Il sonno : cosa è e quali i rimedi erboristici

Il sonno :
cosa è e quali i rimedi erboristici

Dott. Piergiulio Rossini
Ultimamente complice anche dell’emergenza covid ,la gente ricorre sempre piu spesso a
farmaci sia naturali che chimici per poter dormire, ma cosa è il sonno :
Hypnos (in greco antico: Ὕπνος), adattato in lingua italiana in Ipnos o, più raramente in
Ipno, nella mitologia greca è il dio del sonno, figlio di Nyx e fratello gemello di Thanatos
(corretta traslitterazione dal greco antico, ma scritto anche Tanatos o Tanato).
Il potere di Hypnos era tale che poteva addormentare uomini e numi. Nel XIV libro dell’Iliade
Era lo prega di addormentare Zeus, affinché Poseidone possa portare aiuto ai Greci senza
che il re degli dèi lo venga a sapere.
Omero, nell’Iliade, definisce Hypnos e Thanatos come gemelli (da qui la celebre locuzione
latina consanguineus lethi sopor) e descrive come furono mandati da Zeus su richiesta di
Apollo, per recuperare il corpo di Sarpedonte, ucciso da Patroclo, per portarlo in Licia per
ricevere gli onori funebri.
«Dall’alma il corpo, al dolce Sonno imponi
Ed alla Morte, che alla licia gente
Il portino. I fratelli ivi e gli amici
L’onoreranno di funereo rito
E di tomba e di cippo, alle defunte
Anime forti onor supremo e caro.
[…]
D’immortal veste avvolgi: indi alla Morte
Ed al Sonno gemelli fa precetto
Che all’opime di Licia alme contrade»(1)
Hypnos, sempre secondo Omero,(1) dimorava a Lemno. Un’altra versione ne fa lo sposo di
Pasitea, una delle Cariti, originaria di quella città. Invece il suo equivalente romano, Somnus,
per Virgilio viveva nel vestibolo dell’Ade, per Ovidio nel lontano paese dei Cimmeri.
Fu Hypnos a dare ad Endimione la facoltà di dormire ad occhi aperti.
Poteva inviare gli Oneiroi (i Sogni) dei quali i principali sono Morfeo, Momo, Fobetore (o
Icelo), e Fantaso, suoi fratelli secondo Esiodo,[2] suoi figli nel suo equivalente romano,
Somnus, secondo Ovidio.[3] Nel V libro dell’Eneid e bagna con un ramo imbevuto di acque
letee[4] il volto del timoniere Palinuro, per assopirlo e farlo cadere in mare. Sempre al dio
appartengono le Porte del Sonno, nel VI libro, all’uscita dell’Ade.
L’Enciclopedia Treccani definisce Il sonno come “….stato e periodo di riposo fisico-psichico
dell’uomo e degli animali, caratterizzato dalla sospensione totale o parziale della coscienza
e della volontà e accompagnato da sensibili modificazioni funzionali (diminuzione del
metabolismo energetico, riduzione del tono muscolare, della frequenza del polso e del
respiro, della pressione arteriosa, ecc.), di fondamentale importanza nel ristoro
dell’organismo…”.
Le patologie che più si osservano nel caso di una carenza di sonno sono l’ansia e l’insonnia.
L’ansia è uno stato caratterizzato da una sensazione di paura non connessa ad alcuno stimolo
specifico. Si distingue dalla paura vera e propria per il fatto di essere aspecifica, vaga o
derivata da un conflitto interiore. I segni somatici sono una iperattività del sistema nervoso
autonomo e in generale della classica risposta del sistema simpatico di tipo “combatti o fuggi”.
L’ansia è una complessa combinazione di emozioni negative che includono paura,
apprensione e preoccupazione, ed è spesso accompagnata da sensazioni fisiche come
palpitazioni, dolori al petto e/o respiro corto, nausea, tremore interno. Può esistere come
disturbo cerebrale primario oppure può essere associata ad altri problemi medici, inclusi altri
disturbi psichiatrici. Dal punto di vista emozionale, l’ansia causa un senso di terrore o panico,
nausea e brividi. Dal punto di vista comportamentale, si possono presentare sia
comportamenti volontari che involontari, diretti alla fuga o all’evitare la fonte dell’ansia. Questi
comportamenti sono frequenti e spesso non-adattivi, dal momento che sono estremi nei
disturbi d’ansia. In ogni caso l’ansia non sempre è patologica o non-adattiva: è un’emozione
comune come la paura, la rabbia, la tristezza e la felicità, ed è una funzione importante in
relazione alla sopravvivenza.
L’insonnia Può essere definita come una ridotta durata del sonno per di più di cattiva qualità,
il che determina poi la sensazione di non aver riposato affatto, e non secondariamente una
serie di nevrosi e/o depressione, che acuiscono tale patologia. Coloro che ne soffrono di solito
lamentano di non essere in grado di dormire che per pochi minuti alla volta o di agitarsi nel
letto durante la notte.
Dato il carattere indispensabile del sonno per l’equilibrio psicofisico dell’individuo, il problema
dell’insonnia acquista un rilievo particolare. Se l’insonnia continua per più di alcune notti di
seguito può divenire “cronica” e causare un deficit nel sonno che è estremamente nocivo per
la salute dell’insonne. L’insonnia altera il naturale ciclo del sonno, ciò può risultare difficile da
restaurare.
Alcuni insonni, in maniera non saggia, continuano a lamentarsi anche se non rinunciano a
ciò che a Roma viene definita la “ pennica”o “pennichella” vale a dire di dormire nel
pomeriggio o nella prima serata col risultato di ritrovarsi all’ora di dormire molto vigili
aggravando l’insonnia. Altri spingono il loro corpo fino ai propri limiti, sin quando la
mancanza di sonno causa gravi problemi fisici e mentali.
Il sonno come la veglia è un processo fisiologico attivo che origina dall’interazione di
numerosi centri del sistema nervoso centrale e autonomo. Nel sonno rispetto alla veglia è
presente fra mondo cosciente e mondo esterno una barriera percettiva che può essere
superata solo da uno stimolo sensoriale di una certa intensità. Un adeguato sonno è un
elemento necessario per il sostenimento della vita. Dalla qualità e dalla durata del sonno
dipende lo stato di salute psicofisico dell’individuo. I disturbi del sonno, quale l’insonnia con
conseguente privazione del sonno hanno un notevole impatto sulla qualità della vita della
persona.
Il sonno non è affatto una condizione di “calma piatta”. Ad esempio, mentre dormiamo
cambiamo posizione, mimica, muoviamo le palpebre, russiamo o modifichiamo il ritmo della
respirazione. Inoltre, ogni notte possiamo svegliarci fino a venti volte senza esserne
consapevoli.
Pertanto, quando dormiamo il nostro corpo non si trova sempre nella stessa condizione. Tra
le altre cose cambiano il polso, la frequenza del respiro e l’attività cerebrale.
A causa dell’attività delle onde cerebrali, della tensione muscolare e del movimento oculare,
il sonno viene suddiviso in diverse fasi, le quali mentre dormiamo si ripetono per quattro o
cinque volte consecutive.
Addormentamento (stadio 1)
Quando andiamo a letto e lentamente scivoliamo nel sonno ci troviamo nella fase di
addormentamento. In questa fase di transizione tra la veglia e il sonno il corpo inizia a
rilassare la muscolatura.
Fase del sonno leggero (stadio 2)
Dopo un po’ di tempo, il contatto con l’ambiente esterno si riduce ancora e la muscolatura si
rilassa ulteriormente. Passiamo più della metà del tempo in questo stadio del sonno.
Fase del sonno profondo (stadi 3 e 4)
Nella successiva fase di sonno profondo l’attività del cuore e della circolazione si riduce al
minimo. A causa delle onde lente, questa fase viene definita anche Slow Wave Sleep.
Contemporaneamente, in questa fase può succedere che vi siano episodi di sonnambulismo
o che ci si metta a parlare. Le fasi di sonno profondo sono più prolungate soprattutto nella
prima metà della notte e possono durare fino a un’ora. Quando ci si sveglia in questi casi,
spesso si è senza orientamento e spaesati.
Sonno Rem (stadio 5)
È uno stadio di sonno occasionalmente definito anche sonno „paradossale“, poiché durante
questa fase la soglia per il risveglio è elevatissima, nonostante il nostro cervello sia molto
attivo. In questa fase i nostri muscoli sono completamente rilassati. Ciò è fondamentale, dal
momento che i sogni si fanno in questo stadio. Grazie all’inattività della muscolatura non
siamo in grado di eseguire i nostri movimenti nel sogno. Se però ci svegliamo in questa fase,
ci ricordiamo particolarmente bene cosa abbiamo sognato.
A parte alcune contrazioni, l’unica attività muscolare è il movimento rapido degli occhi. Per
questo motivo, questo stadio è denominato anche fase REM, acronimo di „Rapid Eye
Movement“, vale a dire rapido movimento degli occhi. Si ritiene che la fase REM svolga un
ruolo fondamentale nell’elaborazione delle esperienze vissute e nella memorizzazione a
lungo termine. Dopo la fase REM comincia un nuovo ciclo del sonno.
Ogni singola fase del sonno è importante, poiché ognuna di esse ha la sua ragione d’essere
e svolge un importante compito nel nostro copro. Dormendo, percorriamo più volte il ciclo
delle fasi del sonno. Soffrire di disturbi del sonno o di depressioni non influenza solo la
durata del sonno: in questi casi cambiano anche le fasi del sonno. Ecco degli esempi che
mostrano come siamo influenzati dalle fasi del sonno.
Riposo: se diminuisce la durata delle fasi di sonno profondo, il corpo ha difficoltà a
rigenerarsi.
Apprendimento: svegliarsi durante la fase REM influisce sui processi di apprendimento che
si verificano durante il sonno.
Se dormiamo troppo poco o ci svegliamo spesso durante la notte, le fasi del sonno non
riescono a espletare le loro funzioni. inoltre, nel blog sono riportati i nostri consigli in merito
all’igiene del sonno.
Il sonno normale
Una sequenza ideale di stadi e di fasi del sonno mostra, alla polisonnografia, il passaggio
dallo stato di veglia allo stadio di sonno non-REM, a cominciare la sua fase 1, per proseguire
con le fasi 2 e 3. Alla fase 3 del sonno non-REM, segue lo stadio REM. Se il sonno è
normale, lo stadio REM non compare prima di 80-90 minuti dall’addormentamento e,
sommando la durata di uno stadio non REM e quella di uno stadio REM, si dovrebbe
ottenere un periodo complessivo di circa 90 minuti che, in una notte, si dovrebbe ripetere
almeno quattro volte. In corrispondenza dei passaggi da stadio non-REM a stadio REM, e
viceversa, si verificano brevissimi risvegli dei quali la persona che dorme non si rende conto
e, quindi, non mantiene il ricordo al risveglio. Il passaggio, o transizione, dalla veglia vera e
propria al sonno, e viceversa, è un punto momento perché, in un tempo molto breve,
misurabile in alcuni secondi, si devono verificare profonde modificazioni della funzione del
cervello e di molti altri organi e apparati. Nonostante questi netti cambiamenti, in termini di
fisiologia dell’organismo, a volte può essere difficile individuare con precisione il momento
dell’addormentamento con la sola polisonnografia. Perciò può rendersi necessaria una
registrazione filmata della persona sottoposta all’esame, che completa le informazioni
disponibili.
I meccanismi che regolano sonno e veglia
La regolazione dell’alternanza di sonno e veglia si articola su due livelli. Due sistemi biologici
distinti contribuiscono a stabilire quando ci si deve addormentare e quando ci si deve
svegliare. A valle di questi meccanismi di controllo, una complessa rete di centri nervosi e di
vie di stimolazione e inibizione “accende” e “spegne” varie parti del cervello per determinare
lo stato di veglia e di sonno.
Gli orologi biologici e l’omeostasi sonno/veglia
I due sistemi che determinano l’alternanza fra sonno e veglia, lavorando “in parallelo”, sono
denominati: ritmo circadiano, o processo C, e omeostasi sonno/veglia, o processo S. Il
processo C è un ciclo di regolazione che, nelle 24 ore, modifica i livelli di allerta. Esso, a sua
volta, dipende dal funzionamento dell’orologio biologico situato in un’area del cervello
denominata nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo. Al corretto funzionamento del ritmo
circadiano contribuisce la liberazione di melatonina. Le ricerche sull’orologio biologico
dell’organismo, che hanno fruttato nel 2017 il premio Nobel agli scienziati che le hanno
eseguite, hanno permesso di raccogliere molte altre informazioni. Ad esempio, si è rilevato
che, facendo riferimento all’orologio biologico “centralizzato” del cervello, si regolano i singoli
orologi biologici presenti nelle cellule e che tutti questi sistemi sono influenzati da geni, che
possono determinare impostazioni che cambiano da una persona all’altra. È noto, infatti, che
ci sono individui che si svegliano presto senza difficoltà, addormentandosi altrettanto presto
alla sera, e altri che tendono a stare svegli fino a tardi, avendo comunque un sonno normale
e svegliandosi più tardi al mattino. I primi, nel linguaggio degli esperti del sonno, si
definiscono allodole e i secondi gufi, per associarli a specie di uccelli che sono,
rispettivamente, mattinieri e notturni. Avere un ritmo sonno/veglia “da allodola” o “da gufo”
dipende anche dalla programmazione genetica dell’orologio biologico, ma, nel tempo, ci può
essere un adattamento alle abitudini di vita. Il funzionamento del processo S potrebbe
essere paragonato a quello della clessidra. Infatti, esso prevede che, durante la veglia, si
accumulino molecole ipnogeniche, come succede con i granelli di sabbia che scendono
nella clessidra. Mano a mano che aumenta la concentrazione delle molecole ipnogeniche,
cresce progressivamente la tendenza ad addormentarsi, finché non si raggiunge un livello
che rende virtualmente impossibile mantenere lo stato di veglia. In condizioni normali, più
tempo si trascorre svegli, più sostanze ipnogeniche si liberano, più si rende necessario il
sonno. Durante la notte, si “gira la clessidra” vale a dire che le molecole ipnogeniche sono
smaltite e, dal momento in cui l’orologio biologico fa scattare la sveglia, si ricomincerà a
produrle.
I meccanismi di regolazione
Sulla base di quanto stabilito dai due sistemi sopra descritti, relativamente all’alternanza fra
veglia e sonno, una complessa rete di nuclei di neuroni e di vie di stimolazione e di inibizione
regola i passaggi dalla veglia al sonno e quelli fra i diversi stadi del sonno, “spegnendo” o
“accendendo” alcune aree del cervello. La liberazione, nel sistema nervoso centrale, di
mediatori come acetilcolina, dopamina, noradrenalina, serotonina, orexina e glutamina
contribuisce a promuovere la veglia e lo stesso effetto è stato attribuito, più di recente, alle
vie nervose attivate dal rilascio di istamina. Tali vie di stimolazione sono integrate fra loro e
ciascuna può compensare, entro certi limiti, le carenze di un’altra. Ad esempio, si è
osservato che, se le vie di stimolazione che usano le orexine vengono meno, o sono carenti,
come nella narcolessia, aumenta il numero dei neuroni che producono istamina, che sono in
grado, almeno in parte, di compensare la mancanza dell’effetto delle orexine sulla veglia.
L’insieme dei meccanismi basati sulla liberazione o sul’inibizione del rilascio dei mediatori
citati in precedenza, attua i passaggi dalla veglia al sonno e viceversa con un processo
definito a “flip/flop”, facendo riferimento al funzionamento di alcuni interruttori elettrici. Infatti,
ci si addormenta perché, contemporaneamente, sono inibite le vie che promuovono la veglia
e attivate quelle che inducono e modulano il sonno e ci si sveglia perché inibizioni e
attivazioni si invertono.
I sogni
In un sonno normale si sogna. I sogni si definiscono come un’esperienza soggettiva che si
può presentare in tutti gli stadi del sonno, anche se sono più frequenti durante il sonno REM.
I sogni normali mostrano relazioni con la vita vissuta in veglia, Anche se, una completa
definizione dei sogni non è ancora disponibile, sono state individuate alcune forme di sogno
considerate anormali, anche in base alla frequenza con cui si presentano. Si tratta di: incubi,
terrori, conversioni post-traumatiche e sogni lucidi. (3)
I farmaci di origine strettamente chimica agiscono inducendo un sonno tutt’altro che naturale
con effetti secondari non molto concordanti con ciò che effettivamente chi usa tali farmaci
volevano ottenere. Altresì l’uso di farmaci più naturali quali la Valeriana , la Passiflora o il
Biancospino inducono un sonno più fisiologico che quindi permettono poi di essere riposati e
pronti alle attività di ogni giorno con una risposta migliore di quello che si otterrebbe con
l’utilizzo di droghe sintetiche.
Uno studio d’efficacia nel trattamento dell’ansia moderata e leggera con l’utilizzo di una
associazione di Passiflora e Biancospino con in più del Salice Bianco (salix alba) (utilizzato
per l’insonnia specialmente giovanile) è oggigiorno in corso presso il servizio di salute
pubblica degli Stati Uniti d’America ed utilizza la scala Hamilton (HDR-S) per la valutazione
degli effetti.(vedi riquadro). ciò ci fa pensare che anche le più avanzate ricerche puntino ad un
utilizzo di mezzi naturali per il contrasto di patologie di una certa gravità.
La scala Hamilton Depression Rating Scale o HDR-S
E’ una scala che indaga 21 diverse aree che sono determinanti per la valutazione dello stato
depressivo del soggetto. Le aree sono: umore depresso, senso di colpa, idee di suicidio, insonnia
iniziale, insonnia intermedia, insonnia prolungata, lavoro e interessi, rallentamento di pensiero e
parole, agitazione, ansia di origine psichica, ansia di origine somatica, sintomi somatici
gastrointestinali, sintomi somatici generali, sintomi genitali, ipocondria, introspezione, perdita di
peso, variazione diurna della sintomatologia, depersonalizzazione, sintomatologia paranoide,
sintomatologia ossessiva. Ciascuna delle 21 aree rappresenta un singolo items della scala, ad
ognuno dei quali l’esaminatore, durante il colloquio, deve attribuire un punteggio che va da 1
(assente) a 5 (grave), o da 1 (assente) a 3 (chiaramente presente), a seconda degli items e della
gravità dei sintomi.
Successivamente, l’esaminatore attribuirà un valore complessivo ad ogni area indagata, utilizzando
un punteggio di 0 (assente), 1 (lieve), 2 (moderata), 3 (grave), o 4 (molto grave) punti. Il punteggio
totale, è calcolato sommando i punti (da 0 a 4), di ognuna delle 21 aree indagate. Il punteggio così
ottenuto, è indice di una possibile depressione se è compreso tra 10 e 15 punti, di una depressione
lieve se è compreso tra 16 e 25 punti, di depressione moderata se è compreso tra 26 e 28 punti, e
di depressione grave se è maggiore di 28 punti.
Il concetto di favorire un sonno riposante è assolutamente centrale nell’utilizzo di sostanze
naturali.
L’azione sedativa delle sostanze naturali è minore di quella che si ottiene da sostanze di
sintesi, migliorano però la qualità del sonno, rendendolo il più fisiologico possibile quindi
corroborante e produttivo, il vantaggio dell’utilizzo delle piante è quello di non influenzare
negativamente le fasi del sonno (ad esempio la fase REM).
Ricordano gli antichi che:
“Se la notte dormir sonno soave
Tu brami, usa frugale, e parca cena”
(Regola Sanitaria Salernitana – Sec. XI-XII).
Occorrerà quindi seguire anche alcune regole che introducano un’igiene del sonno.
Per igiene del sonno si intende limitare o eliminare l’uso delle sigarette o del fumo in genere
il caffè e tutte le droghe xantiniche , anche se si è dimostrato che l’assunzione serale di
cioccolato determina una liberazione di serotonina e di conseguenza dà un senso di
tranquillità che stimola il sonno, eliminare altresì gli alcolici ; l’abuso cronico di alcool determina
un risveglio precoce ,coricarsi ed alzarsi ad orari regolari, anche nel fine settimana e nei giorni
liberi dal lavoro, praticare una regolare attività fisica, ma non troppo tardi nella giornata, mai
dopo il tardo pomeriggio o l’inizio della sera, non fare del proprio letto un posto dove pensare
ai propri problemi (soprattutto se si hanno problemi a prender sonno) , piuttosto prima di
andare a letto dedicarsi a qualcosa di rilassante, come leggere un buon libro rilassante o
ascoltare della musica rilassante , sono quindi esclusi i libri di Ken Follett o Stephen King e
musica hard rock ma sono indicati quei testi che a seconda dei gusti inducano in pensieri privi
di emozioni negative, usare il letto solo per dormire , e non per guardare la televisione o per
mangiucchiare , cercare di limitare il sonno approssimativamente a otto ore, cercare di evitare
sonnellini durante il giorno, se altresì si rende necessario farlo nel primo pomeriggio e limitarlo
a non più di 30 minuti al giorno, mangiare ad orari regolari ,in persone che usano integratori
vitaminizzati occorre assumerli durante la mattinate , ed evitare l’assunzione delle stesse la
sera o la notte , in quanto determinano eccitazione, favorire l’illuminazione naturale e
soprattutto prima di andare a letto non sottoporsi a luci troppo intense che interferirebbero con
la naturale attività della melatonina , è altresì conciliante con il sonno l’uso di una bevanda
calda prima di recarsi al letto.
Le piante che prendiamo in esame sono la Passiflora Incarnata, il Crataegus Oxyacantha
(Biancospino, e la Valeriana Officinalis , queste utilizzate da sole od in associazione sono
utilizzate per sedare ed indurre il sonno:
La Passiflora Incarnata L.
Fu scoperta in Perù , fu N. Manardis a descriverla la prima volta nel 1569, Papa Paolo V ,
dopo averla ricevuta in omaggio , ne ordinò la coltivazione in Roma ,asserendo che la pianta
rappresentava la passione di Gesù . La passiflora simboleggia il fiore della passione , questo
perché il cerchio di fiori ricorda la corona di spine del Cristo, gli stili i chiodi , le foglie la lancia,
i viticci lo staffile. Si chiama incarnata perché il centro è porpora, mentre la periferia è viola
pallido. Si va al 1840 per la descrizione da parte del dr. l. Phares di Mississippi. degli effetti
sedativi della pianta , che altresì precisava che l’azione depressiva si manifestava a livello
della zona motrice del midollo spinale e che inoltre veniva stimolata l’attività respiratoria
Figura 1 passiflora Incarnata
Appartiene alla famiglia delle passifloracee, la droga è costituita da tutta la parte aerea , rami
fogliuti e fioriti e dal frutto che contiene alcaloidi -carbonilici del tipo dell’armano , armano,
armino, armolo, armanolo,pari allo 0,01 %, glucosidi cianogenetici ,(ginocardina) e costituenti
flavonoidici quali la vitexina, isovitexina ed altri (pari al 1,5 -3 %) . I frutti, ma attenzione non
quelli di varietà europee, possono essere consumati freschi e hanno caratteristiche diuretiche,
le foglie , raccolte in Maggio-Giugno ed i fiori secchi sono adoperati in infuso per l’azione
sedativa ed antispasmodica, attività utile contro l’insonnia.
E un ottimo sostitutivo della più conosciuta ed usata valeriana , naturalmente nell’utilizzo
occorre far attenzione nel caso di attività che richiedano una certa attenzione , è quindi
controindicata se l’utilizzatore deve manovrare macchinari di precisione o guidare veicoli.
Nonostante i numerosi studi non è stato possibile individuare i principi responsabili dell’attività,
alcuni autori hanno posto in evidenza , nelle radici della pianta , delle idrossicumarine
(umbrelliferone e scopoletina)e del maltolto , al quale si potrebbe attribuire una capacità
sedativa . Gli alcaloidi armanici, assieme ai flavonoidi avrebbero una azione spasmolitica,
utilizzabile, soprattutto a livello bronchiale. Ai flavonoidi è stata attribuita un azione sedativa
che si eserciterebbe , probabilmente , mediante una ingerenza con il metabolismo sia
dell’AMPc che del GMPc.
L’Isovitexina della Passiflora è, come la vitexina, un flavone glicoside dell’ apigenina ossia del
principio attivo che si trova soprattutto nelle foglie di camomilla e che agisce come
spasmolitico, sedativo e ansiolitico naturale. Questi flavoni hanno diversi effetti dovuti alle
interazioni con alcuni importanti enzima 5′-nucleotidasi, che idrolizzando l’AMP genera
adenosina, modulatore endogeno pleiotropico, l’aromatasi, enzima umano responsabile della
sintesi degli estrogeni (ormoni femminili); possiede inoltre effetto negativo sulla fosfolipasi A2,
enzima che scinde i lipidi di membrana per generare precursori di mediatori dell’infiammazione
come le prostaglandine;
Tra le preparazioni a base di Passiflora si possono annoverare:
Infusi:
utizzare due cucchiai da tè rasi di Passiflora per ogni tazza. Versare acqua bollente sopra
l’erba (circa 90°), coprirla e lasciare in infusione per 15 minuti. Filtrare e bere la sera prima di
coricarsi per una settimana; interrompere e riprendere dopo due – tre giorni.
Se si vuole addolcire la tisana si consiglia di utilizzare dolcificanti come il malto o, meglio
ancora, lo sciroppo di fiori di tarassaco, che coniuga alla dolcezza ottime proprietà depurative.
Tisane:
Tisana contro l’ansia
Passiflora fiori 40 parti
Biancospino 30 parti
Arancio fiori 30 part
In questo caso l’Arancio fiori non è adoperato per le qualità blandamente sedative ma come
abbellimento e profumazione della tisana stessa
Tisana del Prof. Piergiorgio Chiereghin
Passiflora fiori 10 parti
Valeriana radici 6 parti
Rosolaccio petali 4 parti
Camomilla fiori 4 parti
Lasciale in infusione per 15 minuti e bere quando è tiepida
Quando l’agitazione è eccessiva si può adoperare la seguente tisana:
Passiflora fiori 40 gr.
Biancospino Fiori e Valeriana Radice 30 gr.
lasciate macerare per 12 ore un cucchiaino di radice di Valeriana in una tazza d’acqua
calda, filtrate, riscaldate l’infuso e mettete a macerare la Passiflora e i fiori di
Biancospino ancora per qualche minuto.
Estratti preparati:
a) Estratto fluido (1gr.= 46 gtt) 0,2-0,6 gr pro dose (da 10 a 30 gtt) assunto a digiuno o
2 ore dopo i pasti
b) Estratto fluido per sciroppo (1 gr.= 30 gtt ) 0,2 – 0,6 gr. pro dose (da 6 a 20 gtt)
c) Estratto secco idroalcoolico (1 p. = 6 p. circa di droga) 0,05-0,1 gr. pro dose
d) Tintura al 20% di droga in alcool a 70° dose: 1 -3 gr. pro dose
e) Compresse di valeriana e passiflora (estratto secco di valeriana e passiflora ana cg. 5
per una compressa, 2-3 compresse pro dose più volte nelle 24 ore
Preparazioni usuali e formulazioni:
Tintura Madre di passiflora
Ingredienti: macerato idroalcolico passiflora, acqua, alcool.
20-30 gtt diluite in un pò d’acqua 2-3 volte al giorno
Tintura officinale
Estratto fluido Passiflora 20 gr. (1gr.= 46 gtt)
Alcool 60° 80 gr.
Dosi : 2- 5 gr. Pro die
Preparazioni e dosi: 20-40 gtt 2-3 volte/dì,per os o associata a camomilla forte da 30 a
50 gtt la sera prima di andare a dormire
Sciroppo
Estratto fluido Passiflora 5 gr. (1gr.= 46 gtt)
Sciroppo semplice F.U. 95 gr. (1 gr.= 30 gtt )
Dosi: a cucchiaini
Pozione sedativa
Estratto fluido Passiflora 8 gr. (1gr. = 46 gtt.)
Estratto fluido Biancospino 2 gr. (1 gr. = 42 gtt.)
Estratto fluido Giusquiamo 0,6 gr.(1 gr. = 51 gtt.)
Glicerina 40 gr.
Sciroppo di Arancio 40 gr.
Dosi: a cucchiaini
Raccomandazioni:
La Passiflora, alle dosi consigliate dagli specialisti, non ha controindicazioni e neanche effetti
collaterali; infine non presenta particolari interazioni con farmaci o psicofarmaci é da evitarne
per precauzione però l’uso in gravidanza o contemporaneamente all’assunzione di altri
farmaci ad azione sedativa, forti dosi possono però causare cefalea
E’ altresì una pianta che non va somministrata a bambini di età inferiore a 2-3 anni. Si
raccomanda di utilizzarla in quantità medicinali soltanto sotto stretto controllo medico. Se
dovessero subentrare disturbi come diarrea o disordini gastrici, è indispensabile ridurre le dosi
e interrompere il trattamento.
Se gli effetti indesiderati persistono, dopo due settimane di trattamento, è bene consultare il
medico. La durata della terapia fitoterapica dipende dal tipo d’insonnia di cui soffre il paziente.
In caso d’insonnia temporanea, la durata è breve, sempre fino alla guarigione del disturbo. In
caso d’insonnia cronica, la cura a base di passiflora è protratta anche per molti mesi perché
l’erba è ben tollerata dall’organismo.
Il Biancospino , Crataegus Oxyacantha L. Jacq.
Le tinture sono soluzioni alcoliche o idroalcoliche che generalmente contengono principi attivi di droghe
vegetali in concentrazioni relativamente basse.
Solitamente si preparano per macerazione o concentrazione oppure diluizione dei loro corrispondenti
estratti fluidi o estratti molli.
I titoli delle tinture sono generalmente 1:5 o 1:10. Questo rapporto viene ottenuto considerando come
punto di partenza il peso della pianta secca. Si preparano a partire dalla pianta fresca, si mette la droga a
macerare in alcol a titolo alcolico appropriato.
La macerazione in questa soluzione dura circa 21 giorni. La pianta fresca viene essiccata ed
opportunamente ridotta nelle dimensioni per agevolare il contatto con il solvente ed ottenere un preparato
il cui titolo tra acqua ed alcol abbia un rapporto 1:10.
Si lascia macerare il prodotto per almeno tre settimane, agitando il preparato regolarmente.
Nell’omeopatia le Tinture Madri costituiscono la materia prima per le successive diluizioni delle
preparazioni omeopatiche. La produzione delle Tinture Madri in Italia, è consentita solo nelle officine
farmaceutiche autorizzate, che si impegnano a rispettare rigorosamente le norme per il controllo della
qualità. Se opportunamente conservate in recipienti scuri e in luoghi freschi ed asciutti, le Tinture Madri
non hanno scadenza.
La Tintura Madre propriamente detta (o TM), in erboristeria è definita in due diverse maniere. Nel primo
caso la Tintura Madre (hannemanniana) è definita come il succo della pianta fresca estratto per spremitura
e stabilizzato con una soluzione etanolica (acqua ed etanolo), in quantità pari al perso del succo estratto.
In tal modo il rapporto tra sostanza estratta dalla pianta e soluzione etanolica è di 1:2. Il metodo
hannemanniano descritto in Farmacopea Omeopatica tedesca (H.A.B.) prevede anche la preparazione
delle TM per macerazione.
In relazione al tenore in umidità della pianta si identificano tre diversi metodi di estrazione per
macerazione. Nel secondo caso (di origine francese) la Tintura Madre viene definita come un estratto
idroalcolico che si ottiene tramite macerazione della pianta fresca o secca in un solvente alcolico.
In questo si distingue dalla tintura officinale che, invece, utilizza la pianta secca.
Figura 2 Biancospino
Appartiene alla famiglia delle rosacee
La droga è rappresentata dalle sommità fiorite, secondo alcuni autori solo dai corimbi dei fiori
(bianchi e non rosati) in boccio e con i petali ancora chiusi, la droga ha odore gradevole per
la presenza di una piccola quantità di olio essenziale, in particolare contenente aldeide
anisica. Tra i costituenti vanno considerati in primo luogo i flavonoidi : monomeri flavonoidici
(1-3% iperoside nei fiori,la Ramnosilvitexina, maggioritaria con Isovetexina e Vitexina nelle
foglie) e leucoproantocianidine monometriche, dimere e triere (1-3%)isolate dalle foglie e dai
frutti, a queste vanno aggiunti catechine, acidi fenolici, triterpeni pentaciclici ed ammine. La
presenza dei vari costituenti nei preparati è variabile dipendendo dalla specie, dall’epoca della
raccolta, dal tipo di estrazione. Questo fattore di eterogenicità è un fattore limitante nell’utilizzo
dei preparati. Il Biancospino aumenta il flusso coronario, aumenta la tolleranza de miocardio
nei riguardi dei deficit di ossigeno, ed anche la gittata cardiaca.
Il nome italiano è dovuto ai fiori bianchi ed Ai rami spinosi il nome latino Crataegus trae origine
dalle parole greche (Kratos) che significa forte e Oxyacantha Oχθυς (oxius) che significa
aguzzo e (axantha) che significa spina, è utilizzata per le azioni sedative fin dall’antichità,
nella mitologia romana la ninfa Carna era rappresentata con una fronda di Biancospino in
mano, agitando la quale scacciava gli spiriti del male e gli incubi dai sogni dei bambini, nonché
era considerata protettrice della casa. Nella tradizione Giudaico cristiana Giuseppe di
Arimatea vide fiorire il suo bastone piantato nella terra alla vigilia di Natale quale segno
premonitore di salvezza, secondo la leggenda medievale, Giuseppe di Arimatea era giunto
nel paese per nave nella zona, all’epoca inondata. Una volta sbarcato, Giuseppe avrebbe
piantato a terra il proprio bastone, che poco dopo fiorì miracolosamente dando vita al
Biancospino di Glastonbury, noto anche come la “Spina Santa”. La città sarebbe dunque
divenuta il luogo di nascita della cristianità nelle isole britanniche e, sempre secondo la
tradizione, sarebbe anche stato il luogo in cui fu ospitato il Graal una trentina di anni dopo la
morte di Gesù.
Figura 3 Giuseppe di Arimatea
La leggenda spiega in questo modo la presenza nell’area di un particolare ibrido, il
Biancospino per l’appunto, che fiorisce un paio di volte l’anno. L’otto di dicembre, nel giorno
dell’Immacolata Concezione, una spina della pianta viene tagliata per essere inviata alla
Regina, che la utilizza poi per ornare la tavola del pranzo di Natale. L’albero non è
naturalmente quello millenario della leggenda. La Spina Santa originale fu oggetto di numerosi
pellegrinaggi nel Medioevo, ma nel corso della Guerra civile inglese fu distrutta.
Le sue proprietà cardiovascolari sono note da tempo:secondo Yennings (1846) il Biancospino
avrebbe la proprietà di moderare l’attività cardiaca, diminuisce la velocità delle pulsazioni e
ristabilisce l’equilibrio fra pressione arteriosa e l’energia delle pulsazioni cardiache, Clement
(1898) considerò il biancospino un rimedio sovrano nell’angina pectoris e l’Huchard (1903) lo
ritenne utile in tutti i disturbi funzionali e nelle malattie organiche di cuore, casi in cui
contribuirebbe anche nel mantenimento dell’azione cardiotonica ottenuta con qualche dose di
digitale, Reilly (1910) lo considerò utile in alcune nevrosi cardiache e particolarmente indicato
come blando cardiotonico , nei casi di debolezza cardiaca e negli stati di eccitabilità con
marcata aritmia , casi in cui la digitale è mal tollerata. Leclerc (1910-1912- 1922) trovo che il
biancospino regolarizza l’attività cardiaca, abbassa la pressione arteriosa e diminuisce
l’eccitabilità del sistema nervoso. Egli ottenne buoni risultati terapeutici nelle turbe congestizie
della menopausa e negli arterosclerotici. Il cui eretismo cardiaco espone questi malati ad una
emotività eccessiva. In questi questo autore osservò inoltre ,diminuzione della pressione
arteriosa e dell’eretismo cardiovascolare con conseguente diminuzione o scomparsa della
dispnea, dell’insonnia, della cefalea e della sensazione di angoscia e di vertigine.tutto ciò è
riportato dal testo di Benigni, Capra e Cattorini (Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., Piante
medicinali: chimica farmacologica e terapia 1962) che riporta la conoscenza delle
caratteristiche farmacognomiche e farmacologiche del Biancospino in manoscritti del XIX e
del XX secolo con relativi allestimenti sperimentali su animali e sull’uomo.
Anche i più moderni studi dimostrano che il Biancospino provoca una vasodilatazione dei vasi
sanguigni addominali e soprattutto di quelli coronarici che portano il sangue al cuore, dovuta
a rilasciamento delle fibrocellule muscolari della parete dei vasi sanguigni, con aumento del
flusso sanguigno in queste zone del corpo. Riduce la frequenza cardiaca in modo sensibile e
potenzia l’azione della digitale sul cuore.
Inoltre i flavonoidi causano un dilatazione dei vasi sanguigni, che provoca una diminuzione
della pressione arteriosa.
E’ quindi utilissimo nell’angina pectoris, nelle nevrosi cardiache, negli stati di ipereccitabilità
con aritmie e nell’ipertensione arteriosa, specie se di origine nervosa.
Recentemente sono stati fatti alcuni studi clinici su pazienti con scompenso cardiaco
moderato, che hanno dimostrato che l’estratto secco titolato di biancospino può ridurre
efficacemente la frequenza cardiaca, il gonfiore alle caviglie e la pressione arteriosa,
evidenziando anche un’azione di potenziamento della forza contrattile del cuore e una
notevole riduzione dei sintomi di cui soffrono queste persone, senza la comparsa di alcun
effetto collaterale.
E’ altresì adoperato dalla Medicina Tradizionale Cinese : calma lo Shen e abbassa il fuoco,
tonifica il QI del cuore , distribuzione del sangue (disperde la stasi del sangue).
La Vitexina presente nel Biancospino è un flavonoide secondo alcune fonti non scientifiche
questa molecola incrementa la potenza del neurotrasmettitore inibitorio, GABA, provocando
di conseguenza sedazione.
Tra le preparazioni a base di Biancospino si possono annoverare:
Infuso:
un pizzico di fiori freschi o due di fiori secchi di biancospino e versatevi sopra mezzo litro di
acqua bollente. Lasciate macerare per una ventina di minuti, tenendo il contenitore coperto.
Potete rendere più mite il sapore della tisana con un pizzico di Melissa, oppure addolcire con
zucchero o miele.
Tisane:
Tisana calmante (Schauenberg-Paris )
Biancospino fiori e foglie
Lavanda fiori
Iperico sommità
Sambuco Fiori anaparti 20
Dosi : 3 cucchiaini da tè in infusione per 15 min. tre volte al dì.
Questa tisana può essere migliorata portando a 40 le parti di Biancospino ed eliminando il
sambuco il cui apporto aromatico può essere considerato molto scarso, magari utilizzare i fiori
d’arancio per migliorare l’aspetto.
Estratti preparati
a) Estratto fluido (1 gr. =42 gtt.) dosi: 0,60 -1,2 gr. Pro die
b) Estratto secco idroalcoolico (una parte =7 p. circa di droga) dosi: 0.09-0,2 pro die
c) Tintura al 20% di droga in alcool a 70° dosi: 3-6 gr. Pro die
Preparazioni usuali e formulazioni
Tintura Madre di biancospino
Ingredienti: macerato idroalcoolico di biancospino, acqua, alcool.
Modo d’uso: 20-30 gc diluite in un pò d’acqua 2-3 volte al giorno
Tintura officinale
Estratto fluido Biancospino 20 gr. (1 gr. =42 gtt.)
Alcool a 20° 80 gr.
Dosi: da 25 a 30 gtt pro dose die
Sciroppo
Estratto fluido Biancospino 5 gr. (1 gr. = 42 gtt.)
Sciroppo semplice F.U. 95 gr.
Dosi a cucchiaini
Pozione sedativa
Estratto fluido Biancospino 1,5 gr. (1 gr. = 42 gtt.)
Estratto fluido Passiflora 1,5 gr. (1 gr. = 46 gtt.)
Estratto fluido Valeriana 8 gr. (1 gr. = 54 gtt.)
Estratto fluido Menta alcool-idrosolubile 2 gr. (1 gr. = 53 gtt.)
Sciroppo semplice 200 gr.
Dosi: un cucchiaio in un po’ di acqua
La menta in questa preparazione serve a migliorare il sapore ma occorre osservare
che la stessa menta ha un azione eccitante per il S.N.C.)
L’utilizzo degli estratti fluidi determina dopo un breve periodo un precipitato dei componenti ,
quindi si consiglia l’utilizzo della pozione in non più di 30 giorni
Raccomandazioni:
In mancanza di dati di tossicità riproduttiva, il biancospino non è consigliato in gravidanza e
durante l’allattamento. Tenere fuori dalla portata dei bambini al di sotto dei tre anni.
La Valeriana Valeriana officinalis L.,V. alternifolia, V. excelsa, V. sylvestris
Famiglia delle Verbanacee
Sinonimi popolari: Amantilla, Bosone, Erba gatta, Nardo selvatico.
La droga è costituita dal rizoma ,con le radici, la Valeriana officinalis L., è una pianta perenne
che cresce nei luoghi umidi, nei boschi e nei prati montani di tutta Italia.
L’età greco – romana conosceva già l’uso terapeutico della valerina , e forse Dioscoride fece
una delle prime descrizioni botaniche della pianta che utilizzava come emmenagogo,
analgesico, diuretico e come antidoto ai veleni. Nel XVI secolo Fabio Colonna e Domenico
Panaroli impiegarono la valeriana nel trattamento dell’epilessia. Nicola Andria, parlando di
Fabio Colonna, raccontava: <