto il mondo), ci sono anche ampie prove che sostengono l’idea che una dieta a basso contenuto di carboidrati possa portare ad un miglioramento in alcune vie metaboliche.
Utilizzare il “cibo come medicina” è un concetto molto interessante e, nella speranza di realizzarlo, è stato dedicato molto lavoro ad esplorare gli effetti della VLCKD sul metabolismo umano.

La dieta chetogenica è caratterizzata da una riduzione drastica dei carboidrati. Questa condizione metabolica, conosciuta come chetosi (chetosi fisiologica, che permette la sopravvivenza nei periodi di carestia, da non confondersi con la chetoacidosi patologica del diabete scompensato), induce l’organismo ad utilizzare i grassi a scopo energetico.

Quando assumiamo carboidrati con l’alimentazione, il nostro corpo in parte li brucia per ottenere energia e in parte li immagazzina come glicogeno nel fegato e nei muscoli (tramite l’insulina). Il glucosio in eccesso viene trasformato in grasso corporeo. Quando serve, il glicogeno immagazzinato viene riconvertito in glucosio. In una dieta chetogenica, non assumendo glucosio o glicogeno con l’alimentazione, il nostro corpo ricaverà energia dalla degradazione degli acidi grassi alimentari e dal grasso di deposito.

 

Questa via metabolica secondaria che viene attivata, porta il nostro organismo a lavorare di più e aumenta quindi la quantità di calorie bruciate (effetto termogenetico), inoltre, stimola la secrezione di ormoni e la produzione di metaboliti che favoriscono lo smaltimento del grasso e sopprimono l’appetito.

C’è una netta distinzione tra dieta chetogenica e dieta iperproteica che non sono un sinonimo. In una dieta chetogenica è importante l’utilizzo di proteine vegetali a bassissimo contenuto di carboidrati per bypassare il problema preservando la funzionalità renale ed epatica mantenendo il corpo in chetosi. La dieta chetogenica non crea assolutamente problemi al fegato.

Per innescare il meccanismo della chetosi occorrono 2-3 giorni, ed è’ sufficiente una lieve trasgressione per bloccare il meccanismo. La dieta chetogenica ha regole ben precise che vanno rispettate e tra le sue caratteristiche fondamentali vanno annoverate l’assenza di fame e una grande energia sia fisica che mentale.
Consumando con costanza menù previsti dalla dieta chetogenica, si possono ottenere ottimi risultati, arrivando a diminuire di peso fino a quattro chili a settimana senza perdere la massa muscolare o quella magra, in quanto l’assunzione di proteine agevola la formazione muscolare e la tonicità.
Nei primi 2-3 giorni di un regime alimentare di chetosi si può andare incontro ad alcuni inconvenienti come l’alitosi, mal di testa, stitichezza, carenze vitaminiche. Per questa ragione chi si avvicina a questo tipo di dieta deve farlo per brevi periodi e sempre sotto lo stretto controllo di uno specialista.

Dott.ssa Francesca Spasaro