I FARMACI ADIUVANTI NELLA TERAPIA DEL DOLORE
di Antonino Annetta
farmacista specialista in farmacologia applicata
Il termine “adiuvanti” viene utilizzato per tutti quei farmaci, che pur non essendo degli antidolorifici classici, contribuiscono, in qualche modo, alla efficacia del trattamento analgesico. Si dividono in:
- farmaci dotati di attività analgesica intrinseca;
- farmaci che consentono l’impiego a dosi piene degli analgesici classici;
- farmaci con effetto analgesico indiretto per azione sui processi morbosi algogeni (infezioni, spasmi viscerali, ecc.) .Questa definizione secondo molti autori, non è più attuale. Infatti, se fino a pochi anni orsono l’indicazione all’utilizzo di molecole adiuvanti era inteso quale supporto alla terapia di base per migliorare l’analgesia, ridurre i dosaggi e gli effetti collaterali degli analgesici, attualmente questi farmaci vengono prodotti, sperimentati e commercializzati come antidolorifici veri e propri, da impiegare spesso in prima linea terapeutica in alcune specifiche sindromi di dolore cronico, sia oncologico che non oncologico. Rappresentano infatti una risorsa importante e talvolta unica in alcune tipologie di dolore neuropatico, quali ad esempio la nevralgia trigeminale, la neuropatia diabetica dolorosa, la nevralgia post-erpetica, il dolore centrale, e i dolori da amputazione.
Gli Antidepressivi triciclici (TCA), introdotti intorno al 1950, sono stati la prima classe di farmaci efficaci nel trattamento della depressione. Il loro effetto analgesico fu notato subito dopo la loro introduzione in pazienti affetti da neuropatia diabetica dolorosa. Il beneficio di queste molecole nel dolore neuropatico è stato dimostrato in numerosi trial clinici controllati. Hanno un effetto analgesico intrinseco, determinato dall’interferenza con l’azione di serotonina e noradrenalina, implicati nelle vie discendenti inibitorie che modulano a livello spinale la trasmissione del dolore. A differenza dell’effetto antidepressivo, l’effetto analgesico è osservabile in tempi molto brevi (poche ore) e a dosaggi più bassi. Nel trattamento del dolore sono più efficaci i farmaci che inibiscono il reuptake di entrambi i neurotrasmettitori (amitriptilina, clomipramina) rispetto a quelli selettivi solo verso la serotonina. Le amine secondarie (desipramina, nortriptilina) sono da preferire all’amitriptilina per i minori effetti indesiderati. Gli effetti collaterali dei TCA comprendono sedazione, debolezza (da blocco istaminergico) e ipotensione ortostatica (da blocco α-adrenergico). Possono verificarsi inoltre secchezza delle fauci, ritenzione urinaria, tachicardia, costipazione, visione offuscata (da blocco colinergico). I TCA presentano cardiotossicità diretta da blocco dei canali del sodio e del calcio con possibile insorgenza di disturbi della conduzione cardiaca.
Gli Inibitori della ricaptazione della serotonina e noradrenalina (SNRI) sono una classe di farmaci antidepressivi che si sono dimostrati utili nel trattamento del dolore cronico. Le molecole più utilizzate sono venlafaxina, e duloxetina . I dati relativi agli SSRI sembrano indicare una efficacia favorevole, rappresentando un’alternativa, spesso meglio tollerata dal paziente, ai TCA . La venlafaxina e la duloxetina inibiscono il reuptake di noradrenalina (soprattutto) e serotonina. Per quest’ultima, il fenomeno è dose-dipendente, poiché a basso dosaggio il farmaco mostra una maggior selettività verso il sistema serotoninergico rispetto ai dosaggi più elevati. In maniera minore, il farmaco agisce anche sul reuptake della dopamina. Per quanto riguarda gli effetti indesiderati oltre alla secchezza delle fauci, la venlafaxina può indurre nausea, vertigini e anomalie della conduzione cardiaca. A livello del sistema cardiovascolare causa lieve incremento della pressione e della frequenza cardiaca. Può indurre aumento del rischio di sanguinamento per inibizione della captazione di serotonina a livello piastrinico. Si può verificare aumento del rischio di suicidio e il concomitante uso di tramadolo deve essere considerato con cautela per il rischio di sindrome serotoninergica. L’eventuale sospensione del farmaco deve essere graduale. La duloxetina presenta i medesimi effetti collaterali con due importanti aggiunte. Nel 2005, a seguito di segnalazioni post-marketing di casi di epatite e di ittero colestatico, è stata modificata la scheda tecnica del farmaco introducendo la controindicazione relativa a “pazienti con evidenza di malattia epatica cronica o che fanno uso di alcool” e nel 2008, la FDA ha modificato il foglietto illustrativo del farmaco a seguito di segnalazioni post-marketing di iponatremia (cefalea, confusione mentale, alterazione della memoria), ritenzione urinaria, sanguinamenti (effetto della serotonina sulla coagulazione).
Per quanto riguarda i farmacia anticonvulsivanti Il razionale di impiego nel dolore cronico neuropatico deriva dall’analogia tra alcuni aspetti fisiopatologici di quest’ultimo e l’epilessia quali ad esempio: la sensibilizzazione centrale, la presenza di “foci” ectopici neuronali e la frequente secondarietà a traumi. Vengono utilizzati soprattutto i bloccanti della sub-unità α2δ dei canali calcio (gabapentin, pregabalin). La presenza di cibo ne influenza l’assorbimento. La biodisponibilità è inversamente proporzionale alla dose assunta: con un 60% per la dose di 300 mg, 40% per la dose di 900 mg e 33% per la dose di 3600 mg. Il tempo di picco plasmatico è di 3-4 ore. Dal punto di vista farmacodinamico sono strutturalmente analoghi del GABA (acido gamma- ammino-butirrico) ma tuttavia il meccanismo d’azione dipende dal legame con la subunità α2-δ dei canali del calcio di tipo N che riduce la concentrazione intracellulare dello ione calcio. Gli effetti più comuni sono: sonnolenza, vertigini, affaticamento, atassia, tremori ed edema periferico. La sospensione del trattamento con gabapentin ha portato in alcuni casi all’insorgenza di effetti collaterali come ansia, insonnia, nausea. Anche il pregabalin è un analogo strutturale del GABA e agisce, come il gabapentin, legandosi alla subunità α2-δ dei canali del calcio. Possiede un profilo farmacocinetico simile a gabapentin ma con una cinetica di tipo lineare. La tollerabilità è buona, con effetti collaterali simili ma meno frequenti.