Tossicologia della cute

Tossicologia della cute

 

Dott. PierGiulio Rossini

farmacista specializzato in farmacologia applicata

La cute, è una membrana continua che avvolge tutto il corpo,
connessa agli organi sottostanti dal tessuto connettivo
sottocutaneo.
La superficie della pelle presenta solchi superficiali e profondi,
pieghe e inoltre gli orifizi di sbocco delle ghiandole sudoripare
e dei follicoli piliferi, la cute o pelle è formata da tre strati
distinti: l’epidermide il derma e lo strato sottocutaneo.
L’epidermide è a sua volta formata da diversi strati, il più
superficiale dei quali (strato corneo) è composto da cellule
piatte e prive di nucleo. Queste sono ripiene di cheratina, una
sostanza complessa di natura proteica morte che protegge la
pelle. I cheratinociti vengono continuamente eliminate dalla
superficie della pelle e sostituite da uno strato di cellule basali,
detto stratum germinativum o organo di Malpighi. Il derma, di
natura connettivale, è formato da una rete di fibre collagene e
di fibre elastiche; contiene vasi sanguigni, nervi, globuli di
grasso, le ghiandole sudoripare e, alla base dei follicoli piliferi,
le ghiandole sebacee. La superficie di contatto tra l’epidermide
e il derma è molto irregolare ed è formata da una successione
di sporgenze digitiformi (papille), più piccole dove la pelle è
sottile e più lunghe sulle palme delle mani e sulle piante dei
piedi; qui le papille sono associate a creste epidermiche che
costituiscono le impronte digitali. Ogni papilla contiene
un’ansa capillare di vasi sanguigni o una terminazione nervosa
specializzata. Le anse vascolari, che riforniscono l’epidermide
delle necessarie sostanze nutritive, sono circa quattro volte più
concentrate delle papille nervose. Il colore della pelle varia in
base alla quantità del pigmento melanina depositato nei
melanociti, speciali cellule cutanee dalla forma stellata, che
dipende da fattori ereditari e dall’esposizione alla luce solare.

La pelle ha uno spessore variabile da 0,5 mm sulle palpebre a
4 mm o più sulle palme delle mani., sui tessuti più profondi
dell’organismo, contiene le terminazioni nervose responsabili,
ad esempio, della sensibilità tattile, termica e dolorosa.
Schema della cute
La cute comprende l’epidermide, composta da tessuto epiteliale pluristratificato,
e il sottostante derma, di natura connettivale. Lo strato più superficiale
dell’epitelio, o strato corneo, comprende cellule morte fortemente
cheratinizzate, cioè contenenti la proteina cheratina e che svolgono una
funzione protettiva. Nel derma si trovano i recettori sensoriali, le cui
terminazioni nervose sono responsabili della percezione degli stimoli pressori,
tattili e termici; i capillari sanguigni, che irrorano il tegumento; le ghiandole
sebacee, il cui secreto ha una funzione lubrificante; le ghiandole sudoripare
che, mediante la produzione di sudore, intervengono nella termoregolazione e
nell’escrezione di sostanze di rifiuto. Tipici annessi della pelle dei mammiferi
sono i peli, non omologhi delle squame dei pesci e delle penne degli uccelli,
inseriti nel derma e composti da cellule epiteliali; possono erigersi per azione
dei muscoli erettori, in tal modo limitando la dispersione del calore corporeo.
Nei mammiferi il tegumento contiene anche ghiandole odorifere, che elaborano
sostanze importanti per la comunicazione inter- e intraspecifica.
La cute o pelle ha sia lo scopo di difesa , e forma una barriera
protettiva contro l’azione degli agenti fisici, chimici e batterici.
La cute rappresenta un organo bersaglio per le reazioni
tossiche.

Più della metà di tutte le malattie professionali riguardano la
cute (BRD, 1985). Oltre a un elevato rischio di esposizione, il
numero relativamente elevato dei casi noti di malattia della
pelle (dermatosi) si basa in parte sul fatto che le modificazione
cutanee sono più facilmente riconoscibili degli altri sintomi di
un’intossicazione, come stanchezza o disturbi di stomaco.
Spesso essi si basano su una immunoreazione provocata dal
contatto quasi inevitabile con piccole quantità di allergeni.
Azioni che turbano l’integrità cutanea
Se una sostanza biologicamente attiva attraversa lo strato
corneo dell’epidermide, inizialmente la pelle reagisce con un
arrossamento e gonfiore, cioè con una irritazione locale. Per
irritazione prolungata e a concentrazioni sotto i valori soglia,
come spesso accade nella manipolazione di gesso, cemento,
alcali diluiti o solventi organici, possono svilupparsi
ispessimenti della pelle e vescichette, che eventualmente si
trasformano in croste ed escoriazioni. Queste modificazioni,
denominate eczemi da contatto, generalmente si riassorbano
per cessazione dell’esposizione. Tuttavia se un eczema dura
per lungo tempo, si arriva a una modificazione strutturale
permanente accompagnata da una diminuzione della capacità
funzionale.
Le basi, gli acidi, i sali di metalli e molti composti organici
possono provocare l’immediata morte cellulare e il
danneggiamento del tessuto colpito, cioè cauterizzazione e
irritazione. Lesioni di questo tipo vengono riparate a seconda
della gravita mediante la sostituzione completa dell’epitelio
danneggiato o mediante la produzione di tessuti cicatriziali. Gli
acidi precipitano molto efficacemente le proteine cellulari ed
extracellulari e in questo modo producono una barriera che

rallenta la loro penetrazione. A ciò possono aggiungersi
disidratazione e sviluppo di calore soprattutto nel caso di acidi
dello zolfo concentrati. Gli alcali invece idrolizzano i legami
peptidci delle proteine e portano a una solubilizzazione
progressiva dei tessuti. In seguito l’effetto degli alcali si
manifesta solo lentamente e ferite inizialmente leggere
possono comportare danni profondi dei tessuti e ulcere.
La cornea dell’occhio e particolarmente minacciata, perché
alterazioni nella parte connettivale, lo stroma, diminuiscono o
eliminano la trasparenza.
In questo modo la produzione di tessuti cicatriziali, processo
riparatorio desiderato in altri siti dell’organismo, porta alla
perdita della capacità visiva. Un offuscamento della cornea si
può presentare anche quando i vasi sanguigni periferici
cominciano a crescere in seguito a una irritazione da composti
chimici e raggiungono lo strema centrale.
La reazione allergica
A parte l’irritazione cutanea, le sostanze chimiche possono
causare allergie in seguito al contatto con la pelle o le mucose.
Lo sviluppo di una forma allergica è dipendente da alcuni
requisiti indispensabili. Un fattore essenziale è la
predisposizione individuale, che è prevalentemente
determinata geneticamente. Una circostanza supplementare
importante è l’estensione del danno al tessuto nel punto di
contatto con la sostanza chimica (infiammazione), che
favorisce la sensibilizzazione. Come conseguenza si
manifestano reazioni allergiche, che vengono identificate come
allergie da contatto. Per innescarle, le sostanze

potenzialmente allergeniche devono formare un legame
covalente con le proteine del siero e quelle dei tessuti. Il
complesso antigene così formato innesca la cascata della
risposta immunospecifìca. Dopo quattro o cinque giorni si
sviluppa una maggiore sensibilità verso la sostanza
complessante, il cosiddetto aptene, e per esposizione
rinnovata la pelle reagisce sul sito di contatto con
manifestazioni infiammatorie, che corrispondono a quelle di
una irritazione primitiva.
Alcuni apteni, come la formaldeide, sono di per sé
sufficientemente reattivi da formare un legame covalente con
le proteine. Altri, come gli idrocarburi aromatici, devono prima
essere trasformati per via enzimatica o fotochimica nelle
forme reattive.
L’importanza delle allergie da contatto è giustificata dalla
presenza, sia nel settore privato che in quello industriale, di
più di 1000 sostanze note che possono provocare una
reazione allergica cutanea. Inoltre il rischio è aumentato, in
quanto contemporaneamente può sussistere una maggiore
reattività verso sostanze e gruppi di sostanze affini, cioè una
sensibilità crociata.
Il potenziale di sensibilizzazione di una sostanza è anche di
importanza determinante.
Per prodotti con basso peso molecolare, questo potenziale
dipende dalle loro proprietà chimiche. Molecole di piccole
dimensioni sono di per se stesse incapaci di scatenare una
reazione del sistema immunitario. Diventano attive
immunologicamente dopo essersi legate a proteine endogene.
Una volta che l’organismo si è sensibilizzato verso una
determinata sostanza chimica, contatti ripetuti con tracce di

queste sostanze possono provocare reazioni allergiche che
interessano in particolar modo la pelle e l’apparato
respiratorio. Tipici sintomi sono: prurito, eczema, rinite e asma
bronchiale.
La reazione fototossica
L’esposizione al sole ed in particolare alle radiazioni UV nel
campo compreso tra 310 e 340 nm, comporta per l’organismo
umano dei rischi sia a breve termine, come le ustioni o la
riacutizzazione di herpes labiali,sia a lungo termine come
l’insorgenza di tumori o di danni oculari.
La luce solare si divide in tre diverse bande di radiazioni
ultraviolette , gli UVA (320 -400 nm), gli UVB (290 – 320 nm)
e gli UVC (< 290 nm).
Gli UVA hanno maggior lunghezza d’onda e stimolano
l’abbronzatura. Sono in grado di penetrare negli strati della
pelle e il loro coinvolgimento nel processo di
fotoinvecchiamento cutaneo potrebbe essere più rilevante di
quanto si pensasse in passato.
Come sito di attacco per i composti chimici la cute quindi si
distingue dagli altri organi in quanto e accessibile alla luce e
può diventare sito di reazioni fotochimiche. Le molecole
eccitate dall’energia luminosa possono reagire con materiale

biologico in differenti modi e avere effetto tossico: possono
formare legami covalenti ai componenti cellulari. Questo è il
caso del 8-metossipsoralene. che si lega alla base pirimidinica
del DNA e provoca alterazioni mutagene. Anche altri composti
chimici possono, sulla base di reazioni fotochimiche armare
legami covalenti con proteine e provocare la risposta
immunitaria descritta sopra.
Le molecole eccitate possono anche trasferire energia a
componenti cellulari e modificarli sia direttamente che
indirettamente, ad esempio per formazione di specie reattive
dell’ossigeno.
Le alterazioni cutanee provocate da reazioni fotochimiche
corrispondono essenzialmente alle dermatiti da contatto.
Le reazioni fotochimiche non vengono attivate solo dal le
sostanze che sono assorbite attraverso la cute, ma anche da
quelle che raggiungono la cute attraverso il sistema
circolatorio. Alcuni farmaci possono indurre uno stato di
particolare sensibilità nei confronti della luce solare per cui
l’esposizione al sole va assolutamente evitata in concomitanza
alla loro assunzione. Le tipiche reazioni di fotosensibilità che si
hanno in questi casi sono gli eritemi solari particolarmente
accentuati che compaiono dopo l’assunzione di questi
medicinali. Di queste ultime sostanze fanno parte una serie di
farmaci come fenotiazine, psoraleni, la griseofulvina, i
fluorochinoloni, sulfamidici e tetracicline, ma anche fitofarmaci
e prodotti di erboristeria possono scatenare reazioni di
fotosensibilità soprattutto se contenenti le curarine , ad
esempio il dong quai o l’ angelica sinensis.
Analogamente alla cute anche gli annessi cutanei, ad esempio
follicoli piliferi e ghiandole sebacee, vengono modificati e

danneggiati dai composti chimici in modo più o meno specifico
nella loro struttura e funzione. Spesso anche la pigmentazione
della cute viene danneggiata dai composti chimici.
La caduta dei peli
Le cellule dei follicoli piliferi possiedono una elevata capacità di
crescita, che e superata solo dal midollo osseo e dal tratto
gastrointestinale. Per questo motivo si deve prevedere un
disturbo della crescita dei peli in presenza di tutti i composti
che inibiscono la crescita cellulare. Questo riguarda ad
esempio i composti alchilanti o gli antimetaboliti che vengono
utilizzati nelle terapie tumorali. Anche i metalli pesanti possono
danneggiare la crescita dei peli. Infatti il tallio venne utilizzato
per decenni come sostanza depilatoria.
I capelli o la barba, a crescita veloce, sono maggiormente
colpiti dal disturbo della crescita dei peli, mentre le sopracciglia,
a crescita lenta, lo sono meno. Poiché la crescita
avviene nei follicoli piliferi e l’avanzamento dei peli verso la
superficie cutanea dura da 1 a 2 settimane, la caduta dei peli
inizia solo dopo questo lasso di tempo.
Una caduta massiccia di peli nella tossicologia industriale e
ambientale è un avvenimento raro. Spesso si manifesta un
danneggiamento minimo e progressivo che provoca la
comparsa di punti deboli nella crescita dei peli, i quali si
spezzano facilmente nel raggiungere la superficie cutanea e
appaiono come caduta dei peli. In pratica una caduta dei peli
considerevole avviene di rado e, poiché si manifesta con
notevole ritardo, è difficile attribuirla a singoli composti
chimici.

L’acne
II danneggiamene della struttura e della funzione delle ghiandole
sebacee dovuto a composti chimici porta al tipico quadro
clinico dell’acne. In una prima fase dell’acne si ha un
ispessimento dei canali delle ghiandole sebacee fino alla
completa ostruzione. In uno stadio successivo le ghiandole
sebacee si riempiono di cellule cornee e, sulla base di infezioni
batteriche secondarie, si sviluppano le antiestetiche pustole e
gli ascessi.
Per quanto riguarda le sostanze che provocano acne, si tratta
generalmente di composti aromatici alogenati o di prodotti
tecnici di materiali organici fossili .
L’acne provocata da composti aromatici alogenati può
manifestarsi già in seguito a una singola esposizione, dura per
anni e risponde con difficoltà alle terapie standard. Ad
esempio la contaminazione da 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-pdiossina
(TCDD), che si liberò con altri composti organici
clorurati nell’esplosione di un impianto di reazione a Seveso
nel 1976, ha provocato soprattutto nei bambini la formazione
di acne persistente negli anni. Poiché inizialmente i
clorocomposti venivano indicati come responsabili delle tipiche
modificazioni delle ghiandole sebacee, queste forme di acne
vennero identificate come cloracne .
Contrariamente ai composti aromatici alogenati non sono noti
singoli idrocarburi aromatici policiclici associati a casi di acne,
anche se a questo tipo di molecole viene attribuita la
formazione di acne. Molti prodotti derivati dal catrame e da oli
minerali utilizzati nelle industrie, come oli da taglio, lubrificanti
e per trafilatrici, oppure oli emulsionanti nelle lavorazioni
meccaniche e refrigeranti seni sintetici in miscele acquose che

possono venire a contatto con la cute, provocano una
irritazione più o meno forte delle ghiandole sebacee, che viene
identificata come acne da oli. Lo stesso consumo di prodotti
cosmetici costituiti da una base oleosa può provocare una
forma leggera acne. I meccanismi di formazione della cloracné
e dell’acne da oli non sono ancora noti.
I disturbi della pigmentazione
I composti chimici possono provocare in diversi modi un
cambiamento nella colorazione della pelle. Il caso più
frequente è un aumento della pigmentazione per
cicatrizzazione di danni cutanei lievi, come accade esposizione
a catrame o a sostanze fototossiche. Danni cutanei gravi,
legati alla perdita delle cellule pigmentale, manifestano con
una ipopigmentazione. Iper- e ipopigmentazioni non sono
specifiche di danni di tipo chimico ma si manifestano anche in
seguito a ferite meccaniche della pelle o a scottature e
congelamenti.
Una perdita di pigmenti specifica è provocata da composti che
appartengono al gruppo dei fenoli e dei catecoli .
L’idrochinone, ad esempio, è stato utilizzato per lungo tempo
per la depigmentazione. I composti che presentano un gruppo
alchilico in posizione para, con il monometiletere
dell’idrochinone, 4-idrossianisolo, o il p-ter-butilfenolo ,
possiedono una elevata attività depigmentante. Finora non è
stato possibile chiarire la causa dell’attacco selettivo alla
formazione di melanina. È notevole la grande somiglianza
strutturale dei composti con forte azione depigmentante con la
tirosina, precursore della melanina.

Un ulteriore caratteristica comune dei composti è che possono
formare radicali semichinonici liberi e innescare una
perossidazione lipidica. Una iperpigmentazione può essere
dovuta a una deposizione di composti chimici o di loro
metaboliti come pigmenti, oppure a una loro azione sulla
produzione di melanina. Cambiamenti di colore si presentano
soprattutto per assunzione di metalli pesanti come mercurio,
argento, bismuto e oro. La deposizione dei metalli o dei loro
sali avviene in forma di particelle più piccole, che si aggregano
a granelli più grossi con un diametro fino a 1 μm. A seconda
del tipo di metallo le particelle sono localizzate maggiormente
nella zona delle fibre collagene, nei macrofagi del derma, sulla
membrana basale dell’epidermide e sugli annessi cutanei o le
cellule parietali dei vasi sanguigni superficiali.
L’epidermide stessa rimane libera da accumuli di metalli.
Anche a livello macroscopico le deposizioni sono distribuite in
modo differente. Ad esempio l’argento decolora i siti
dell’epidermide esposti al sole, come anche la congiuntiva
degli occhi e le unghie. Un avvelenamento cronico da piombo
è riconoscibile per accumulo di solfuro di piombo sulla mucosa
del bordo gengivale, l’orletto gengivale di Burton, dal colore
da nero-grigio fino a blu scuro. Nello stesso sito si accumulano
bismuto e mercurio.
La preferenza del bordo gengivale sembra dovuta all’attività
metabolica dei batteri, insediati nella tasca gengivale, che
producono acido solfidrico. In ogni caso il piombo, che viene
eliminato in parte con la saliva nella cavità orale, viene
trasformato in solfuro di piombo. La causa della forte
decolorazione delle parti esposte alla luce per accumulo di
argento, l’argina, non è ancora stata chiarita. Oltre ai metalli

pesanti anche l’arsenico può accumularsi nella pelle e causare
, in particolare sul tronco , una colorazione bronzea.
Spesso la deposizione dei metalli è accompagnata e rafforzata
da una stimolazione della produzione di melanina.
I tumori della pelle
A partire dai diversi tipi cellulari della pelle si presentano le
forme tumorali più svariate con tutte le situazioni intermedie
da quello benigno fino a quello maligno. Spesso le neoplasie
partono dai tessuti epiteliali. È possibile l’intero spettro di
neoplasie, che va dalle verruche attraverso i tumori benigni
limitati nella loro crescita (ad esempio papilloma) fino al
carcinoma dell’epitelio pavimentoso, che cresce nei tessuti
sottocutanei con formazione di metastasi. I tumori (melanomi)
che partono dalle cellule pigmentale, i melanociti. si
distinguono per una crescita particolarmente aggressiva.
I tumori cutanei possono formarsi proprio dalle cellule della
frazione connettiva della pelle (fibroma, sarcoma). I tumori
esternamente molto appariscenti dei capillari (emangioma)
sono di minore importanza dal punto di vista tossicologico.
L’azione dei cancerogeni chimici sulla pelle è determinata dalla
capacità cutanea di attivare le sostanze esogene.
La pelle possiede le forme monoossigenasi citocromo P-450
dipendenti necessarie per l’attivazione di idrocarburi aromarici
policiclici precancerogeni . Le regioni cutanee che entrano in
contatto intenso con composti aromatici policiclici
potenzialmente cancerogeni, come le labbra dei fumatori di
pipa o le braccia dei lavoratori del catrame, sono colpite dal
tumore. Altre forme di citocromo P-450 che ossidano di

preferenza sostanze più idrofile e non planari. come le
nitrosamine, apparentemente non sono contenute nella pelle
oppure lo sono m quantità molto limitata. A causa della
limitata capacità di attivazione negli esperimenti su animali di
laboratorio la cute non e adatta come organo bersaglio per i
test generici di sostanze potenzialmente cancerogene.
I Farmaci
Un farmaco applicato sulla cute può arrecare : orticaria , rush
maculopapulare, eritema nodoso, eczema, eruzione
lichenoide, vasculite, Sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi
epidermica tossica nella zona di applicazione.
Pressoché tutte le preparazioni farmaceutiche possono essere
causa di dermatite allergica da contatto di farmaci. Antibiotici
come cloramenicolo e penicilline.
Tra gli antisettici, : composti organici del mercurio,
formaldeide, resorcinolo, parabeni e clorexidina. Tra gli
antimicotici: idrossichinolonici, nistatina, tolnaftato,
miconazolo.
Tra gli antistaminici (farmaci ad alto potere fotoallergizzante)
etilendiamina e fenotiazinici (prometazina). Tra gli anestetici:
benzocaina, ametocaina, procaina e dibucaina.
L’ orticaria , può essere dovuto a: IgE-dipendente (reazioni
anafilattiche) ,alla presenza di immunocomplessi circolanti ,
oppure alla attivazione non immunologica di sistemi effettori
(reazioni anafilattoidi) .

ERITEMA FISSO DA FARMACI
La psoriasi farmaco indotta può essere indotta da: Litio, betabloccanti
(anche applicati come colliri) , antimalarici , FANS ,
( fenilbutazone, ossifenilbutazone, diclofenac, ibuprofene e
salicilati). Altri farmaci implicati nel peggioramento di una
preesistente psoriasi sono: tetracicline, ampicillina, captopril
ed altri ACE – inibitori, clortalidone, clonidina, penicillamina,
trazodone, interferoni.
Forme particolarmente gravi di reazioni allergiche cutanee,
nelle quali sono coinvolte anche le mucose interne, si
manifestano con la sindrome di Lyell, che si presenta
raramente e la sindrome di Stevens-Johnson. Finora sono noti
come responsabili di queste temute reazioni allergiche,
accompagnate da formazione di bolle su ampie superfici e
distruzione dei tessuti, farmaci come penicillina, solfonamide ,
fenitoina, barbiturici e derivati del pirazolo. La sindrome di
Stevens-Johnson e la sindrome di Lyell, o necrolisi tossica
epidermica, sono entità cliniche tra loro correlate,
caratterizzate da eritema, lesioni bollose, con aree di distacco
dermo-epidermico e frequente interessamento delle mucose .

Le lesioni sono invariabilmente correlate all’uso di farmaci:
sulfamidici, oxicam, carbamazepina, fenitoina, acido valproico,
diclofenac, allopurinolo, cefalosporine, penicilline, chinolonici
sindrome di Stevens-Johnson
sindrome di Lyell, o necrolisi tossica epidermica

I Cosmetici
A differenza di ciò che normalmente si pensa anche i prodotti
cosmetici possono provocare, proprio come i farmaci,
l’insorgenza di numerose e, a volte, gravi reazioni avverse in
quanto essi contengono sostanze biologicamente attive. Ad
esempio la maggioranza dei cosmetici presenti sul mercato
contengono sostanze che, a lungo andare, sono nocive per
l’uomo perché si accumulano nei tessuti sottocutanei,
provocando l’insorgenza di allergie, irritazioni, dermatiti,
eczemi, ipercheratosi e, in certi casi, malattie di una notevole
gravità, quali intossicazioni, melanomi, acantosi
I cosmetici e la loro potenziale tossicità
Per “prodotti cosmetici” si intendono sostanze o preparazioni
che siano destinate ad essere applicate sulle labbra, sulle
unghie, sui capelli, sulla cute, sul sistema pilifero o sugli
organi genitali esterni. E ancora, sui denti e sulle mucose della
bocca, per pulirle, proteggerle, profumarle, tenerle in buono
stato, cambiandone l’aspetto o correggendo gli odori del
corpo. I cosmetici non possono definirsi “prodotti curativi”.
L’assorbimento attraverso la cute è più lento di quello che si
verifica attraverso altre vie, come quella orale, per esempio.
La quantità di sostanza assorbita è scarsa, visto che, di norma,
non più di 10-15 grammi di sostanza sono usati per una
applicazione su tutta la superficie del corpo, e che solo una
minima parte è assorbita. Le sostanze penetrano nel sangue.
Il metabolismo di ogni prodotto può poi diversificarsi, sia
quantitativamente che qualitativamente, da quello che si

realizza a seguito di una ingestione diretta. In passato, alcuni
componenti di cosmetici hanno provocato avvelenamenti
nell’uomo.
Ricordo il tallio, il piridinetione, lo zirconio, l’esaclorofene, il
tribromosalicilanilide. Ci sono prodotti di interesse cosmetico
che procurano rischi di tossicità, come il catrame (tossicità
genetica), il fenolo (tossicità sul rene), la resorcina (tossicità
sul rene, scatenamento di allergie), le amine aromatiche
(tossicità genetica, alterazioni a livello del sangue). I prodotti
cosmetici sono portatori di fattori di rischio che determinano
reazioni cutanee non volute, e ciò dipende dall’intensità del
contatto, dalla durata del contatto, dal luogo dell’applicazione,
dal PH del prodotto, dall’eventuale alto contenuto di
ingredienti volatili. Quando un prodotto cosmetico procura una
reazione negativa, che può manifestarsi attraverso
un’irritazione del tratto urinario, problemi respiratori,
cambiamenti nella struttura delle unghie e dei capelli,
cambiamenti nella colorazione della pelle, orticaria da
contatto, bruciore diffuso o localizzato, acne, allergia alla luce
o reazioni di tipo “intossicazione” se si entra in contatto con la
luce, irritazione oculare, della cute, sensibilizzazione di tipo
allergico nei confronti di prodotti, o comunque di sostanze con
le quali si entra normalmente in contatto.
Effetto tossico da valutare nei cosmetici
Irritazione dell’occhio
Test su animali Draize test oculare: la sostanza viene posta
nell’occhio dei conigli immobilizzati e viene lasciata per ore o

giorni, valutando l’infiammazione dell’iride e la distruzione
della cornea.
Metodo sostitutivo Test di Bettero: utilizza lacrime umane
in coltura.
Effetto tossico da valutare Irritazione della pelle
Test su animali Draize test cutaneo: come sopra, ma sulla
pelle tosata e/o scorticata. Si valuta l’irritazione provocata
dalla sostanza.
Metodo sostitutivo Skin 2: utilizza una speciale coltura di
pelle umana
Effetto tossico da valutare Corrosione della pelle
Test su animali Ancora il Draize test, ma si valuta, anziché
l’irritazione, la distruzione della pelle.
Metodo sostitutivo Corrositex: utilizza una speciale
membrana e rivelatori chimici.
Effetto tossico da valutare Fototossicità (interazione con la
luce e conseguenti effetti tossici)
Test su animali Valutazione di danni cellulari
Metodo sostitutivo Colture di tessuto per valutare le
reazioni e i danni
Effetto tossico da valutare Fotoirritazione (interazione con
la luce e conseguenti effetti irritanti)

Test su animali Valutazione delle irritazioni della pelle dopo
l’esposizione alla luce
Metodo sostitutivo Solatex PI: utilizza una speciale
membrana e indicatori chimici
Effetto tossico da valutare Assorbimento percutaneo
(azione di penetrazione nell’organismo)
Test su animali Valutazione, dopo l’uccisione dell’animale,
dell’accumulo nell’organismo a partire dall’applicazione sulla
pelle
Metodo sostitutivo Pelle umana in coltura
Solo uno dei test alternativi senza uso di animali è stato
validato dall’ECVAM, organismo Europeo designato a tale
scopo, dal 1992 al 2002: il Corrositex. Sono stati validati
anche altri metodi, che non usano animali vivi, ma usano
cellule di animali. Prevedono quindi una minor sofferenza per
l’animale, che non viene usato da vivo, ma ne prevedono
comunque l’uccisione. Inoltre, da un punto di vista scientifico,
questi test continuano ad avere lo stesso difetto di quelli “in
vivo” su animali: usano una specie diversa da quella target
(l’uomo) e quindi il risultato non è affidabile. Molto più sensato
e scientificamente valido sarebbe invece usate cellule e tessuti
umani.

I Tensioattivi
I tensioattivi anionici e i prodotti contenenti tensioattivi
sono stati testati per le loro proprietà sensibilizzanti da
numerosi laboratori senza individuare un significativo aumento
di rischio, ma è stato riportato un caso in cui un tensioattivo
anionico era stato sospettato di causare allergia da contatto.
Nel 1966, in Norvegia, dopo l’introduzione sul mercato di un
detersivo per piatti liquido contenente alchil etero solfati,
erano stati riscontrati parecchi casi di dermatite da contatto
nelle casalinghe.
Ch.Gloxhuber e A.P.Walker (22,23) dimostrarono che gli 1,3-
sultoni insaturi e i clorosultoni erano i responsabili di queste
reazioni allergiche e non i tensioattivi inizialmente accusati.
Questi composti sono noti per essere potenti allergeni e si
erano così formati dai prodotti durante lo sbiancamento degli
alchil etero solfati con l’ipoclorito.
In seguito con la modifica del processo di produzione questi
problemi furono risolti.
Per quel che riguarda i tensioattivi non ionici non esiste
alcuna prova sull’aumento del potenziale di sensibilizzazione.
Allo stesso modo si comportano la maggioranza dei
tensioattivi cationici,
sebbene alcuni, che sono capaci di formare complessi stabili
mediante la formazione di coppie ioniche con i gruppi anionici
delle proteine, si sono rivelati essere allergenici.
In generale, è stato stabilito che nessun aumento di rischio di
allergia per il consumatore origina dai tensioattivi che sono
presenti nei prodotti cosmetici.

Assorbimento percutaneo
L’esposizione più rilevante dell’uomo ai tensioattivi si verifica
attraverso la cute durante l’utilizzo di cosmetici e articoli da
toeletta. La cute viene in contatto con i tensioattivi anche
durante il lavaggio dei piatti e delle mani. Poiché questi
prodotti vengono usati ripetutamente, per lunghi periodi di
tempo, dovrebbero essere valutati i possibili effetti a lungo
termine. La misurazione dell’assorbimento percutaneo dei
tensioattivi è importante in quanto fornisce dati per il
tossicologo riguardo alla quantità di tensioattivi che, nel caso
più sfavorevole, potrebbe penetrare nell’organismo attraverso
la cute. Questa, insieme ad altre informazioni tossicologiche,
permette una valutazione concreta del rischio, nel momento in
cui questi composti vengono utilizzati.
Soltanto la preparazione di tensioattivi marcati
radioattivamente, consente di misurare esattamente
l’assorbimento percutaneo. L’introduzione di un marcatore
radioattivo nella molecola, consente una misurazione sensibile
della quantità assorbita attraverso la pelle, senza prendere in
considerazione gli effetti di un possibile metabolismo.
A causa della loro importanza economica, sono stati eseguiti
molti studi sui tensioattivi anionici; esistono, invece, meno
studi per le altre classi di tensioattivi.
Misurazioni “in vitro” dell’assorbimento percutaneo del
sodium dodecyl sulfate, mostrano un basso valore di
assorbimento per la cute del ratto come pure per la cute
umana. Il basso assorbimento cutaneo del sodium dodecyl
sulfate, può anche essere confermato in esperimenti con
ratti. Dopo l’applicazione di una soluzione acquosa allo 0,7%
di sodium dodecyl sulfate (tempo di contatto 15 minuti),

nel giro di 24 ore è stato misurato un assorbimento cutaneo di
0,26 microgrammi/cm2 .
C.Prottey,(20 ,21) è stato bravo nel dimostrare che il sodio
laurato, viene assorbito meglio del sodio laurato-3 solfato
che, a sua volta, è assorbito meglio del sodio dodecil
solfato.
Le condizioni ideali per un assorbimento percutaneo,
sembrano verificarsi per catene carboniose di lunghezza pari a
C12 per saponi e alchilsolfati. In un confronto diretto
sull’assorbimento percutaneo tra alchilsolfati e
alchiltrietilenglicoleterosolfati, con la stessa lunghezza della
catena carboniosa, gli alchiltrietilenglicoleterosolfati mostrano
un valore più elevato di assorbimento.
Riassumendo i risultati degli studi disponibili, si può
concludere che soltanto piccole quantità di tensioattivi
vengono assorbite attraverso la cute intatta degli animali
utilizzati negli esperimenti. Poiché la cute umana, in generale,
è meno permeabile ai composti chimici, la quantità di
tensioattivi assorbita attraverso la cute, nell’uso quotidiano, è
probabilmente anche più bassa.
Se l’epidermide viene rimossa completamente o parzialmente,
come ad esempio nel caso di una cute danneggiata, il grado di
assorbimento può aumentare considerevolmente.
Studi “in vitro” hanno dimostrato che i tensioattivi cationici
vengono assorbiti attraverso la cute in misura minore rispetto
ai tensioattivi anionici.
Il grado di assorbimento percutaneo è generalmente più
elevato per i tensioattivi non ionici rispetto ai tensioattivi
anionici o cationici.

Studi relativi all’assorbimento percutaneo di alchil
polietilenglicoleteri aventi struttura C12-(CH2-CH2-O)3H,
C12-(CH2-CH2-O)6H, C12-(CH2-CH2- O)10H, e C15-(CH2-
CH2-O)3H, sono stati eseguiti nelle abituali condizioni d’uso.
Le soluzioni acquose di tensioattivi applicate, sono state
risciacquate dopo 5 minuti di contatto con la pelle. In queste
condizioni, la penetrazione degli alchil polietilenglicoleteri,
è stata maggiore rispetto alla penetrazione degli analoghi
alcoolsolfati o alcooleterosolfati. La penetrazione
aumenta all’aumentare della lunghezza della catena di atomi
di carbonio.
L’assorbimento percutaneo diminuisce con la presenza di 6 o
più moli di ossido di etilene nella porzione etossilata. In
generale, si può concludere, in base all’esistenza di studi
sull’assorbimento percutaneo, che i tensioattivi non ionici
vengono generalmente assorbiti attraverso la cute in misura
più rilevante rispetto ai tensioattivi anionici o cationici.
Tuttavia, la percentuale di assorbimento percutaneo decresce,
ovviamente, con l’aumentare dei livelli di etossilazione.

TOSSICITA’ ACUTA DEI TENSIOATTIVI USATI IN
COSMETICA
L’uso molto diffuso dei tensioattivi nei prodotti di uso
quotidiano esige che le caratteristiche desiderate come pure
gli effetti indesiderati siano noti per poter individuare i possibili
rischi e prevenire eventuali danni per la salute umana.
Per capire gli effetti dei tensioattivi sull’organismo, sono stati
analizzati i loro più importanti effetti biochimici, che dipendono
dall’interazione della superficie degli agenti attivi con le

strutture biologiche fondamentali come le membrane, le
proteine e gli enzimi. Si è preso poi in considerazione gli effetti
locali dei tensioattivi: effetti riscontrati direttamente nel punto
di contatto con la superficie esterna del corpo, come
irritazione della pelle e delle mucose come pure allergie
dovute al contatto. In contrapposizione agli effetti locali, si è
descritto gli effetti sistemici e quindi le possibili reazioni che
insorgono dopo che le suddette sostanze vengono introdotte
nell’organismo mediante ingestione, penetrazione attraverso la
pelle, o inalazione.
In seguito vengono discusse le proprietà tossicocinetiche,
fornendo informazioni sul tipo e grado di assorbimento dei
tensioattivi da parte dell’organismo, il percorso metabolico e
l’eliminazione del tensioattivo. Illustriamo brevemente le varie
classi di tensioattivi: i tensioattivi, in generale, si possono
classificare come anionici, cationici, anfoteri e neutri (o non
ionici), a seconda della natura del gruppo idrofilo.
Tensioattivi anionici — i principali rappresentanti di questa
classe sono i saponi, cioè sali d’acidi carbossilici di tipo alcalino
o d’ammonio o dietanolammine (HOCH2CH2NH2). Negli ultimi
decenni, notevole importanza hanno assunto i tensioattivi
anionici aventi catene lipofile unite ai gruppi solfato (-OSO3-
alchilsolfati) e solfonico (-SO3- alchilsolfonati).
Tensioattivi cationici — costituiscono quella classe nota in
gergo col termine di saponi invertiti (perché, appunto, hanno
carica opposta a quella dei saponi “classici”). Si menzionano i
sali di alchilammonio, di piridinio, isochinolinio e altri con più
gruppi funzionali presenti e diversi radicali R legati
all’ammonio quaternario caricato +.

Tensioattivi anfoteri — questi composti sono costituiti da
una parte idrofila a struttura dipolare intramolecolare:
RN+H2R’COO-, (RCH2)(CH3)2N+CH2COO- ,
(RCH2)(CH3)2N+CH2SO3 -.
Tensioattivi neutri o non ionici — caratterizzati dal non
possedere alcuna carica, ma annoverano la presenza di siti
polari. La parte idrofila è qui rappresentata da una funzione o,
più spesso, un insieme di funzioni organiche di natura appunto
polare e la lipofila risulta, al solito, essenzialmente
idrocarburica.

PROPRIETA’ BIOCHIMICHE DEI TENSIOATTIVI.
I tensioattivi entrano in contatto diretto con il corpo durante le
operazioni di pulizia della pelle e interagiscono direttamente
con le sue cellule. Quando i tensioattivi vengono
accidentalmente ingeriti, è anche possibile un danno ai tessuti.
Il problema degli effetti sulle cellule e sui componenti cellulari
come membrane, proteine, ed enzimi è comunque anche
importante da un punto di vista tossicologico.
Interazioni con le Membrane.
Grazie alla loro capacità di poter essere assorbiti all’interfaccia,
i tensioattivi possono interagire con le membrane biologiche.
Queste interazioni dipendono dalla concentrazione del
tensioattivo e possono essere descritte con la seguente
sequenza.
Dapprima la molecola monomerica di tensioattivo viene
adsorbita sulla membrana.
Questo determina un cambiamento della permeabilità della
membrana per un basso rapporto tensioattivo/membrana e
porta invece a lisi cellulare per concentrazioni più elevate. Alla

pari per concentrazioni più alte di tensioattivo, la struttura
lamellare della membrana viene persa ed è solubilizzata.
Un’ulteriore aumento della concentrazione di tensioattivo porta
alla separazione dei fosfolipidi dalle proteine.
Questo permette alle molecole di tensioattivo di essere
adsorbite in regioni
della molecola proteica in precedenza nascoste. La formazione
di complessi micella/proteina sembra essere un requisito
indispensabile per la solubilizzazione delle proteine integrali di
membrana. Una significativa solubilizzazione di queste
proteine è possibile solo se viene superata la concentrazione
micellare critica,CMC. Come conseguenza di queste interazioni,
i tensioattivi sono in grado di influenzare il metabolismo dei
componenti di membrana. Ciò è stato dimostrato mediante
studi sulla pato-fisiologia dell’irritazione della pelle mediata dai
tensioattivi.
In vitro colture di cheratinociti hanno mostrato un aumento
del rilascio di metaboliti della colina dopo incubazione con
tensioattivi anionici. Questo effetto era meno pronunciato
dopo trattamento con tensioattivi non ionici.
In conclusione queste studi hanno dimostrato che il rilascio di
metaboliti è correlato con il potenziale di irritazione dei
tensioattivi.

Interazioni con le Proteine.
In correlazione con la struttura del tensioattivo, le interazioni
con le proteine possono essere polari o idrofobiche. Il legame
dei tensioattivi alle molecole proteiche è funzione della
concentrazione di tensioattivo libero in equilibrio con la
proteina. Il legame è influenzato dal pH, dalla temperatura e
dalla concentrazione ionica della soluzione. Questi fattori

possono portare a cambiamenti conformazionali delle proteine
e in tal modo aumentare o diminuire il numero di siti di
legame disponibili.
L’albumina bovina naturale, per esempio, ha per il decil
glucoside 10 siti di legame a 10°C e 13 a 25°C. Secondo la
teoria sviluppata da Jones, i tensioattivi adsorbono sulle
proteine in fasi di equilibrio multiplo.
Solo alcune molecole di tensioattivo (<10) si legano con alta
affinità ai siti di legame durante la prima parte del processo di
adsorbimento. Nel corso di questo processo, non viene indotto
nessun cambiamento conformazionale della proteina. Alcune
proteine idrosolubili come l’albumina di siero bovino, la
lipoproteina di siero ad alta densità, la ß-lactoglobulina, e la
piruvato ossidasi possono formare questo tipo di legame. Il
legame di più molecole di tensioattivo porta a cambiamenti
conformazionali nella proteina. È ovvio che cambiamenti
conformazionali permettono il legame di ulteriori molecole di
tensioattivo nelle regioni idrofobiche che precedentemente
non erano esposte.
In relazione alla loro diversa struttura chimica (anionica,
cationica, anfoterica o non ionica) i tensioattivi differiscono
significativamente per la loro capacità di creare legami
cooperativi e comunque essi si diversificano nella loro attività
biologica.
I tensioattivi anionici formano complessi di adsorbimento con
le proteine dovuti a interazioni polari e idrofobiche. Le
interazioni polari tra il gruppo idrofilico carico negativamente
del tensioattivo e i gruppi carichi positivamente delle molecole
proteiche sono una condizione necessaria per la formazione di
associazioni idrofobiche tra una molecola di tensioattivo e una

molecola proteica. Nel caso del dodecilsolfato e del
tetradecilsolfato il legame causa la denaturazione delle
proteine. Anche i tensioattivi cationici possono interagire
mediante legami polari e idrofobici.
Le interazioni polari portano alla formazione di legami di tipo
elettrostatico tra i gruppi carichi negativamente della molecola
proteica e quelli carichi positivamente della molecola di
tensioattivo.
Per esempio l’enzima, glucosio ossidasi, è inattivato
dall’esadeciltrimetilammonio bromuro attraverso la
formazione di una coppia ionica tra il tensioattivo cationico e
la catena laterale amino-acidica anionica dell’enzima.
I tensioattivi non ionici o anfoteri e le proteine non
mostrano affatto nessuna interazione o mostrano interazioni
che sono estremamente deboli e normalmente non rilevabili
nei limiti di sensibilità dei metodi analitici usati.
Un’importante conseguenza dovuta alle interazioni tra
tensioattivi anionici e proteine è l’edema dello strato corneo
della pelle. Le interazioni idrofobiche tra le catene del
tensioattivo e la proteina portano alla formazione di gruppi
testa ionica e conseguentemente edema a causa della
reciproca repulsione elettrostatica.
Così la matrice del substrato si espande e la struttura terziaria
viene distrutta, si ha idratazione, e conseguente tumefazione.
Interazioni con gli enzimi.
I tensioattivi che sono capaci di formare un gran numero di
legami cooperativi, come molti tensioattivi anionici e cationici,
inducono cambiamenti conformazionali nelle molecole

proteiche che portano generalmente a perdita dell’attività
biologica. Si sono considerati i seguenti meccanismi di
inattivazione dell’enzima da parte dei tensioattivi:
1. Rottura della struttura quaternaria dell’enzima quando la
proteina enzimatica consta di parecchie subunità.
2. Induzione di cambiamenti conformazionali nella struttura
terziaria o secondaria dell’enzima.
3. Separazione delle proteine enzimatiche dai lipidi essenziali
di membrana, nel caso di enzimi legati alla membrana.
4. Legame ai siti attivi dell’enzima.
Mentre l’effetto dei tensioattivi cationici sulle membrane è
paragonabile a quello dei tensioattivi anionici, molte proteine
sono chiaramente più resistenti alla denaturazione da parte
dei tensioattivi cationici.
Il legame del tetradeciltrimetilammonio cloruro con
l’albumina di siero bovino e con altre proteine è paragonabile
a quello del sodio dodecilsolfato. Comunque, il legame
cooperativo con conseguente denaturazione richiede una
concentrazione dieci volte maggiore di tensioattivo cationico.
La saturazione del complesso tensioattivo/proteina viene
ostacolata dalla formazione competitiva di micelle di
tensioattivo. Al contrario dell’effetto denaturante irreversibile
del sodio dodecilsolfato, l’effetto di alcuni tensioattivi cationici
sulle proteine è reversibile, ed è possibile, ad esempio, la loro
“rinaturazione”.

EFFETTI LOCALI.
Uno dei principali impieghi dei tensioattivi è nei prodotti
cosmetici. Durante questo utilizzo, il contatto intensivo con la

pelle è inevitabile o persino deliberato quando usato in modo
diretto. Inoltre non si può escludere il contatto con la
membrana della mucosa dell’occhio. Pertanto, l’aspetto della
compatibilità locale merita particolare attenzione nella
valutazione tossicologica dei tensioattivi usati nei prodotti
cosmetici.
Compatibilità con la pelle.
Gli effetti dannosi dei tensioattivi sulla pelle si manifestano con
secchezza, ruvidità e desquamazione. Inoltre, si possono
sviluppare i sintomi dell’infiammazione (arrossamento,
edema), che nei casi più gravi possono portare alla completa
distruzione del tessuto. Tutti questi sintomi sono una
conseguenza delle proprietà biochimiche descritte dei
tensioattivi. La pelle viene sgrassata per la capacità più o
meno marcata dei tensioattivi di emulsionare i lipidi,
rimovendo quindi parzialmente o completamente questi lipidi o
alterando la loro struttura macromolecolare. In particolar
modo la rimozione dei lipidi dello strato corneo porta ad una
alterazione della funzione barriera della pelle e
conseguentemente ad un aumento della permeabilità nei
confronti di sostanze chimiche e alla perdita di acqua.
Un metodo di valutazione della capacità di una sostanza di
irritare la cute umana è ancora una volta il Draize Test
cutaneo , che come abbiamo detto, consistente nell’applicare
la sostanza in esame sulla pelle depilata ed abrasa di animali
(in genere conigli o cavie) per poi valutare a distanza di tempo
l’irritazione provocata.
I tensioattivi anionici possono provocare edema della pelle
e di conseguenza, facilitano il trasporto di sostanze verso gli

strati inferiori della pelle dove possono essere stimolate
reazioni infiammatorie. La reazione dei tensioattivi con la
proteine disgrega le proteine dell’epidermide e porta alla loro
denaturazione.
Queste alterazioni nei componenti della matrice hanno effetto
sulla robustezza della pelle e, insieme alla delipidizzazione e
alla secchezza, sono una ulteriore causa dell’aumento della
ruvidità della cute.
Il volume di informazioni sulla compatibilità della pelle con i
tensioattivi origina da studi che utilizzano animali, in
particolare i conigli. Sicuramente, le informazioni più rilevanti
sulla loro compatibilità può essere derivata da studi
dermatologici con volontari dopo che è stata effettuata una
attenta valutazione sullo stato di salute. Questo tipo di studi
sono la metodologia di scelta per la valutazione della
compatibilità della pelle con i tensioattivi poiché vengono
eseguiti nelle normali condizioni di esposizione uso-correlate.
In contrasto con questo approccio sono gli studi relativi
all’irritazione della cute che utilizzano cavie animali allo scopo
di identificare e classificare i tensioattivi secondo normative
nazionali ed internazionali, come la Direttiva EC 67/548.
Questi studi vengono effettuati per individuare il potenziale
rischio di una sostanza chimica nel causare irritazione o
danneggiamento alla pelle in condizioni di test estremamente
severe, poiché danno preziose informazioni in caso di contatto
accidentale con sostanze pure (non diluite).
Queste condizioni portano frequentemente ad una
classificazione svantaggiosa, soprattutto per i tensioattivi.
Quando vengono interpretati i dati relativi a questi studi, è

importante considerare che sono implicate condizioninon
realistiche di esposizione.
Dal momento che i tensioattivi anionici hanno grande
importanza economica,sono i più studiati.
Opdyke,(26) per esempio ha trovato una potenziale
diminuzione dell’irritazione per gli alchileterosolfati con un
maggiore grado di etossilazione.
L’effetto dell’allungamento della catena alchilica nei tensioattivi
anionici, è stato analizzato in differenti campioni di test per i
saponi, gli alchilsolfati, gli alchilsolfonati e gli alchilbenzenisolfonati,
come pure per le a-olefine solfonate.
E’ possibile stabilire in ogni caso che composti con la catena
laterale satura di 10-12 atomi di carbonio esercitano un’azione
più marcata ed hanno il più alto potenziale di danno.
Quando vengono riassunti i tests di compatibilità sulla pelle
per le classi più importanti di tensioattivi anionici, risulta
evidente come i prodotti puri debbano essere considerati
come sostanze fortemente irritanti. Anche a concentrazioni del
10% ci si deve aspettare reazioni da moderate a forti. In ogni
caso, a concentrazioni inferiori all’1%, che è il range
corrispondente ai dosaggi normalmente utilizzati nei
detergenti, è stata osservata solo una leggera irritazione.
I tensioattivi non ionici hanno una buona compatibilità con
la pelle ai dosaggi comunemente utilizzati. Gli alchilfenoli
etossilati anche a concentrazioni superiori al 25%
determinano solo deboli reazioni sulla pelle. In particolare i
tensioattivi non ionici recentemente prodotti, di tipo
alchilpoliglucosidico, sono considerati molto delicati. Sebbene
siano stati riportati studi con gli alcoli etossilati in cui si era
riscontrato un forte effetto irritante, bisogna considerare che

in tali studi sono state utilizzate concentrazioni di gran lunga
superiori ai livelli di normale esposizione per i consumatori.
Indipendentemente dalla loro struttura i tensioattivi
cationici possono causare severi danni alla pelle a
concentrazioni elevate, mentre alle concentrazioni
normalmente usate per l’applicazione sono generalmente ben
tollerati.

Compatibilità con la Membrana delle Mucose.
La possibilità di contatto accidentale dei tensioattivi con gli
occhi durante l’utilizzo di prodotti cosmetici non può essere
trascurato. In ogni analisi sulla compatibilità con le mucose,
una in particolare deve essere considerata più delle altre: la
membrana della mucosa dell’occhio. Inoltre bisogna
considerare la mucosa della bocca, del tratto gastrointestinale
superiore ed inferiore come pure del tratto urogenitale.
In generale, gli effetti dei tensioattivi sulle mucose si basano
sugli stessi meccanismi che sono stati descritti nel paragrafo
sulla compatibilità con la pelle.
Particolari caratteristiche della fine struttura delle mucose,
come l’assenza di cheratina, porta ad una sensibilità
significativamente più elevata di questi tessuti verso le
sostanze chimiche.
Le sostanze irritanti che vengono a contatto con l’occhio
causano arrossamento dovuto all’aumento della circolazione
sanguigna nella congiuntiva, con vasodilatazione. Ciò può
infine portare a danneggiamento delle pareti cellulari
accompagnata da emorragia.
In relazione alla severità degli effetti, può aversi edema più o
meno marcato o la chiusura riflesso-indotta della palpebra,
seguita da lacrimazione e secrezione.

Se il grado di irritazione è basso, si sviluppa un danno
epiteliale della cornea che può essere visualizzato solo con
speciali tecniche (coloranti, microscopio con lampada a
fenditura) e che è generalmente reversibile. Nei casi più gravi
gli esiti portano a opacità irreversibile della cornea e perciò
inducono un indebolimento della vista.
Il metodo classico per la valutazione della compatibilità delle
sostanze chimiche con le mucose è il cosiddetto test Draize
che impiega l’occhio di coniglio.
Draize Test oculare: metodo di valutazione della capacità di
una sostanza di irritare i tessuti dell’occhio umano, consistente
nell’instillare la sostanza negli occhi dei conigli albini per poi
esaminare a distanza di vari giorni i danni che essa provoca ai
tessuti dell’occhio. Una relazione tra struttura ed attività con
particolare riferimento alla lunghezza delle catene alchiliche
dei tensioattivi anionici, riguardo alla compatibilità della pelle,
è stata anche messa in evidenza per la compatibilità con la
membrana delle mucose. Riguardo a ciò, il massimo grado di
irritazione si ha con lunghezze di catena di C10-14 come
esemplificato per gli n-alchilsulfonati.
Riguardo alla concentrazione limite dei tensioattivi anionici per
cui è possibile avere effetti indesiderati agli occhi, si può
affermare che la concentrazione più alta che è possibile
tollerare senza avere significativi effetti dannosi è certamente
al di sotto dell’1%. Secondo una studio, infatti, il livello più
basso testato che ancora mostrava qualche effetto avverso è
stato specificatamente l’1%.
Sebbene il potenziale di irritazione delle differenti classi di
tensioattivi si estende in un ampio range, si può concludere
che la compatibilità con la membrana delle mucose decresce

nel seguente ordine: tensioattivi non ionici > anionici >
cationici.

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