Azione farmacologica del CACAO

Il Theobroma cacao

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dott. PierGiulio Rossini

 

La teobromina o 3,7-dimetilxantina è un alcaloide che appartiene alla classe delle metilxantine. Presenta la seguente struttura chimica:

Il suo nime IUPAC è 3,7-dimetil-2,6-diossipurina; è un isomero della teofillina.

L teobromina si trova nella fave di cacao in maniera abbondante; essa è presente , in piccole quantità anche nel guaranà , nel tè , nel mate e nella cola.

Effetti biologici della teobromina

La teobromina ha diversi effetti sull’organismo:

 

Meccanismo d’azione della teobromina

La teobromina presenta gli stessi meccanismi d’azione delle altre metilxantine , come la caffeina e la teofillina .

Il principale meccanismo d’azione della teobromina consiste nella sua capacità di inibire la fosfodiesterasi. La fosfodiesterasi è un enzima che degrada il cAMP. Più precisamente , la teobromina è un inibitore competitivo non selettivo della fosfodiesterasi. L’effetto della teobromina sull’enzima determina un aumento della concentrazione intracellulare di cAMP.Il cAMP, quindi svolge alcuni effetti:

Oltre all’inibizione della fosfodiesterasi , la teobromina può agire da antagonista non selettivo del recettore dell’adenosina, inibendo le isoforme  A1, A2A, A2B e A3 del recettore.

L’interazione della teobromina con i recettori dell’adenosina è responsabile degli effetti della metilxantina sul cuore.

Farmacocinetica della teobromina

La teobromina subisce prevalentemente il metabolismo epatico. Le reazioni più frequenti consistono nella demetilazione a livello dell’atomo di azoto e nell’ossidazione. Gli enzimi maggiormente coinvolti nel metabolismo della teobromina sono le isoforme CYP1A2 e CYP2E1 del citocromo P450.

Il principale metabolita della teobromina è la xantina che viene successivamente convertita in acido metilurico. Il 10% della dose di teobromina viene escreto senza subire metabolismo . la teobromina ha una emivita di circa 7 ore. La teobromina nell’organismo può derivare anche dal metabolismo della caffeina. Infatti ,il 12% di una dose di caffeina viene convertito nel fegato in teobromina.

Il “cibo degli dei”: Theobroma cacao

Non sappiamo se anche a C. Linneo (o Linnaeus) piacesse in modo particolare il cioccolato quando, nel 1735, assegnò a questa pianta il termine scientifico: “Theobroma cacao”, o se solo si riferisse alla storia, ai miti e alle leggende che ruotavano intorno al cacao e che, secondo gli Aztechi, era stato donato agli uomini dal dio Quetzalcóatl.

Il cacao, e il cioccolato che è il suo principale derivato, sono per quasi tutti noi una piacevole abitudine alimentare: il consumo di cioccolato ha raggiunto in Italia le 180 mila T., oltre 3 Kg pro capite all’anno. L’intero settore del cacao è caratterizzato da un alto grado di concentrazione: tre paesi rappresentano l’85% delle esportazioni di cacao: Costa D’Avorio 1,3 milioni di T. (35% della produzione mondiale) Ghana 800 mila T. e Nigeria 400 mila T.
Il cacao è un prodotto importante nel commercio mondiale, essenziale per la vita di più di 14 milioni di piccoli produttori di paesi poveri e determinante per l’economia di alcuni paesi africani in via di sviluppo, dove muove forti interessi tanto da essere causa di conflitti interni, come è successo nel 2011 in Costa D’Avorio. Il giro d’affari del cacao è di circa 7 miliardi di €, mentre quello del cioccolato supera i 150 miliardi di €. Nell’arco di dieci anni, la domanda di semi di cacao (spinta dalla domanda di cioccolata) è cresciuta fino ad arrivare a 2,8 milioni di tonnellate l’anno e dal 2007 ad oggi il prezzo dei semi di cacao è più che raddoppiato passando da 1,7 U$D a 3,5 U$D per chilogrammo: il prezzo del cioccolato è arrivato, per alcuni prodotti di alta gamma, a livelli che lo possono classificare tra i beni “di lusso”. Per il 2011/2012, nonostante la crisi finanziaria, si stima una crescita dei prezzi del cioccolato dell’ordine del 7-8%, mentre i prezzi dei semi di cacao sono leggermente calati.

Tra il mito e la storia

Pochi prodotti come il cacao racchiudono in se una storia antica tra mito e simbolismo e hanno avuto nel corso dei secoli una grande importanza sociale, religiosa, economica e, non da ultimo, gastronomica. Forse il primo europeo ad assaggiare il “cioccolato”, comunque dall’aspetto e sapore molto diverso dal cioccolato oggi in commercio, fu Colombo nel 1502, sulle coste del Nicaragua. Ma la storia inizia almeno 1000-1500 a.C., quando sulle coste del Messico gli Olmechi iniziano a coltivare e a utilizzare questa pianta. Il nome cacao deriverebbe da “kakawa”, parola di origine olmeca, e conservata successivamente dai Maya e dagli Aztechi, mentre la bevanda da esso ricavata veniva chiamata ““xocoatl”.
I semi della pianta, donata agli uomini secondo gli Aztechi dal dio Quetzalcóatl, venivano utilizzati non solo in campo alimentare, sotto forma di un liquido pastoso spesso abbinato al mais, ma anche in quello religioso, terapeutico ed economico. I chicchi di cacao erano sia un simbolo centrale nei riti religiosi che una sostanza curativa. I semi venivano utilizzati come moneta: per esempio, un seme valeva l’equivalente di quattro pannocchie di mais. In Centro America e in particolare in Messico il cacao è ancora oggi utilizzato tradizionalmente, oltre che sotto forma di cioccolato, in molti piatti tipici come per esempio il complicatissimo “mole pueblano” che è a base di pollo e cacao.
Gli spagnoli durante gli anni di conquista del Messico conobbero questa pianta, i semi e la bevanda da essi ricavata. Nel 1544 frati Domenicani, ritornati dal Messico portarono in Spagna una bevanda scura, pastosa, chiamata “xocoatl”, ottenuta dai semi del cacao, ma solo nel 1585, il primo carico di chicchi da Veracruz raggiunse Siviglia. La corte spagnola tenne il segreto gelosamente nascosto per un centinaio di anni: il gusto di questa bevanda si avvicinava a quello di una medicina e veniva impiegato per le proprietà medicinali quali stimolante, energizzante, afrodisiaco.
Sembra che il cacao/cioccolato non piacesse allo storico milanese Benzoni che nella sua “Historia del mondo nuovo” (1565) così presenta il cacao e la mistura da esso derivata: “Il cacauate è la lor moneta e la produce un albero non troppo grande” che “non vive se non in luogo calido, e ombroso, e se fosse toccato dal sole morirebbe… il suo frutto è a modo di mandorle, e nasce in certe zucche di grossezza e larghezza quasi come un cocomero… lo mettono al sole a sciugare, e quando lo vogliono bevere, in un testo lo fanno seccare al fuoco, e poi con le pietre… lo macinano, e messolo nelle sue tazze… a poco a poco distemperatolo con acqua, e alle volte con un poco del suo pepe, lo beono, il quale più pare beveraggio da porci che da huomini”.

 

Coltivazione del cacao

Famiglia: Sterculiácee (o Malvacee nella classificazione APG). Specie: Theobroma cacao L. La pianta del cacao è originaria dalla conca del Rio Orinoco in Venezuela e cresce e fruttifica quasi esclusivamente nella “Zona di Convergenza Inter-tropicale (ICZ)”, spingendosi fino ai 20°N (Cuba, Cina) e 24°S (Brasile). Si coltivano tre tipi di cacao: il Cacao criolloTheobroma cacao cacao, è il seme Maya, poco produttivo e delicato, di qualità pregiata, diffuso in America centrale; il Cacao forasteroTheobroma cacao sphaercarpum che è il più diffuso, con semi dal gusto forte e amaro. Robusto e molto produttivo, rappresenta oltre l’80-85% della produzione; Cacao Trinitario (ibrido dei primi due), con caratteristiche intermedie ai primi due.

L’albero del cacao fruttifica dopo i 3-4 anni, è sempreverde e raggiunge i 5-8 m. di altezza. Non sopporta temperature medie inferiori ai 21°C. La riproduzione sessuale è la più comune, con semi in vivaio e successivo trapianto, ma si riproduce facilmente anche per talee, innesti, propaggini, margotte. La densità varia da 800 a 1500 alberi per ha. Ha bisogno di ombra, soprattutto nei primi 4/5 anni e viene coltivato in associazione con alberi alti e frondosi. E’ sensibile alla scarsità d’acqua ma anche all’annegamento e ha bisogno di suolo ricco in materia organica, profondo, franco-argilloso con buon drenaggio. Si fertilizza con fertilizzante organico e con N, P e K, anche se in quantità moderate: più della fertilizzazione sono importanti i trattamenti fitosanitari: è una pianta soggetta a molte malattie e attacchi di parassiti. La produzione di cacao biologico sta assumendo un‘importanza ogni giorno maggiore ed è appoggiata da progetti e programmi specifici e sostenuta dal fair trade. La pianta del cacao si adatta perfettamente alla foresta piovosa (rain forest) e, se coltivato secondo le buone pratiche agricole, permette una ottima conservazione del suolo e della foresta.

L’albero del cacao è caulifloria, con la produzione di fiori direttamente sul fusto e sui rami principali. La fioritura ha bisogno di temperature di almeno 25°C e i fiori piccoli e gialli, molto delicati, sono impollinati quasi esclusivamente da una sola specie di moscerini, della specie Forcipomyia. Solo 10 o 15 fiori restano sulla pianta e fruttificano. Una volta impollinato, il fiore diventa una bacca chiamata cabosso, dalla forma di una barbabietola, (o di una zucca, come dice Benzoni) del peso di 300/800 g. che contiene da 30 a 40 semi a forma di mandorla, circondati da una mucillagine. I frutti raggiungono la piena la maturazione in 5 o 6 mesi.

Raccolta

Si fanno due raccolti l’anno, esclusivamente a mano, ed è una operazione particolarmente delicata perché non devono essere danneggiati i cuscinetti sul fusto che producono i fiori. I cabossi vengono aperti immediatamente o dopo pochi giorni dalla raccolta, con molta cautela per non danneggiare i semi. Questa operazione, come le fasi successive di fermentazione e di essiccamento, devono essere svolte con molta attenzione perché determinano, in buona parte, la qualità finale del cacao.

Fermentazione dei semi

E’ una fase estremamente delicata nella quale si formano i precursori degli aromi e avvengono processi chimico/enzimatici che definiscono le qualità del prodotto. La fermentazione, in cassoni, dura 5 o 6 giorni e la temperatura di fermentazione si assesta sui 45-50°C, in condizioni aerobiche: si produce CO2 e alcool che si ossida in acido acetico, si inattiva la capacità di germogliazione del seme e si ha un l’ossidazione dei polifenoli e altri componenti complessi con la formazione dei precursori d’aroma. La polpa e le mucillagini si liquefanno e vengono eliminate.

Essicazione

Dopo la fermentazione i semi contengono il 40-50% di umidità che deve essere ridotta al 6-8% per l’immagazzinaggio. L’essicazione viene fatta stendendo i semi al sole, rimovendoli periodicamente, per una o due settimane. Si utilizzano anche sistemi di essicazione artificiale che accorciano sensibilmente i tempi, ma hanno un costo molto più alto.

Rendimenti

Sono necessari 15/20 cabossi per ottenere 1 Kg di semi secchi e poiché si producono circa 30/40 cabossi per pianta, con 800/1500 piante per ha il rendimento che si ottiene varia tra i 600 Kg/ha fino a 1,5 T/ha in piantagioni industriali.

Commercializzazione e mercato

I paesi produttori esportano i semi essiccati. Il prezzo di questa commodity è negoziato a livello internazionale nelle borse di Londra, London International Financial Futures Exchange (LIFFE) e New York, New York Board of Trade (NYBOT). Le quattro maggiori compagnie commerciali sono l’inglese Ed&F Man Cocoa, le francesi Gepro e Tuoton e l’americana Fimat. La più importante organizzazione mondiale per il cacao è l’International Cocoa Organization (ICCO), che raggruppa 28 paesi, di cui 10 sono esportatori e gli altri 18 sono paesi importatori. L’ICCO rappresenta il 75% della produzione mondiale di cacao e circa il 60% del consumo. Il mandato dell’ICCO è di favorire un’economia del cacao sostenibile e mantenere accettabili i prezzi alla produzione: questi obiettivi sono contradditori rispetto a quelli dei paesi importatori e si giunge spesso a una paralizzazione paralisi dell’ICCO.

Processo e ciclo industriale per la produzione del cioccolato

La prima operazione è la tostatura (o torrefazione) dei semi, con temperatura e tempi variabili in funzione del prodotto che si vuole ottenere. Questa fase favorisce la formazione delle componenti aromatiche. Dopo la tostatura si esegue il processo di decorticazione e di degerminazione, seguita da una macinazione molto fine, e un riscaldamento della massa a una temperatura di 50-60°C. Si ottiene così la pasta o massa di cacao (detta anche liquore) con un contenuto in grassi tra il 50 e il 58%.

La pasta di cacao (liquore) si può utilizzare direttamente per preparare cioccolato, con l’aggiunta di aromi e ingredienti vari, ma si ottiene un prodotto granuloso. Più frequentemente si procede all’ estrazione del burro di cacao per mezzo di un processo di pressatura a caldo della massa. Si ottengono cosi due prodotti: il burro di cacao (il grasso) e i pannelli di cacao che, privati del grasso residuo, vengono macinati finemente per ottenere il cacao in polvere.

L’estrazione del burro di cacao, e il concaggio, sono le due operazioni che hanno rivoluzionato il modo di produrre cioccolato e hanno permesso di ottenere un prodotto di altissima qualità. Il burro di cacao contiene Acido palmitico (24,4%-26,2%), Acido stearico (34,4%-35,4%), Acido oleico (37,7%-38,1%) e Acido linoleico (2,1%). Oltre a veicolare gli intensi aromi specifici liposolubili del cacao, il burro di cacao ha caratteristiche peculiari: solidifica sotto i 20°C e fonde alla temperatura presente nel cavo orale, è morbido ma friabile e soprattutto è polimorfo cioè assume fino a sei diverse forme cristalline a seconda di come lo si riscalda e poi lo si raffredda: in particolare nella forma cristallina β fonde a 34-35°C, cioè “si scioglie in bocca”.
La pasta di cacao e il burro di cacao, da soli o in diverse combinazioni, sono addizionati con altri componenti, come ad esempio zucchero, latte, emulsionanti, lecitine, nocciole, ecc. Questa miscela è sottoposta al processo di raffinazione detto “concaggio”, operazione che per il cioccolato di alta qualità può durare più di 70 ore. Avviene in “conche” dove l’impasto viene rimescolato lentamente a temperature di 40°C, favorendo lo sviluppo degli aromi e l’inversione dello zucchero. La fase successiva di lavorazione si chiama “temperaggio” e consiste nel raffreddare il cioccolato a 28°C per poi rialzarlo a 31°C. Questo passaggio modifica la forma di cristallizzazione del burro di cacao nella forma β prima citata.

Tipi di cioccolato

La legislazione regola in modo molto stretto le percentuali degli ingredienti di base e definisce vari tipi di cioccolato. I nomi (cioccolato al latte, extra fino, ecc.) hanno una precisa relazione con le percentuali degli ingredienti. Oltre al cioccolato classico (in cui la quota minima di cacao è il 35%), si distinguono altri tipi di cioccolato particolari: Cioccolato extra: la percentuale di cacao deve essere almeno il 45%, il burro di cacao il 28%. Cioccolato finissimo o superiore: la percentuale di cacao deve essere almeno il 43%. Cioccolato al latte: la sostanza secca derivante dal latte deve essere almeno del 14% e il saccarosio aggiunto non più del 55%. Cioccolato al latte con nocciole, la percentuale di cacao non deve essere inferiore al 25%. Cioccolato fondente deve contenerne il 35-45%. Cioccolato extra-fondente con un’alta percentuale di cacao che può arrivare fino al 70%.
Una normativa europea del 2003 permette la utilizzazione di grassi vegetali in misura del 5% addizionale alle percentuali minime di burro di cacao stabilite per ogni tipologia di cioccolato. Questa decisione ha suscitato molte polemiche in quanto danneggia i paesi esportatori e può creare una concorrenza sleale con i piccoli artigiani che puntano sulla qualità e sulla forma di produzione tradizionale. Per offrire una forma di protezione ai produttori di cioccolato senza aggiunta di grassi vegetali, l’Italia si era dotata di una etichetta con la dizione “cioccolato puro”: dal 2011 l’Unione Europea ha obbligato l’Italia a uniformarsi alla etichettatura europea e questa dizione non può più essere utilizzata.

Perché “piace” il cioccolato. Principi attivi del cacao

Sicuramente il segreto della “bontà” del cioccolato risiede negli aromi e nei profumi, veicolati dal burro di cacao, percepiti come particolarmente piacevoli dai consumatori così come il gusto dolce (per chi piace), o il gusto e gli aromi delle sostanze aggiunte. La “passione” e per alcuni la “dipendenza” dal cioccolato si nasconde tra i più di 850 componenti chimici tra i quali i più importanti sono la teobromina e la feniletilamina, sostanze che hanno leggere proprietà antidepressive ed euforizzanti. E’ dimostrato anche che il cioccolato agisce da catalizzatore facilitando la produzione di endorfine che stimolano le sensazioni di euforia.

Caratteristiche nutrizionali

Il cioccolato è un alimento molto calorico: in media 100 grammi di cioccolato fondente apporta circa 500 Kcal, mentre la stessa quantità di cioccolato al latte apporta circa 550 Kcal. La componente lipidica del cioccolato è rappresentata dal 32% di acidi grassi monoinsaturi e da un 58% di acidi grassi saturi: gran parte degli acidi grassi del cioccolato hanno un’azione metabolica positiva. Il cioccolato ha un bassissimo tenore di colesterolo: 1 mg ogni 100 grammi, ha basso contenuto di sodio, presenza di ferro maggiore rispetto alla carne rossa e alto contenuto di magnesio. Apporta inoltre fosforo, potassio e calcio.

Degustazione

Come per il vino, anche per il cioccolato ci sono delle regole e raccomandazioni per la degustazione. Tra i vari consigli si raccomanda di osservare il colore che dovrebbe essere rosso mogano-cannella brillante, senza patine bianche (affioramenti di burro di cacao) o grigiastre (affioramenti di zucchero) causate da una cattiva conservazione. Spezzando la tavoletta di cioccolato il suono deve essere netto e secco. Si dovranno poter identificare gli aromi caratteristici del cacao e un buon fondente deve avere un profumo deciso di cacao ed una sensazione vagamente vanigliata. Un cioccolato al latte deve essere vanigliato per essere poi seguito dal profumo di latte, quindi quello di cacao. Un cioccolato bianco deve avere un profumo delicatamente dolce di vaniglia e di latte.
Si consiglia di portare il cioccolato in bocca e masticarlo lentamente: un cioccolato di qualità deve sciogliersi rapidamente, non deve essere troppo dolce né troppo amaro né troppo acido, in bocca deve dare una sensazione vellutata. Per ogni tipo di cioccolato vi sono poi raccomandazioni specifiche. Come ultima raccomandazione: si consiglia la conservazione a una temperatura tra i 16 e i 18°C e non conservalo in frigo perché altri odori estranei potrebbero inquinare le caratteristiche aromatiche del cioccolato.

Cacao. Ecco perché e a cosa fa bene

Proprietà toniche e nervine. Ricco di principi nutritivi con proprietà antiossidanti, antimicrobiche e di protezione cardiovascolare. Il “cibo degli dei” e i suoi derivati, come dimostrato da studi scientifici, è dotato di proprietà salutistiche grazie soprattutto alla presenza di antiossidanti di natura fenolica

Non è un caso che sia stato definito il “cibo degli dei”. Sì, perché il cacao è un alimento dotato di proprietà toniche e nervine, ed è ricco di principi nutritivi con proprietà antiossidanti, antimicrobiche e di protezione cardiovascolare. Un ingrediente funzionale per la dieta moderna.
Negli ultimi anni il “cibo degli dei” e i suoi derivati sono stati oggetto di numerosi studi scientifici: ricerche che hanno dimostrato come il cacao sia dotato di proprietà salutistiche grazie soprattutto alla presenza di antiossidanti di natura fenolica. Gli alti contenuti di ferro, magnesio, fosforo, potassio, e calcio e la bassa presenza di sodio lo rendono anche una buona fonte di sali minerali per la dieta: caratteristiche che lo rendono un alimento particolarmente indicato nei soggetti che svolgono attività sportiva.

Cacao, un alimento funzionale per la dieta moderna.

 Il cacao in polvere, materia prima utilizzata dall’industria alimentare che arriva anche sulle nostre tavole, è una delle sostanze naturali più ricche di polifenoli (antiocianine, catechine, leucocianidine), antiossidanti in grado di combattere i radicali liberi e rallentare il processo di invecchiamento delle cellule e contiene anche sostanze stimolanti (teobromina) che agiscono a livello del sistema nervoso centrale (proprietà toniche e nervine che dipendono anch’esse dalla varietà di cacao e dalla percentuale contenuta nel prodotto finale).

Queste componenti, unite all’elevato contenuto di fibra (ben 29 g per 100 g di polvere di cacao) e alla ricchezza di magnesio (100 g di polvere di cacao ne contengono più del 100% del fabbisogno giornaliero), ne fanno quindi un alimento funzionale per la nostra dieta.

Nello specifico, numerosi studi di intervento dietetico negli uomini e negli animali hanno evidenziato che alimenti e bevande ricche in flavanoli (catechine presenti nel cacao) possano esercitare effetti cardioprotettivi, migliorando la funzione dell’endotelio, cruciale nella prevenzione del danno aterosclerotico alla parete delle arterie, rallentando l’ossidazione delle LDL, più conosciute come “colesterolo cattivo”. La presenza di magnesio riveste invece un particolare significato, specie in associazione con la 2-feniletilamina, nel determinare i presunti effetti “antidepressivi” del cioccolato. Coinvolto nella trasmissione degli impulsi nervosi, contribuisce alla funzione nervosa e muscolare, alla riduzione della stanchezza e dell’affaticamento, svolgendo un ruolo fondamentale nel metabolismo energetico e nella sintesi proteica. Recenti studi in vitro hanno poi dimostrato proprietà antimicrobiche a livello orale dei polifenoli de cacao e sono anche in corso studi che saggiano l’attività antivirale di diversi composti del cacao.

E non è finita qui, come ha spiegato Vincenzo Fogliano, Food Quality & Design group della Wageningen University: “La componente insolubile del cacao è responsabile degli effetti benefici del cacao sul microbiota intestinale: proteine e polisaccaridi reagiscono tra di loro formando le melanoidine. Queste molecole sono potenti antiossidanti che proteggono il tratto gastro intestinale e verranno poi degradate dai batteri dell’intestino. I metaboliti bioattivi che si formano vengono assorbiti dal nostro organismo e contribuiscono ai benefici correlati al consumo di cacao e cioccolato”.

“Combinando accuratamente le fasi di fermentazione e tostatura è possibile ottenere una composizione dei polifenoli ottimale dal punto di vista sensoriale, non troppo astringenti, ma anche ideale per le proprietà sul sistema cardiovascolare. La reazione di Maillard (serie complessa di fenomeni che avviene durante un processo termico ad alta temperatura a seguito dell’interazione tra zuccheri e aminoacidi) durante la tostatura porta alla formazione di pirazine responsabili dell’aroma. Durante il concaggio è fondamentale che queste rimangano nel prodotto mentre acidi organici volatili vengano allontanati. In questo modo si ottiene un aroma di cacao pieno e senza difetti. Per questo motivo il concaggio deve essere lento e in condizioni strettamente controllate”.

Le componenti principali del cacao, e alcuni dei più significativi elementi secondari, si differenziano quindi sia in funzione della varietà e dell’origine geografica, sia della trasformazione a cui sono sottoposte. Il “panello” che viene a formarsi dopo la macinazione e pressatura delle fave di cacao tostate è, infatti, un semilavorato molto importante non solo per le sue caratteristiche organolettiche ma anche dal punto di vista nutrizionale: da questo si ottiene, infatti, dopo un processo di frantumazione e macinazione il cacao amaro in polvere, la materia prima utilizzata dall’industria alimentare.

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