Il cavolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Cavolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dott. PierGiulio Rossini

 

Il cavolo ( Brassica Oleracea ) non è una pianta sola, ormai, ma un insieme davvero complicato di specie e varietà, oltre 150, coltivate e modificate dall’uomo nei millenni, ognuna specializzata nell’ingrossamento di una parte diversa della pianta. La vera pianta di cavolo selvatica (cavolo Sylvestris) la si può trovare oggi solo sulle scogliere più impervie del Mediterraneo occidentale e dell’Atlantico del nord, la sua area d’origine.

Tutte le varietà di cavolo sono accomunate dalle stesse virtù vitaminiche e mineralizzanti .Consumate crude (in alternativa si può ricorrere al succo fresco)o lessate in minestre e zuppe combattono l’anemia in particolare il cavolo cappuccio,molto ricco di Sali minerali e di vitamine che si mantengono inalterate se è mangiato crudo), i problemi intestinali,i disturbi delle vie respiratorie dovuti a bronchiti .

Hanno poi effetti stimolanti in caso di affaticamento mentale se assunti in modo regolare ,aiutano a normalizzare le funzioni della tiroide. Le maggiori proprietà diuretiche si trovano nel cavolo cappuccio ,dalla forma sferica e compatta, ottimo sia crudo che cotto ,ideale per chi segue una dieta dimagrante.L’ulcera gastrodoudenale e le coliti ulcerose possono essere alleviate ingerendo succo fresco (1/2 litro al giorno).

Usato localmente ,il cavolo è una panacea per piaghe ,vene varicose ,dolori reumatici e vari problemi dermatologici: combatte l’invecchiamento della pelle ,e può essere usato efficacemente per accelerare il processo di cicatrizzazione delle ferite .L’acqua di cottura del cavolo, ricca di zolfo ,ha effetti benefici simili a quelli delle acque termali, ed è indicata per curare gli eczemi e le infiammazioni in impacchi sulle zone da trattare.(1)

Consideriamo sotto questo nome – per motivi pratici – soltanto le varietà coltivate come il cavolo cappuccio, o bianco, cavolo rosso, cavolo riccio, o verza, cavolo nero senza testa o toscano. E’ una delle piante verdi più importanti, notissima sin dall’antichità.

Catone e Plinio il Vecchio erano soliti ripetere che per sei secoli i Romani avevano curato con il cavolo tutte le malattie facendo a meno dei medici greci, e ancor oggi i medici naturisti tengono questo ortaggio in grande considerazione. nei moderni prontuari per terapeuti il cavolo ha almeno 68  indicazioni per “uso orale”, senza contare le altrettanto numerose per uso esterno.

In gastronomia ha un ruolo molto importante. Intere Regioni del globo basano la componente verde della propria dieta su questo ortaggio, apparentemente umile ma in realtà fra i più multiformi: L’Oriente, la Cina, la Germania, L’europa del Nord e dell’Est. Al naturale ha un sapore poco deciso, leggermente piccante, accompagnato, quando è cotto, da un aroma solforato caratteristico. Anticamente veniva mangiato anche crudo, poi c’è stata la moda del cavolo bollito, oggi infine si sta tornando a gustarlo crudo, finemente tagliato in striscioline, nelle insalate miste, e come contorno stuzzicante a piatti cerealicoli o a secondi piatti tradizionali.

La cattiva fama dei cavoli era dovuta appunto all’abitudine di presentarli soltanto bolliti, e bolliti a lungo. Ebbene, provare per credere:  i cavoli cappuccio, privati delle nervature bianche più grosse, da affettare e cuocere a parte più a lungo, tagliati finissimi e mangiati crudi non solo sono gustosissimi e non danno alcun odore, ma si digeriscono in metà tempo rispetto al cavolo stracotto. Naturalmente si deve masticare bene, come qualunque cibo. Indicate per la cottura sono le foglie più esterne e in particolare le foglie del cavolo riccio.

La cottura deve essere comunque effettuata al vapore, o per stufatura rapida, in modo da non fare  violenza all’alimento e renderlo più digeribile. Senz’acqua aggiunta, a pentola coperta, il cavolo  affettato e bagnato cuoce in pochissimi minuti senza emanare odore sgradevole. Dev’essere “al dente”, ancora un po’ croccante, di un bel colore verde brillante. Se è troppo molle, e di color verde smorto, vuol dire che è stato troppo cotto. Non deve inoltre essere cucinato insieme con grassi animali o vegetali, né con carni: finirebbe per diventare indigesto. Oltre a vitamine – vitamina C abbondante (47 mg), ma poco assimilabile, 6 mg di PP, A (19-83 mcg), K (100 mcg), E (8,9 mg),       D, H, B1, B2 e perfino un raro principio che protegge le mucose digestive da lesioni, ipercloridria e ulcere – il cavolo verza (varietà sabauda), dalle belle foglie verdi ricce (crispa) o a bolle (bullata), ha 1,6-3 g di proteine, 2,5 g di zuccheri, solo 0,1 g di grassi, sali minerali (potassio 260 mg, ferro 1,1 mg, calcio 60 mg, zolfo 1635 mg, cloro 100 mg, fosforo 29 mg, magnesio 15 mg, zinco 2,2 mg, manganese e vari altri  oligo elementi), acido glicuronico, mucillagini che proteggono le mucose interne. Buona la quantità di fibre (3,1 g). Le foglie esterne, che spesso sono scartate, sono ricchissime di vitamina E (8,9 mg), di beta-carotene (il precursore anticancro della vitamina A) e di clorofilla, tre difensori ideali contro tutti i tipi di tumori.

La verza contiene anche 7,3 mg di acido ossalico. La “vitamina U” che sarebbe stata scoperta nelle foglie di cavolo dagli scienziati russi, citata anche da Valnet come sostanza protettrice delle mucose gastriche, sebbene termolabile, è invece frutto di un abbaglio di ricercatori russi: nessun altro scienziato è riuscito a individuarla. Le proprietà gastro protettive del cavolo si attribuiscono ad altri principi attivi.

Il cavolo cappuccio rosso, dalle foglie lisce e croccanti di color rosso violetto, si trova al mercato privo delle foglie esterne più aperte, riteniamo per ragioni di praticità di trasporto, tanto da assomigliare a una sfera compatta è un po’ oblunga (“testa di moro”). Ed è un peccato, perché così i consumatori perdono le molte vitamine presenti nelle prime foglie.

Poco più ricco di nutrienti, più dotato di principi attivi del cavolo bianco – tranne, sembra, che per il gefarnato –  è perciò il cavolo più utilizzato in  trofoterapia, anche perché è croccante e adatto a essere mangiato crudo in insalata o conservato in salamoia (crauti).

Ha 2,6 g di proteine, 0,2 g di grassi, 10,2 g di carboidrati totali di cui 2,7 g di zuccheri, 75 mg di calcio, 62 mg di fosforo, 1,4 mg di ferro, 0,13 mg di vitamina B1, 0,5 mg di PP, 7 mcg di A e 52 mg di C. Si presenta “a palla” sui banchi di verdure o anche il più popolare cavolo cappuccio bianco, dalle foglie verdoline o bianche, lisce e compatte, meno gustoso e meno dotato di proprietà, di solito mangiato crudo e affettato nelle nelle insalate come crauti. Come per l’aglio e altri vegetali “forti”, la composizione nutrizionale non basta per spiegare tutte le incontestabili virtù preventive e curative delle diverse varietà del cavolo, dovute in gran parte alle sue proprietà extra nutrizionali, molte delle quali ancora da scoprire. Ma la scienza è ormai sicura di molte sue indicazioni, come il rafforzamento dei vasi capillari (L. Binet); l’ attività anti-ulcera era dovuta al farnesil-acetato di geranile, o gefarnato, e allo zolfo (guarigioni in 3 settimane in 62 casi su 65: Garnett-Cheney); la cura delle cirrosi (400 g al giorno: Binet, Tanret, Bour); la proprietà antiscorbuto (Leclerc); il potere antibiotico Gram-negativo (Paderson e Fisher); l’attività anti-gotta, anti-diabetica e perfino antielmintica; l’azione di disintossicazione svolta dall’acido glicuronico contro i fenoli e da alcuni aminoacidi come metionina e cistina contro i composti aromatici (naftalina, acido nicotinico, piridine ecc.); il potere chelante (cioè di legarsi ai tossici e ai radionuclidi, rendendoli poco assorbibili e facilmente eliminabili) che hanno i suoi  ditioltioni; le specifiche proprietà anticancro degli indoli e dei ditioltioni (Lee Wattenberg), oltre a quelle di vitamine E e C, clorofilla, flavonoidi, acidi fenolici come il caffeico e il ferulico, che fanno del cavolo un vero alimento “dismutageno”, un antagonista biochimico del cancro.

Il cavolo, insomma, è indicatissimo per qualunque disturbo gastrointestinale, dall’ulcera alle infezioni, e per le affezioni polmonari; è rivitalizzante, antianemico, antiscorbutico, cicatrizzante, lassativo, diuretico, digestivo, ipoglicemizzante, pettorale, anti-colitico, vermifugo, mineralizzante, antialcolico, ringiovanisce i tessuti, rafforza l’intero organismo ed è probabilmente preventivo e antagonista delle forme cancerose.

Già da molti anni S. Graham, preside della facoltà di medicina preventiva all’Università statale di New York (Buffalo), aveva scoperto in un’indagine su 256 pazienti cancerosi del Roswell Park Memorial Institute e su 783 pazienti casuali non cancerosi, che i consumatori regolari di cavoli, verze, cavolini di Bruxelles, broccoli e altre Brassicacee hanno probabilità dimezzate di contrarre il cancro al colon rispetto a chi non mangia mai questi ortaggi o li mangia raramente. L’effetto dose-risposta è preciso: più si consumano cavoli, meno ci si ammala di cancro. Il cavolo cappuccio sembra l’ortaggio più efficace in questo, anche perché è più gradevole crudo. Se lo si consuma solo una volta a settimana (una porzione regolare, meglio si abbondante), la probabilità del cancro al colon si riduce a un terzo (“American Journal of Epidemiology”).

Anni dopo L. Wattemberg su “Cancer Research” pubblica uno studio con cui documenta di aver isolato dal cavolo delle sostanze note come indoli, dimostratesi altamente protettive dal cancro in esperimenti di laboratorio. Gli indoli e i ditioltioni del cavolo hanno una grande influenza sugli enzimi che controllano il sistema di disintossicazione dell’organismo, con cui sono eliminate le sostanze tossiche e carcinogene. La stimolazione di questi enzimi libera una molecola proteica formata da tre aminoacidi (cistina, glutammina e glicina) nota come glutatione, che è capace di fagocitare e distruggere tossine e agenti del cancro. In particolare, “i ditioltioni sono i più potenti antitumorali mai osservati”, ha dichiarato T. Kensler, docente di tossicologia alla Scuola di igiene della Johns Hopkins University. In un suo esperimento, il danno dell’agente carcinogeno al DNA della cellula era diminuito del 90%. Indagini successive in Giappone, Grecia e Stati Uniti hanno esteso l’efficacia della protezione anticancro del cavolo al resto dell’intestino, allo stomaco, alla vescica e in minor grado ad altri tipi di tumori. Del resto, anche in provetta il succo di cavolo elimina le alterazioni precancerose delle cellule che preludono al tumore. Il cavolo e quindi un dismutageno, un antagonista chimico del cancro (Carper). Questa capacità protettiva delle cellule è stata confermata, sia pure soltanto da esperimenti di laboratorio, anche contro le forti radiazioni. In Germania e poi in Francia si è scoperto che il cavolo crudo mangiato prima di una irradiazione di 400 rad di raggi X, consente di salvare la vita alla metà delle cavie. Il consumo di cavolo anche dopo l’irradiazione aumenta ancor più le probabilità di sopravvivenza. Se questo esperimento fosse rapportabile all’uomo, il cavolo potrebbe costituire il cardine di una dieta preventiva antiradiazioni. Altri composti anticancro e antiradiazioni presenti nei cavoli sono i tiocianati (di cui tratteremo più avanti, come principi antinutrizionali), alcuni flavonoidi, i glucosinolati (109 mg per 100 g nel cavolo cappuccio, come riporta Carper) che sembrano capaci di neutralizzare la temibile aflatossina nel tubo digerente, i fenoli come gli acidi caffeico e ferulico, il beta-carotene e altri caroteni (nelle foglie esterne), la clorofilla e le vitamine C ed E (per lo più nelle foglie esterne).

L’effetto protettivo esercitato da verdure nella dieta contro varie malattie neoplastiche è ben documentata da numerosi studi epidemiologici. prove a breve termine, che sono stati ampiamente utilizzati per mutageni chimici identità e per valutare i potenziali fattori di rischio cancerogeno, sono sempre più utilizzati per valutare l’attività antimutagenica di potenziali anticarcinogeni. In questo studio l’effetto genotossico e l’attività antimutagenica di Brassica oleracea var. capitata estratti crocifere sono stati analizzati su ceppi di Salmonella typhimurium per valutare l’influenza dei diversi metodi di stabilizzazione alimenti di origine vegetale – ad alta pressione contro la pastorizzazione convenzionale – l’attività genotossica e sulla risposta antimutagenica da una mutagenicità indotta da ammine aromatiche eterocicliche. Questo documento dimostra che le ben note proprietà antimutagene del cavolo bianco vengono conservati meglio dopo un elaborazione ad alta pressione (trattamento per 3 min a 600 MPa utilizzando una pressa isostatica ABB) rispetto ad una pastorizzazione convenzionale.(3)

Un altro studio condotto da P. Vignolini, A. Romani, M.G. Dini, P. Pinelli e  D. Heimler del Dipartimento di Scienza del Suolo e Nutrizione della Pianta, Università degli Studi di Firenze, con una analisi HPLC e dosaggi rapidi di polifenoli in varietà edibili di brassicacea, dimostra che il cavolo ha una spiccata capacità antiossidante , determinanto una spiccata capacita scavenging nei confronti dei radicali liberi.(4)

La verza o cavolo riccio ha le medesime proprietà anticancro del cavolo cappuccio, ma in più fruisce del potere preventivo della clorofilla e dei caroteni (pari se non superiore a quello degli spinaci) di cui sono ricche le sue foglie esterne di colore verde scuro. Questa doppia caratteristica ne fa uno specifico protettore contro il cancro dei polmoni, indicato come prevenzione ai fumatori e specialmente agli ex fumatori, come ha rivelato un’indagine condotta a Singapore, citata da Carper. Un altro studio sugli anziani del New Jersey, Secondo lo stesso autore, ha evidenziato che il consumo quotidiano di due o più porzioni di ortaggi contenenti carotene e/o clorofilla riduce a un terzo il tasso di morte per cancro, rispetto a chi ne consuma appena 3/4 di porzione. Il frequente consumo di cavolo verza, soprattutto nelle sue foglie esterne più verdi, è collegato anche a un minor rischio di cancro intestinale, dello stomaco, dell’esofago, della gola, della bocca e in minor misura per gli altri tipi di tumori.

Tutto questo, però, è vero se la verza si mangia fresca e cruda, cosa poco agevole e quasi  impossibile. A differenza del cavolo cappuccio bianco-verde o rosso, la verza si presta poco o nulla  a essere consumata cruda in insalata, a causa del forte sapore e della consistenza delle sue foglie,  specialmente quelle esterne. Quindi va mangiata cotta, meglio se al vapore. Ma la cottura, tanto più  se prolungata, degrada la clorofilla e distrugge una gran parte dei caroteni, proprio i due principi  caratteristici della verza. Tuttavia, la possibilità di consumarne una buona quantità, grazie alla      cottura breve e al vapore (le foglie devono conservare il loro colore verde scuro ed essere “al  dente”), e la maggiore percentuale di caroteni resi effettivamente disponibili per l’organismo dalle trasformazioni termiche, compensano talvolta le perdite. In terapia, quindi, la verza va scelta tra i cespi dotati di foglie più scure, consumata cruda fin dove è possibile, altrimenti sotto forma di succo centrifugato (essendo di gusto sgradevole, può essere corretto con succo di carota, sedano o pomodoro), e abbondamente come pietanza cotta.

 

L’attività antiulcera, come si è accennato, è un altro punto di forza del cavolo. È stato l’americano G. Cheney, docente alla Stanford University School of Medicine, a riammettere nella medicina ufficiale, sia pure in fase sperimentale, la terapia a base di succo estratto (un litro al giorno) o di cavolo intero su pazienti con ulcere dello stomaco, del duodeno e del digiuno. Su 55 pazienti ne guarirono ben 52. Il cavolo, spiega Cheney, riduce dell’83% il tempo di guarigione delle ulcere gastriche e del 72% quello delle ulcere duodenali, rispetto al trattamento ordinario. L’attività terapeutica del cavolo, però, varia molto a seconda della varietà, della stagione e del tipo di suolo su cui è cresciuto l’ortaggio. È molto più potente nel succo, più blanda nel cavolo intero. Cheney consiglia di usare solo cavoli verdi freschi, allo stato crudo, possibilmente quelli primaverili o estivi. I cavoli della varietà invernale sono meno efficaci. In India, G. B. Singh del Central Drug Research Institute di Lucknow ha chiarito il meccanismo d’azione del succo dell’ortaggio sulle mucose, rivelando che il cavolo è ricco di sostanze simili alle mucine che proteggono dagli acidi il rivestimento dello stomaco. In particolare, un principio noto come gefarnato, presente specialmente nel cavolo cappuccio verde o bianco, stimola le cellule della mucosa gastrica a produrre uno strato protettivo contro gli acidi e le sostanze dannose (Carper). Per di più, la buona presenza di vitamina K (100 mcg nella verza), che è un potente antiemorragico e coagulante del sangue, completa la protezione o la cura in    caso di ulcere gastriche.

Una panacea, molto gustosa per di più, un rimedio per qualunque affezione, tanto è ricco di principi nutritivi e medicamentosi. Fior di medici e ricercatori lo hanno analizzato. Basti pensare che in uno         dei più popolari manuali di trofoterapia, al solo cavolo sono dedicate ben 24 pagine.

Nella terapia come si usa? Basta consumare una insalata di 200 g di cavolo crudo condito con olio, ad ogni pasto (2-3 settimane), come riporta Pedretti. Nelle cirrosi e nefriti Leclerc conferma la dose di Binet, “metà crudo, metà cotto”. Nell’ulcera il cavolo assunto solo crudo. Le più recenti scoperte confermano la perdita di attività del gefarnato durante la cottura. Tradizionale nelle campagne di ogni paese è l’uso dell’acqua di cottura di abbondanti foglie di cavolo per risolvere gli effetti di una sbornia da alcol, probabilmente grazie all’azione disintossicante sinergica delle sostanze sopra citate. Per evitare l’ingombro della cellulosa, alcuni preferiscono assumerlo sotto forma di succo estratto con la centrifuga. Quest’ultimo, tuttavia, è di gusto orribile (va mitigato con succo di carote), va bevuto immediatamente per evitare le ossidazioni dei principi attivi, e non è detto che sia ugualmente efficace.

Infine, un occhio anche al rovescio della medaglia. Come molti vegetali, specie le Crocifere, i cavoli contengono antiormoni con attività antitiroidea, detti “gozzigeni” perché un tempo, quando l’alimentazione contadina era carente di iodio, tendevano a far ingrossare la tiroide o “gozzo”. Sono i tiocianati, derivati dalla gluco-brassicina. Nelle diverse qualità di cavoli sono presenti da 2 a 31 mg di cianati per 100 g (Ferrando, Gmelin, Michajlowski). Il rischio è un freno al metabolismo, alla crescita e alle attività glandolari: può essere reale quando un enorme consumo di cavoli si unisce a una dieta carente di iodio nell’età dello sviluppo. In compenso, come si è visto, i tiocianati sono anticancro. Molte sono le applicazioni gastronomiche di un alimento così versatile. Basta ritrovare le antiche ricette popolari, della cucina definita a torto “povera”, dalle zuppe rustiche col pansecco o con i fiocchi di cereali, ai contorni, agli involtini (foglie di verza ripiene) in brodo di verdure o al forno, ai minestroni variopinti e ricchi di profumi, fino ai crauti sottosale, una vera miniera di fermenti lattici. Ma se abbiamo meditato sulle meravigliose proprietà nutrizionali e farmacologiche della drastica Brassica oleracea, non possiamo che preferirla cruda, in insalata o come contorno.(1)

Bibliografia

  1. L’Alimentazione Naturale, Nico Valerio, Ed. Mondadori  ,1997
  1. Centerbe, Anna Prati Giuliana Ceccantini Fabio Filippi, Nardini editore 1997
  1. Influence of high pressure treatment of Brassica oleracea var. capitata on the genotoxic and antimutagenic activities in Salmonella typhimurium  [2000]Tamaro, M. Benincasa, M. (Trieste Univ. (Italy). Dipartimento di Scienze Biomediche) Carpi, G. Gola, S. (Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari (SSICA), Parma (Italy)) Rovere, P. (ABB Industria S.p.A., Sesto San Giovanni, Milan (Italy), http://agris.fao.org/aos/records/IT2001062413
  1. ANALISI HPLC E DOSAGGI RAPIDI DI POLIFENOLI IN VARIETÀ EDIBILI DI BRASSICACEAE P. Vignolini, A. Romani , M.G. Dini, P. Pinelli, D. Heimler Dipartimento di Scienza del Suolo e Nutrizione della Pianta, Università degli Studi di Firenze, P.le delle Cascine 18, 50144 Firenze, Italy J. Agric. Food Chem., 2006, 54 (4), pp 1342–1346