TIROIDITE: DEFINIZIONE-ORIGINE-RIMEDI-ALIMENTAZIONE
TIROIDITE: DEFINIZIONE-ORIGINE-RIMEDI-ALIMENTAZIONE

              CHE COS’E’ LA TIROIDITE?

                                  DEFINIZIONE – ORIGINE – RIMEDI

La TIROIDITE come suggerisce il suffisso ITE è un’ infiammazione della tiroide che si può manifestare come IPOTIROIDISMO o IPERTIROIDISMO

La ghiandola della tiroide è anatomicamente posizionata sulla parte anteriore e più bassa del collo ed è responsabile della produzione degli ormoni tiroidei ( T4 = tiroxina e T3 = triiodiotironina) che sono alla base della crescita e del metabolismo dell’organismo.

Recenti ricerche hanno dimostrato come il fegato e l’intestino giochino un ruolo determinante nell’induzione o blocco dell’attivazione di determinati enzimi responsabili della formazione degli ormoni tiroidei.

Partiamo dal fegato ed iniziamo con il riportare , secondo studi scientifici, che esso e la tiroide hanno molti punti in comune.

Il T3, difatti, non deriva dalla sintesi tiroidea, ma bensì dalla conversione del T4 ad opera di enzimi detti DEIODINASI , i quali sono per la maggior parte concentrati proprio nel fegato ed a secondo della loro forma possono attivare o disattivare gli ormoni tiroidei.

Gli epatociti, ovvero le cellule del fegato, hanno numerevoli ruoli quali la produzione di proteine, metabolismo dei nutrienti, regolazione del ferro, processi di detossificazione, conversione degli ormoni e sintesi della bile.

Nel fegato sono presenti anche altre cellule che sono coinvolte nell’attività di difesa immunitaria e nella regolazione delle risposte infiammatorie.

Fattori quali lo stress ossidativo portano ad un danneggiamento dei grassi cellulari e di conseguenza delle cellule epatiche, il che inficia negativamente sull’attività immunitaria e porta ad alterazione degli enzimi coinvolti nel metabolismo degli ormoni tiroidei, con una minore produzione di T3 .

La steatosi epatica, strettamente correlata alla sindrome metabolica, al diabete, alla dislipidemia e alle malattie coronariche, è un’altra condizione patologica che inficia negativamente sull’attività delle cellule epatiche.

Fegato e tiroide, attraverso uno scambio di segnali, lavorano insieme per mantenere i processi fisiologici nella normalità; ma se uno dei due organi è mal funzionante il disturbo dell’uno si ripercuote sull’altro.

Il fegato è uno dei bersagli più importanti degli ormoni tiroidei, i quali regolano il metabolismo degli acidi grassi, il dispendio energetico e l’azione dell’insulina.

In particolare gli ormoni tiroidei influenzano i livelli di acidi grassi e del colesterolo ( VLDL e LDL ) , oltre a promuovere la conversione delle molecole di colesterolo in acidi biliari.

In una condizione di IPOTIROIDISMO il fegato sembra essere particolarmente resistente all’azione degli ormoni tiroidei; nello specifico sarebbe responsabile di una insufficiente conversione dell’ormone T3, che può portare nel tempo a manifestazioni cliniche tiroidee.

Quando vi è un danno epatico si è visto , secondo studi scientifici, che il fegato va incontro ad una IPER ATTIVAZIONE di un’ enzima molto importante detto DEIODINASI 3, il quale inattiva sia l’ormone T3 che T4 e al contempo aumenta la conversione della forma reverse del T3 ovvero rT3.

Vi sono alcune evidenze scientifiche che mettono in relazione l’epatite da infezione virale ed ipotiroidismo con un aumento di auto-anticorpi tiroidei.

In caso di IPOTIROIDISMO si assiste generalmente ad un aumento dei livelli di trigliceridi e colesterolo LDL e HDL, predisponendo non solo ad un maggior rischio di obesità, malattie coronariche, diabete di tipo 2 ed alcune forme di tumori come il carcinoma papillifero.

Vediamo ora come l’intestino sia strettamente coinvolto nella buona funzionalità della tiroide.

Tiroidite e microbiota: le prime ipotesi sul funzionamento tiroideo in relazione all’intestino risalgono ai primi del ‘900, quando il ricercatore A. Lane si soffermò sugli effetti tiroidei a seguito dell’accumulo di tossine conseguente alla stipsi.

Da allora si è dimostrato che il funzionamento intestinale è fortemente associato a quello tiroideo.

In merito si osservò che l’azione degli ormoni tiroidei sull’intestino dipende dai loro effetti sulle cellule della mucosa intestinale.

Come nel fegato, anche nell’intestino si trovano gli enzimi DEIODINASI che inducono la produzione di T3.

E’ poco noto che fisiologicamente circa il 20% del T3 presente nel sangue origina proprio dall’intestino.

Altre molecole importanti, nell’ambito intestinale, sono gli acidi grassi a catena corta ( butirrato, proprionato, acetato ) che originano dalla fermentazione batterica della fibra vegetale e vengono utilizzati dalle cellule intestinali come fonte di energia, oltre a regolare il senso dell’appetito ed i livelli di glicemia.

In particolare, è stato osservato che questi acidi grassi a catena corta e l’ormone tiroideo T3 cooperano per mantenere l’epitelio intestinale ben sviluppato ed in sano equilibrio.

Il microbiota è tutto l’insieme dei microrganismi residenti, batteri, funghi, lieviti e virus , che popolano tutto il tratto digerente nella quantità di 800-1000 specie distribuite in maniera progressiva dallo stomaco al duodeno.

Esso influenza il sistema immunitario, il metabolismo, l’aspetto ormonale, quello neurologico e nutrizionale.

La composizione del MICROBIOTA è fortemente influenzata dagli eventi infantili  (parto – allattamento – svezzamento), dall’utilizzo dei farmaci (antibiotici, antinfiammatori, contraccettivi, inibitori di pompa) e dallo stile di vita, in primis dall’alimentazione.

Il MICROBIOTA è essenziale per uno sviluppo adeguato della ghiandola tiroidea; la condizione di eubiosi o disbiosi determina benefici o meno a livello del sistema immunitario ed ormonale.

Per di più, il microbiota interviene nel rifornire l’organismo di ormoni tiroidei anche quando questi sono stati oramai espulsi, tramite la bile, nell’intestino.

Questo particolare meccanismo si deve all’azione di vari enzimi batterici che modificano i derivati ormonali eliminati ripermettendone l’assorbimento.

L’intestino è dunque un sito importante per la produzione di ormoni tiroidei bio-attivi e la disbiosi può determinare un cattivo funzionamento intestino-fegato ed una minore produzione di ormoni tiroidei.

Alcune ricerche indicano che il microbiota è in grado di provocare direttamente la DEIODINAZIONE degli stessi ormoni tiroidei.

Oltre a fegato ed intestino vi è un’altra importantissima ghiandola, situata all’interno del cranio, detta IPOFISI che controlla i livelli di ormini T3 e T4 circolanti, secernendo un ormone chiamato ORMONE TIREOSTIMOLANTE  ( TSH).

In conclusione, affrontare i disturbi tiroidei non vuol dire occuparsi solo della ghiandola tiroidea, ma bensì prendersi cura di tutti quegli organi che concorrono al suo regolare funzionamento.

   VEDIAMO ORA COME L’ALIMENTAZIONE CONDIZIONA LE TIROIDITI   

Molto spesso il cattivo funzionamento della tiroide è da ricercare nei fattori nutrizionali o per meglio dire nella mancanza di nutrienti quali per esempio lo IODIO.

Lo Iodio è un minerale fondamentale per il corretto funzionamento della ghiandola tiroidea, permettendo in tal modo la sintesi degli ormoni specifici tiroidei.

Quando lo Iodio viene a mancare la tiroide produce meno ormoni e questo porta l’IPOFISI a rilasciare più TSH ( ormone tireostimolante)

Il soggetto che a causa di una forma di tiroidite ha sviluppato il GOZZO , cioè un aumento di volume della ghiandola tiroidea, dovrà prestare particolare attenzione alla sua alimentazione poichè vi sono nutrienti che sono in grado di interferire, direttamente o indirettamente con il metabolismo dello Iodio, apportando un peggioramento all’infiammazione ghiandolare.

Sostanze così dette gozzigene sono presenti nei vegetali a foglia, appartenenti alla famiglia delle CHENOPODIACEAE ( es. bieta, barbabietola, spinaci) , delle LEGUMINOSE ( es.fagioli, piselli, soia, arachidi), delle OMBRELLIFERE ( es. carote, finocchio, prezzemolo,aneto, curcuma, cumino, coriandolo), delle CRUCIFERE (es. broccoli, cavolfiore, verza) ed altri alimenti come mais, cipolla, germogli di bambù, patate dolci, miglio e noci.

Per quanto riguardano gli alimenti appartenenti alla famiglia delle CRUCIFERE va detto che se questi vengono abbinati al pesce, che è ricco di Iodio, si bypassa il problema dell’attività gozzigena e si beneficia invece della presenza del SULFORAFANO, p.a presente in questa famiglia di vegetali, che è un potente antiossidante con proprietà chemio-protettive.

Va sottolineato in ogni modo che la loro azione gozzigena precipita dopo cottura o bollitura.

Gli alimenti che invece aiutano la tiroide a ben funzionare, sono gli alimenti ricchi in iodio come : il pesce, le alghe, i pistacchi ( ricchi in tirosina), le noci del brasile (ricche in selenio).

Molto utili alla tiroide sono ,anche, tutti quegli alimenti che sfiammano l’intestino o contrastano la disbiosi intestinale, come i cereali, gli pseudocereali ( quinoa, amaranto, grano saraceno) i quali sono senza glutine o a basso tenore di glutine.

Di grande aiuto nel contenimento delle infiammazioni a carico della tiroide è anche la forte riduzione dell’introito di sostanze alimentari quali il latte, latticini e derivati.

Diverso, ovviamente, il discorso nel caso di IPERTIROIDISMO dove gli alimenti che hanno attività gozzigena possono essere usati per rallentare l’assorbimento di Iodio.

Nel caso di IPERTIROIDISMO vanno evitati o comunque fortemente ridotti gli alimenti ricchi in Iodio, per non sovra-stimolare una tiroide già di per sè iper funzionante. Da preferire invece, in questo caso, alimenti quali uova, semi oleosi, carne bianca (ricca in triptofano = precursore della serotonina).

La forma di tiroidite che porta all’IPOTIROIDISMO, non potrà mai essere curata completamente SE NON SI CORREGGE LA “TIPOLOGIA OSSIDATIVA ” del paziente.

Il soggetto IPOTIROIDEO sarà un metabolizzatore lento o IPO-OSSIDATORE, mentre il soggetto IPERTIROIDEO sarà un metabolizzatore rapido o IPER-OSSIDATORE.

Questa condizione metabolica influisce molto sull’attività della tiroide se :

– non si eliminano alcuni alimenti che rallentano la funzione tiroidea

– non si correggono eventuali squilibri funzionali a carico del sistema metabolico ed energetico del paziente

– non si correggono le disbiosi e candidosi

– non utilizziamo alimenti ricchi in micronutrienti come ZINCO e MAGNESIO preziosi per l’attività della tiroide, e che li troviamo in alimenti quali semi di sesamo, semi di zucca, carne di manzo, ostriche, cioccolato fondente, frutta secca

GLI INTEGRATORI UTILI NELLA CURA DELLE TIROIDITI

Vi sono integratori detti TIREOSTIMOLANTI che sono, come suggerisce la parola, in grado di stimolare la secrezione di ormoni da parte della tiroide.

Solitamente queste sostanze vengono impiegate da soggetti che soffrono di sintomi associati all’IPOTIROIDISMO, nelle donne in menopausa, nelle donne in sovrappeso o fortemente obese.

Le funzioni principali degli integratori tireostimolanti sono:

  •  aumentare la combustione dei grassi
  • aumentare il metabolismo basale ed il consumo di calorie a riposo

E’ sotto inteso che questi integratori sono sconsigliati a chi soffre di IPERTIROIDISMO.

Il TIREOSTIMOLANTE più utilizzato è il FUCUS, ma ogni integratore va sempre impiegato all’interno di un programma alimentare adeguato alla patologia tiroidea.

Pertanto un soggetto con bassa funzionalità della tiroide dovrà limitare, nella propria dieta alimentare l’uso dei carboidrati raffinati come pasta, pizza, pane, riso, patate e dolci, poichè nel lungo periodo questi alimenti indeboliscono la tiroide.

La dieta per l’IPOTIROIDISMO dovrebbe comprendere frutta, verdura, frutta secca, semi oleosi, carne magra, pesce, olio e.v.o, pochi cereali integrali, pochi legumi e pochissimi latticini magri.

I latticini aumentano i livelli di prolattina, un ormone che può favorire l’aumento di peso.

Ritornando agli integratori impiegati nelle tiroiditi un gruppo di clinici italiani, americani e danesi ha raccolto evidenze presenti in letteratura sui principali integratori, quali CARNITINA, INOSITOLO, RESVERATROLO,SELENIO indicati in ambito tiroideo e pubblicati su NUTRIENTS.

  • La L-CARNITINA, impiegata nei pazienti IPERTIROIDEI , nella dose di 2g/die ha dato miglioramenti ad una serie di sintomi tipici di questa forma di tiroidite, inclusa l’aritmia cardiaca soprattutto in quei pazienti che debbono assumere base dosi di farmaci anti-tiroidei
  • L’INOSITOLO è stato somministrato in forma di MYO-INOSITOLO sia in mono-somministrazione alla dose di 2g/die che in associazione con la MELATONINA alla dose ( questa) di 3g/die ed è stato somministrato a donne eutiroideee in post-menopausa valutando poi i livelli sierici di Ft4 e Tsh. Il MYO-INOSITOLO da solo, cioè in mono-somministrazione ha portato ad un aumento di circa 3,5 % di Ft4 ed una riduzione del 10% di Tsh. Si sono avuti risultati opposti invece per la combinazione Myo- INOSITOLO e MELATONINA, ovvero circa – 3,5% per Ft4 e + 10 % per Tsh. Pochi studi sono stati condotti con la combinazione MYO-INOSITOLO e SELENIO o CARNITINA. La prima combinazione Myo+Selenio è stata utilizzata in pazienti con ipotiroidismo subclinico correlato a tiroidite di Hashimoto, dimostrando la capacità di ridurre sia gli auto-anticorpi sierici tiroidei che il Tsh. La seconda combinazione Myo+Carnitina non ha dato risultati significativi. Una parentesi a parte la merita la MELATONINA che secondo i ricercatori mostra una correlazione tra essa e gli anticorpi auto-immuni. Gli studiosi ritengono che la MELATONINA possa avere un ruolo PARACRINO e che nella patologia tiroidea, in una condizione di stress ossidativo, sia in grado di ridurre i processi coinvolti nell’autoimmunità. Attualmente però non vi sono dati precisi che dimostrino l’effettiva utilità di questa sostanza sulla tiroide.
  • RESVERATROLO non vi sono dati
  • SELENIO è stato dimostrato un suo maggiore beneficio più sugli anticorpi sierici tiroidei che sulla funzione della ghiandola.

        Un ruolo importante del SELENIO sia a livello degli auto-anticorpi tiroidei che sulla 

        ghiandola tiroidea è stato osservato nella tiroidite post-partum

Nel DICEMBRE del 2019 è stata pubblicata una revisione sistemica ed una meta-analisi sui livelli dei principali OLIGOELEMENTI nell’IPOTIROIDISMO ( doi: 10.1007/s12011-019-01963-5 Epub 2019 dic 10 )

OLOGOELEMENTI quali: ZINCO-SELENIO-FERRO-MANGANESE-RAME-PIOMBO-e concentrazioni di MAGNESIO in pazienti con IPOTIROIDISMO avrebbero portato , nel caso di SELENIO E ZINCO ad un risultato di valori più bassi nel soggetto affetto da tale forma di tiroidite, nel caso del PIOMBO a valori più alti, mentre le concentrazioni di FERRO,RAME,MANGANESE e MAGNESIO sono risultate invariate tra soggetti sani ed ipotiroidei

Per poter integrare in modo corretto o meglio , preciso gli oligoelementi quali SELENIO e ZINCO, in un paziente ipotiroideo, occorre misurare prima i livelli di tali oligoelementi in condizioni eutiroidee e poi integrare con opportuno e personale dosaggio di tali oligoelementi

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Dott.ssa Michela Gasparrini