POTENZIALITA’ DEL NUOVO FARMACO ANTI-COVID-19
Un comunicato congiunto EMA-HMA, rispettivamente l’agenzia per i Medicinali e la
rete dei capi dell’agenzie dei medicinali, è stato pubblicato di recente; con esso si è
voluto procedere all’avvio di una revisione sui dati disponibili del nuovo farmaco
Molnupiravir. Difatti, a causa della continua ascesa dei casi clinici covid-19, si
potrebbe verificare la necessità da parte delle autorità sanitarie nazionali, di
aggiungere ai protocolli terapeutici già in atto contro il covid, l’assunzione di questo
farmaco, prima della sua approvazione. Prima di procede al parere del Comitato per i
medicinali per uso umano (CHMP) dell’EMA, è possibile tuttavia fare il punto della
situazione su questo nuovo farmaco in base alle evidenze scientifiche.
Sappiamo che il meccanismo di sintesi del RNA virale SARS-CoV è molto
complesso, spesso differisce dai meccanismi canonici. Specificamente, esso possiede
un’alta frequenza di fusioni insolite che producono varianti virali. Il meccanismo
d’azione del Molnupiravir, sfrutta proprio queste conoscenze, per produrre
un’inibizione della replicazione virale tramite mutazione genica. Il fine è utilizzare le
conoscenze acquisite sui meccanismi virali allo scopo di bloccare l’elusione indotta
dal virus al sistema immunitario e ridurre la farmaco resistenza, arrestare così la sua
sopravvivenza e la sua capacità nel propagarsi.
Nello specifico, esso è un profarmaco isopropilenico dell’analogo nucleosidico -dN4-idrossicitidina (NHC o EIDD-1931) del ribonucleoside β-D-N4-hydroxycytidin
(NHC) trifosfato (MTP), denominato anche EIDD-2801 o MK-4482. Una volta
all’interno della cellula viene convertito in trifosfato NHC (MTP), che può essere
utilizzato dalla RNA polimerasi RNA dipendente virale (RdRp) di SARS-CoV-2
come substrato invece di citidina trifosfato (CTP) o uridina trifosfato (UTP). In studi
in vivo su topi immunodeficienti impiantati di solo polmone umano (LoM),
quest’ultimo una volta infettato, ha consentito lo studio in vivo di SARS-CoV,
MERS-CoV e SARS- CoV-2. Si è potuto riscontrare che il 5’trifosfato NHC agisce
come substrato competitivo per RdRp. In pratica si lega nella sequenza RNA al posto
della citidina trifosfato o uridina trifosfato, ne consegue che la sua incorporazione
crea una mutazione nel genoma RNA virale e che con il proseguire delle mutazioni
crea un blocco replicativo.
Si sono eseguiti diversi saggi, ad esempio di allungamento dell’RNA con uno scaffold
che ha consentito l’estensione dell’RNA di quattro nucleotidi (nt). Si è osservato che
l’incorporazione di Molnupiravir (M ) invece dell’affine base azotata citosina (C) o
uracile (U) non ha impedito l’incorporazione di tre nucleotidi successivi, anzi si è
arrivati ad incorporare fino ad 11 nucleotidi. Anche in questo caso, la RdRp ha
raggiunto la fine dello stampo quando l’uridina trifosfato (UTP) o la citidina trifosfato
(CTP) è stata sostituita da MTP, sebbene, ancora una volta, l’incorporazione di M
invece di U fosse meno efficiente dell’incorporazione di M invece di C. Questi
ulteriori risultati dimostrano che l’incorporazione di M nell’RNA nascente non
impedisce un nuovo allungamento dell’RNA.
Ciò ha posto la domanda su cosa possa succedere quando l’RNA contenente M viene
utilizzato come stampo in una seconda fase della sintesi dell’RNA. Da tale quesito si
sono susseguite una serie di risposte. Come prima fase, RdRp ha incorporato
frequentemente M invece di C o U quando ha utilizza l’RNA genomico a filamento
positivo (+gRNA) come modello per sintetizzare RNA genomico a filamento
negativo (-gRNA) e subgenomico ( −sgRNA). Quest’ultimo è necessario per la
formazione di proteine strutturali virali indispensabili al virus. In una seconda fase,
l’RNA contenente M risultante è stato possibile utilizzarlo come stampo per la sintesi
di +gRNA o mRNA subgenomico a filamento positivo (+sgmRNA). La presenza di
M nel -gRNA ha portato quindi a mutazioni nei prodotti di RNA a filamento positivo,
che non hanno supportato la formazione di nuovi virus, come previsto dal modello
matematico della “della catastrofe dell’errore”.
L’aspetto chiave del meccanismo di mutagenesi è la formazione di coppie di basi MG e M-A stabili nel centro attivo di RdRp. Gli esperimenti di fusione termica con
duplex di RNA contenenti coppie di basi MG o MA situati in posizioni terminali o
interne hanno mostrato stabilità del duplex di RNA simili che erano leggermente
inferiori rispetto ai duplex contenenti una coppia di basi CG. Dal punto di vista
chimico l’ammino-M tautomero forma una coppia di basi con G e l’imino-M
tautomero forma una coppia di basi con A.
Pertanto, NHC dirige l’incorporazione di G o A, portando a prodotti RNA mutati. La
stabilità delle coppie di basi spiega come la polimerasi sfugga alla correzione di
bozze e possa sintetizzare l’RNA mutato. Questo meccanismo di mutagenesi in due
fasi si applica probabilmente a varie polimerasi virali e può spiegare l’attività
antivirale ad ampio spettro di Molnupiravir.
Farmaci antivirali, spesso prendono di mira le polimerasi virali e funzionano come
analoghi nucleosidici che terminano l’allungamento della catena dell’RNA. Tuttavia,
tali antivirali che terminano la catena non sono generalmente efficaci contro SARSCoV-2 perché i coronavirus svolgono un’attività di correzione di bozze
esonucleolitica che può rimuovere i nucleotidi mal incorporati dall’estremità 3′
dell’RNA nascente.
Un meccanismo lievemente differente è quello dell’analogo nucleosidico Remdesivir,
il quale può eludere la correzione di bozze perché la sua incorporazione non
interrompe l’allungamento ma blocca RdRp dopo l’aggiunta di altri soli tre
nucleotidi. L’esposizione dell’estremità 3’ dell’RNA all’esonucleasi di correzione
induce l’arresto. Inoltre può essere assunto solo tramite infusione.
Remdesivir, è stato il primo farmaco approvato dalla FDA per il trattamento di
pazienti con COVID-19, sfugge alla correzione delle bozze dell’RNA virale perché
l’incorporazione di M e l’errata incorporazione diretta da M non sono
apparentemente riconosciute dall’esonucleasi virale, ma la sua efficacia è
controversa, sottolineando la necessità di sviluppare nuovi farmaci virali. Tale fuga
dalla correzione di bozze può anche essere dovuta alla stabilità delle coppie di basi
M-G e M-A, che si prevede non inducano o favoriscano il backtracking ( la tecnica
per trovare soluzioni tramite monitoraggio a ritroso) di RdRp.
In conclusione, si è dimostrato che Molnupiravir inibisce la replicazione di SARSCoV-2 nel tessuto polmonare umano, blocca la trasmissione di SARS-CoV-2 in vivo
e riduce l’RNA di SARS-CoV-2 nei pazienti. L’NHC può introdurre mutazioni
nell’RNA virale, come mostrato per il virus dell’encefalite equina venezuelana.
Questo modello potrebbe avere ottima applicabilità per il virus dell’epatite o per
RdRp del virus respiratorio sinciziale. Inoltre, la trascrittasi inversa del virus
dell’immunodeficienza umana può incorporare G o A di fronte all’NHC situato nel
modello. Pertanto, il modello di mutagenesi in due fasi che si basa sulle proprietà di
accoppiamento delle basi di NHC, spiega perché Molnupiravir esibisce attività
antivirale ad ampio spettro contro un’ampia varietà di virus a RNA.
Attualmente, studi di fase II e III, hanno dato esito di efficacia soddisfacente dopo
cinque giorni di terapia orale con Molnupiravir, nello specifico in due studi di fase II
(NCT04405739 e NCT 04405570). Esito valutato eliminando il virus nasofaringeo in
pazienti con COVID-19 precoce e lieve.
Si sono susseguiti altri due studi di fase II/III, NCT04575597 e NCT04575584, con
arruolamenti stimati rispettivamente di 1850 e 304 casi. Il primo studio, ha
recentemente riscontrato che Molnupiravir ha ridotto significativamente il rischio di
ospedalizzazione o morte negli adulti affetti da COVID-19 lieve o moderato. La Gran
Bretagna è stata la prima ad approvare dalla sua agenzia regolatoria (MHRA) l’uso
del Molnupiravir. In UE è ancora attesa l’autorizzazione.
Tuttavia per il beneficio della salute individuale e pubblica, è di pochi giorni fa, il
parere positivo dell’uso del Molnupiravir da parte del CHMP dell’EMA, il quale può
essere utilizzato per il trattamento di adulti con COVID-19 che non necessitano di
ossigenoterapia supplementare e che sono ad alto rischio di sviluppare la forma grave
della malattia. Deve essere somministrato il prima possibile dopo una diagnosi di
COVID-19 ed entro 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi. Il medicinale, disponibile in
capsule, deve essere assunto due volte al giorno per 5 giorni. In termini di sicurezza,
gli effetti indesiderati più comuni segnalati durante il trattamento ed entro 14 giorni
dall’ultima dose sono stati diarrea, nausea, vertigini e mal di testa, tutti lievi o
moderati. Non è raccomandato durante la gravidanza e nelle donne che possono
iniziare una gravidanza e che non utilizzano un metodo contraccettivo efficace. Le
donne che possono iniziare una gravidanza devono usare un metodo contraccettivo
efficace durante il trattamento e per 4 giorni dopo l’ultima dose. L’allattamento al
seno deve essere interrotto durante il trattamento e nei 4 giorni successivi
all’interruzione.
Questo poiché oltre all’elevata potenza antivirale dell’NHC, devono essere considerati
i potenziali rischi. Le RNA polimerasi dell’ospite possono utilizzare MTP come
substrato, e in effetti la RNA polimerasi mitocondriale dipendente dal DNA può
utilizzare EIDD-1931 e incorporare NHC monofosfato nell’RNA in vitro. Inoltre,
sono stati recentemente descritti possibili effetti mutageni di NHC nelle cellule di
mammifero, per questo motivo non deve essere assunto in donne in gravidanza o che
non assumano una contraccezione efficace.
Dott.ssa Caterina Tramontana
• COVID-19 : aggiornamento EMA-HMA su molnupiravir . ( 2021, 8 novembre)
Comunicato stampa EMA/629318/2021 (Media e Public Relations, HMA)
• EMA formula un parere sull’uso di Lagevrio (molnupiravir) per il trattamento di COVID-19
(19 novembre 2021) EMA/678504/2021
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• https://www.gov.uk/government/news/first-oral-antiviral-for-covid-19-lagevrio-molnupiravirapproved-by-mhra