In questo articolo prendiamo in considerazione il Dolore cronico benigno che in questi ultimi anni è diventato una malattia a largo impatto sociale sia per l’incidenza con cui si manifesta sia per la le fasce sociali più frequentemente colpite che sono quasi sempre quelle più deboli come gli anziani.
Il dolore cronico è diventato negli ultimi venti anni il nuovo problema emergente medico e sociale in tutto il mondo. In Europa i dati statistici sono molto allarmanti; in Italia al dato europeo, fino a qualche anno fa si aggiungeva la difficoltà del malato di dolore cronico di accedere alle cure. Il dolore cronico benigno se non trattato comporta depressione nel 21% dei casi, riduzione della capacità lavorativa nel 61% e perdita di giornate di lavoro perdita del lavoro nel 19%.
Il dolore è un fenomeno complesso, difficilmente semplificabile. A trasmettere al cervello la sensazione del dolore, attraverso il midollo spinale, sono dei sensori cutanei (recettori) che percepiscono anche le sensazioni di caldo, freddo, tatto, pressione.
Il dolore è un’esperienza spiacevole sensoriale ma soprattutto ed emozionale associata ad un danno tissutale reale o potenziale. Il dolore è un campanello di allarme che ci avverte che qualcosa non va nel nostro corpo. Può essere acuto, ad insorgenza improvvisa, oppure cronico, quando continua nel tempo.
Il dolore è una sensazione soggettiva, perché la sofferenza di ciascuno è influenzata da numerosi fattori individuali.
Per farla breve ognuno di noi interpreta il dolore sulla base della propria emotività e della propria esperienza personale anche culturale, etnica e sociale amplificando o riducendone la sua intensità
Numerose malattie, benigne e maligne, provocano dolore ed il dolore è uno tra i primi e più importanti sintomi di malattia.
Si può considerare il dolore acuto di fare da campanello di allarme che c’è qualcosa che non va. Questo è un dolore UTILE, che prima di essere trattato dovrà ricercare la causa che lo sta generando.
Tutti quei dolori causati invece da interventi chirurgici, procedure mediche, esami invasivi sempre più frequenti oggi, sono dolori inutili e come tali vanno trattati prima che insorgano in quanto prevedibili e preventivabili.
Il problema invece del dolore cronico esige un cambiamento completo di mentalità. Quando la condizione patologica che provoca il dolore è nota e in buona parte non aggredibile, quando il dolore è persistente nel tempo, quando la sua presenza continua instaura un circolo vizioso di depressione, ansia e altri disturbi emotivi, il dolore diviene allora una sindrome autonoma con pesante impatto sulla vita di relazione e sugli aspetti psicologici e sociali caratteristici della persona, il dolore assume connotati di sintomo INUTILE e va trattato nel modo più tempestivo e completo possibile. In questo senso, il dolore cronico non rappresenta solo una estensione temporale del dolore acuto, ma assume caratteristiche qualitative completamente diverse, che necessitano di un approccio mentale, culturale e professionale opposto. Diventa in poche parole una malattia nuova ed autonoma.
Il dolore cronico presente nelle malattie degenerative, neurologiche, oncologiche, specie nelle fasi avanzate e terminali di malattia, assume caratteristiche di dolore GLOBALE, ovvero di sofferenza personale che, trova nella propria causa, oltre che motivazioni fisiche, anche cause psicologiche e sociali.
“Il dolore è uno dei principali problemi sanitari mondiali. Se il dolore acuto può essere ragionevolmente considerato un sintomo di malattia o di trauma, il dolore cronico e ricorrente è un problema sanitario specifico, una malattia a pieno titolo”. World Health Organization
Il dolore cronico spesso precede una serie complessa di cambiamenti fisiologici e psicosociali, che sono una parte integrante del problema e che vanno ad aggiungersi ad una situazione già gravosa per il paziente. Questi problemi comprendono: 1. immobilità con conseguente deperimento dei muscoli, delle articolazioni, ecc.
2. depressione del sistema immunitario e aumentata suscettibilità alle malattie 3. disturbi del sonno 4. inappetenza e malnutrizione 5. dipendenza da farmaci 6. eccessiva dipendenza dalla famiglia o da altri addetti all’assistenza 7. abuso o uso non appropriato dei servizi sanitari 8. scarso rendimento sul lavoro o inabilità a lavorare, invalidità 9. isolamento da società e famiglia, chiusura in se stessi 10. ansia, paura 11. amarezza, frustrazione, depressione, suicidio
LE CIFRE RELATIVE AL DOLORE CRONICO IN EUROPA ED IN ITALIA
Il dolore cronico, secondo la più recente ed estesa indagine epidemiologica europea su 46.394 adulti, è un grave problema clinico e sociale. Il 19% degli intervistati aveva sofferto di dolore per oltre sei mesi nel corso dell’ultimo anno e, nel 34% di questi, il dolore raggiungeva i livelli più elevati di intensità. Il dolore comportava: depressione nel 21% dei casi, riduzione della capacità lavorativa nel 61% e perdita del lavoro nel 19%.
Nella realtà italiana questi dati, già di per sé preoccupanti, lo sono ancora di più, perché dallo stesso studio emerge che in Italia la percentuale di persone con dolore cronico raggiunge il 26%, un livello superato solo da Polonia (27%) e Norvegia (30%). Le dimensioni e la gravità del problema provano che il dolore cronico è di per sé una malattia di notevole impatto sociale.
Il dolore cronico è dovuto: nel 20 % dei casi a traumi, nel 25 % dei casi a dolore della colonna vertebrale (ernia del disco, cervico-brachialgia e lombosciatalgia) e nel 45 % dei casi ad artrosi degenerativa o artrite. Esiste, inoltre, il consistente problema del dolore cronico correlato al cancro, che è presente nel 50/90 per cento dei malati lungo l’intero corso della malattia tumorale. Nella maggior parte di queste condizioni la causa principale del dolore è un danno del sistema nervoso, definito dolore neuropatico.
Nell’indagine epidemiologica europea, gli intervistati lamentavano generale insoddisfazione per le cure ricevute: oltre la metà era stata curata con farmaci antinfiammatori, non adeguati per trattamenti prolungati ed inefficaci nel dolore neuropatico. Questi dati, che riflettono la nostra esperienza quotidiana, sono clinicamente ed eticamente inaccettabili. L’inadeguatezza delle cure, oltre che essere causa di insuccesso terapeutico, comporta un aggravio della spesa sanitaria per l’uso improprio delle risorse e per il controllo delle complicanze. Esistono, al contrario, farmaci e procedure indicati per il trattamento del dolore cronico e neuropatico. In generale, si evidenzia una grave lacuna culturale riguardo al problema del dolore cronico.
INCIDENZA E COSTI DEL DOLORE CRONICO
Oltre a causare indicibili sofferenze a milioni di pazienti di tutto il mondo, il dolore cronico lacera il tessuto sociale ed economico della nostra cultura. Non esistono a tutt’oggi dati precisi sull’influenza delle varie sindromi da dolore cronico e il relativo costo per la società.
Ma è noto come la lombo sciatalgia e la cefalea rappresentino la prima causa per perdita di giornate di lavoro. Tuttavia l’impatto del dolore cronico non deve essere esaminato soltanto in termini economici. Ma il dolore cronico mal curato ha un impatto ancora più pesante poiché sfocia nella depressione del paziente e nella sua inabilità o addirittura incapaci di svolgere i compiti più semplici. Inoltre i pazienti affetti da dolore cronico sono spesso soggetti a privazioni psicosociali e fisiche, compresa una nutrizione inadeguata con perdita di peso, una riduzione dell’attività, disturbi del sonno, isolamento sociale, problemi coniugali, disoccupazione e problemi finanziari, ansia, paura e depressione.
COSA SI STA FACENDO IN ITALIA
L’Italia è al terzo posto per incidenza del Dolore Cronico ma si colloca al penultimo posto in Europa per l’uso di farmaci oppioidi. E’ stata istituita una Commissione Ministeriale per il trattamento del Dolore Acuto e Cronico e Cure Palliative che ha tra i compiti principali l’elaborazione di progetti finalizzati a far interagire sul territorio istituzioni ospedaliere, medici di base, medici specialisti e associazioni di volontariato.
Per far innalzare in un paese il livello qualitativo della terapia del dolore, è necessario procedere su modelli organizzativi e sociali adeguati:
1. facilitare la disponibilità e la prescrivibilità dei farmaci antalgici, in particolare degli oppioidi per utilizzo terapeutico;
2. Approntare forme organizzative che consentano una continuità di intervento;
3. Favorire la formazione degli operatori sanitari in questo settore
4. Promuovere l’informazione divulgativa all’opinione pubblica.
5. Considerare il dolore cronico malattia sociale e fornirne risorse adeguate
PRINCIPALI CAUSE DI DOLORE CRONICO
Osteoartrite
Artrite reumatoide Lombalgia Cronica
Dolori delle spalle e del collo Cefalee- Emicrania
Altre Algie Facciali
Dolore neoplastico cronico
Sindromi da dolore delle fasce muscolari
Dolori post-toracotomici
Dolore neuropatico
Herpes zoster (fuoco di Sant’Antonio) e nevralgie poste-erpetiche
Nevralgie del trigemino Neuropatia diabetica
Dolori post-mastectomia
Dolori da arto fantasma.
Può essere difficile stabilire la causa scatenante di un dolore cronico, poiché può derivare da una serie di fattori. Il dolore può avere inizio da una malattia o trauma, ma persistere a causa di stress, problemi emotivi, cure sbagliate o segnali di dolore anomali e continui. È, inoltre, possibile che il dolore cronico si manifesti senza aver avuto traumi, malattie o addirittura senza alcuna causa nota. Vi è un numero di malattie specifiche spesso associate al dolore, fra le quali: diabete, problemi vascolari, herpes zoster e la maggioranza dei tipi di cancro. Spesso, il dolore cronico persiste nonostante le terapie riescano a tenere sotto controllo o addirittura a curare la malattia da cui ha origine il dolore stesso. A volte, entrambe le malattie possono perdurare per mesi o anni. Ma è un errore pensare che se la malattia che causa il dolore non può essere curata, non può esserlo neanche il dolore. Così come la cura della patologia originaria richiede spesso l’intervento dello specialista, anche il trattamento del dolore richiede l’intervento di uno specialista nella cura del dolore. Il dolore cronico può essere spesso causato da una o più patologie, o in alcuni casi essere di origine sconosciuta.
STRATEGIA TERAPEUTICA
La strategia terapeutica proposta dall’OMS per il trattamento del Dolore Cronico
deve porsi alcuni obiettivi sequenziali che possono essere schematizzati come segue:
aumento delle ore di sonno libere da dolore;
riduzione del dolore a riposo;
riduzione del dolore in posizione eretta o al movimento.
Di solito si parla di dolore cronico quando dura per più di sei mesi e senza che le cure mediche o chirurgiche del caso abbiano portato sollievo. Per stabilire la gravità dei sintomi, il medico effettuerà una valutazione del dolore per determinarne l’intensità, la distribuzione e l’impatto. Questi ed altri fattori sono altamente significativi per formulare una diagnosi.
Secondo molti Autori tale approccio terapeutico potrebbe essere indicato per tutti i tipi di dolore cronico, indipendentemente dall’evoluzione progressiva o meno della patologia di base.
L’OMS aveva molti anni fa sviluppato un sistema progressivo di trattamento analgesico denominato “Scala Analgesica a Tre Gradini”. Esso prevede l’utilizzo di tre categorie di farmaci: non oppioidi, oppioidi per il dolore lieve-moderato (una volta detti oppioidi deboli) ed oppioidi per il dolore moderato-severo (in passato chiamati oppioidi forti) con l’integrazione o meno di farmaci adiuvanti in ciascuno dei tre gradini e di terapie non farmacologiche: fisioterapiche, psicologiche e antalgiche invasive (infiltrazioni, neurolesioni, neuromodulazioni).
Mentre in passato si era sottolineato l’approccio progressivo e sequenziale nell’utilizzo dei farmaci dei tre gradini, oggi viene evidenziato come debba essere l’intensità del dolore, e non la sequenzialità dei gradini (né, tantomeno, la prognosi del paziente) a dettare il livello di farmaco con il quale iniziare un trattamento del dolore cronico.
Il suggerimento dell’OMS è quello di inserire la strategia terapeutica in un appropriato programma di assistenza continuativa in terapia antalgica e cure palliative.
OSTACOLI AL TRATTAMENTO ANTALGICO
Numerosi sono tuttavia gli ostacoli ad un corretto trattamento del dolore cronico sono stati identificati in:
Ostacoli dovuti al paziente
Ostacoli dovuti ai professionisti
Ostacoli dovuti alle istituzioni.
Gli Ostacoli dovuti al paziente :
riluttanza a riportare e descrivere il dolore;
riluttanza a seguire le prescrizioni di terapia
timore riguardo alla dipendenza
preoccupazione per effetti collaterali dei farmaci;
convinzione che il dolore sia una conseguenza inevitabile della malattia, con conseguente supina accettazione;
censura del dolore come segno di progressione della malattia;
timore di iniezioni, fleboclisi o manovre invasive.
Ostacoli dovuti ai professionisti :
incapacità dei medici a rilevare con metodo il dolore;
incapacità ad apprezzare l’entità del dolore
discrepanza fra la valutazione del medico e quella del paziente;
mancanza di conoscenza nella valutazione e nel trattamento del dolore
riaffermazione dei “falsi miti” concernenti la terapia con oppioidi;
confusione terminologica e concettuale fra: tolleranza, dipendenza fisica, dipendenza psicologica.
Gli Ostacoli dovuti alle istituzioni sono state descritti come:
mancanza di interesse dei governi a sviluppare una capillare organizzazione per la terapia del dolore;
mancanza di cultura della terapia del dolore e mancato utilizzo di strumenti validati di valutazione nelle cartelle cliniche;
mancanza di tempo dedicato;
mancanza di disponibilità dei farmaci essenziali;
restrizioni legali alla prescrizione dei farmaci oppioidi e difficoltoso approvvigionamento degli stessi;
paura di una possibile “tossico-dipendenza”, sia nei pazienti oncologici che nella popolazione in generale, qualora gli oppioidi forti fossero più disponibili per uso terapeutico;
mancanza di formazione accademica agli studenti e al personale sanitario.
Come distinguere i luoghi comuni dalla realtà Neanche il miglior medico può sapere cos’è il dolore fisico come coloro i quali ne sono vittime. Solo il paziente, infatti, può dire se la terapia alla quale è sottoposto è efficace o meno nel controllare il dolore. Ed è per questo che, quando la terapia del dolore non sta dando il sollievo necessario, è importante parlarne con un medico, un infermiere e i familiari. Non bisogna avere timore di parlare del problema.
Annotare in un diario l’esperienza personale, è un modo per ricordare dettagli importanti che possono tornare utili nel dialogo con il medico.
Per poter tenere sotto controllo il dolore, è necessario affrontare il problema senza alcun timore. Molte persone non cercano alcun sollievo contro il dolore o evitano di parlarne col medico.
Spesso, preferiscono il silenzio perché non capiscono la vera natura del dolore cronico o hanno paure ingiustificate a proposito delle cure: “Ho paura di assuefarmi ai farmaci per il dolore e di non poterne più fare a meno”.
Le ricerche in questo campo hanno dimostrato che, quando assunti con criterio, i farmaci portano sollievo senza dare assuefazione. “Se la terapia che sto seguendo non funziona, devo rassegnarmi a convivere con il dolore”.
Questo non è necessariamente vero. Dovrete essere sinceri con voi stessi e capire quanto impatta realmente il dolore cronico sulla vostra vita. Chiedete al medico quali siano le terapie disponibili. Se una determinata terapia non dovesse apportare benefici, un’altra invece potrebbe essere efficace. Si possono
inoltre gestire o prevenire molti degli effetti secondari dovuti alle terapie del dolore. “Penseranno che sono una persona debole perché non sono in grado di sopportare il dolore e devo farmi aiutare dal medico” Alcune persone credono che una vita vissuta sopportando il dolore sia un segno di forza e che cercare aiuto sia un segno di debolezza. Non bisogna lasciare che questi luoghi comuni impediscano al paziente di consultare e parlare delle possibili soluzioni terapeutiche per alleviare il dolore. È possibile trovare aiuto e sollievo, ma solamente se si è disposti a parlare apertamente di questo problema.
Se la terapia attuale non dà il sollievo desiderato o se causa effetti secondari che impediscono di svolgere le attività quotidiane o peggiorano la qualità di vita, il dialogo con un medico si rende necessario. Il medico in questo caso potrà regolare il dosaggio del farmaco, prescrivere un altro farmaco per ridurre gli effetti secondari oppure proporre delle alternative. Se questo approccio non ha successo, il medico potrà segnalare uno specialista nel campo del dolore o consigliare una terapia del dolore. Le strutture che si occupano di terapie del dolore sono state create negli ultimi anni proprio per far fronte alle esigenze di chi soffre di dolore cronico, che possono ora avvalersi di medici altamente specializzati che lavorano in team che comprende: Medici specialisti (Anestesisti, Algologi, Neurologi, Ortopedici, Chirurghi Vascolari, Diabetologi, Fisiatri, ecc.) fisioterapisti, infermieri, addetti al sostegno psicologico del paziente e/o psicologi.. Questo approccio multidisciplinare è stato sviluppato perché si è riconosciuto che il dolore cronico coinvolge differenti aspetti della vita del paziente. In queste circostanze la strada verso un maggiore benessere passa attraverso una combinazione di terapie.
QUALI SONO LE TERAPIE ATTUABILI
La scelta della terapia dipende dal tipo specifico di dolore, dalla sua gravità e dal successo delle terapie precedenti. Le soluzioni terapeutiche per il controllo del dolore sono costituite da : Terapia con farmaci
Gli analgesici possono essere somministrati per via orale, rettale, transdermica e per iniezione (intramuscolare ,endovenosa, sottocutanea). Questi tipi di somministrazione sono definiti sistemici, in quanto l’analgesico circola in tutto il corpo del paziente. Sulla base delle indicazioni fornite dalla letteratura internazionale, il controllo soddisfacente del dolore può essere attuato attraverso un approccio sequenziale a gradini che prevede l’utilizzo dei Farmaci antinfiammatori non steroidei nei casi di dolore lieve e degli Oppiacei nei casi di dolore moderato e grave. Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS)) Alcuni farmaci di questa classe sono da banco e non richiedono, pertanto, la ricetta medica, mentre altri la richiedono. Tali farmaci possono essere molto efficaci, ma possono anche avere effetti collaterali,soprattutto a livello gastrico. Oppiacei Gli oppiacei più comuni, come la morfina e derivati possono essere somministrati per via orale, o per altre vie. La buprenorfina ed il fentanyl possono essere somministrati per via transdermica mediante
cerotti che cedono il principio attivo e quindi queste formulazioni sono pratiche e semplici da somministrare. Gli oppiacei che vengono utilizzati nel dolore moderato, come il tramadolo e la associazione paracetamolo+codeina, sono generalmente maneggevoli e ben tollerati. Farmaci Adiuvanti : Alcune classi di farmaci hanno la caratteristica di potenziare gli effetti degli analgesici o di avere delle proprietà curative nei confronti del dolore cronico.
Fisioterapia Il movimento controllato e l’esercizio fisico delle parti del corpo interessate dal dolore aiutano spesso a ripristinare la funzionalità di articolazioni e muscoli irrigiditi. L’attività è molto importante per il controllo del dolore, con implicazioni combinate per la mobilità e la qualità della vita.
Programmi di controllo del dolore Il trattamento del dolore, in genere, conduce il paziente attraverso un percorso in cui vengono sperimentate le varie soluzioni terapeutiche disponibili allo scopo di trovare la soluzione migliore a livello individuale. Se la terapia farmacologica, la fisioterapia e altre soluzioni non invasive non hanno successo, il medico può raccomandare un intervento. In particolare:
Blocchi nervosi I blocchi nervosi terapeutici applicano un anestetico locale e/o farmaci steroidei mediante un’iniezione nel sito interessato dal dolore. Questa iniezione è diretta al nervo che serve l’area dolente. I blocchi nervosi di solito alleviano temporaneamente il dolore. Per alcuni è sufficiente un solo blocco nervoso. Altri con condizioni più complesse possono richiederne diversi. Se il dolore non è sotto controllo entro quattro/sei mesi, il medico spesso prende in considerazione altre terapie.
NEUROSTIMOLAZIONE
La sensazione del dolore in certe aree del corpo può essere ridotta usando la stimolazione elettrica (anche nota come neurostimolazione). Alcuni dispositivi di stimolazione sono efficaci se applicati sulla pelle, mentre quelli tecnologicamente più sofisticati sono efficaci se applicati direttamente al sistema nervoso, ad esempio, in prossimità del midollo spinale (questa terapia viene somministrata mediante un “pacemaker midollare”). Solitamente, la scelta di queste soluzioni terapeutiche avviene solo dopo che le altre terapie non hanno apportato benefici significativi al paziente.
SOSTEGNO PSICOLOGICO
Poiché il dolore può incidere anche sulla psicologia e sulla vita delle persone e ne possono risentire la comunicazione ed i rapporti sociali, il medico può considerare la possibilità di affiancare alla terapia medica un supporto psicologico. A volte, il colloquio con addetti al sostegno psicologico e/o psicologi può aiutare il paziente a sopportare meglio gli effetti negativi che il dolore può arrecare alla mobilità, alla vita ed ai rapporti sociali. Il rilassamento o le tecniche di biofeedback sono due esempi di metodi usati da alcuni psicologi per aiutare i pazienti a sopportare meglio il dolore.
Interventi chirurgici Gli interventi di chirurgia correttiva possono alleviare il dolore correggendo i fattori che ne sono la causa, come problemi strutturali alla schiena o l’ernia del disco. Tuttavia, in alcuni casi, anche dopo interventi ripetuti il dolore non è alleviato o è controllato solamente in misura minima. Gli interventi chirurgici possono comportare il rischio di infezioni e di altre complicanze.
Altre terapie Oltre alle terapie mediche convenzionali, esistono molti altri tipi di trattamento per il sollievo del dolore cronico che possono essere d’aiuto in alcuni casi. Chiropratici ed osteopati, ad esempio, in alcuni casi specifici danno sollievo attraverso la manipolazione delle articolazioni. Lo stesso vale per metodi di cura tradizionale cinese, come l’agopuntura. Se desiderate provare una di queste terapie, non esitate a parlarne con lo specialista, che potrà probabilmente raccomandarvi le terapie complementari più adatte al caso.
Se la terapia attuale non dà il sollievo desiderato o se causa effetti collaterali spiacevoli, è importante parlare con il proprio medico delle possibili soluzioni terapeutiche oppure fissare un appuntamento con il centro di terapia del dolore più vicino.
Tutte le persone, se affette da particolari malattie o a seguito di traumi, possono soffrire di dolore cronico, ma lo sono maggiormente gli anziani e le persone colpite da malattie, quali: il diabete, l’artrite o problemi alla schiena, a soffrirne. I dolori persistenti non sono da considerarsi una normale componente dell’invecchiamento e vanno, quindi, curati. Purtroppo, non è sempre possibile prevenire il dolore cronico, ma se si interviene in modo tempestivo e mirato sui dolori improvvisi, le possibilità che questi diventino cronici si riducono notevolmente. Alcune patologie possono aumentare l’insorgenza di dolore cronico: l’amputazione di un arto (dolore da arto fantasma), l’artrite o i disturbi d’ansia. Stile di vita e fattori, quali: scompensi alimentari, fumo, abuso di alcol o droghe o inattività fisica possono predisporre una persona al dolore cronico.L’intensità del dolore percepito, anche a parità di trauma, varia molto da persona a persona. Mentre alcune persone percepiscono il dolore in maniera significativa, altre non sentono l’esigenza di ricorrere neppure all’assunzione di blandi analgesici. Un esempio molto comune: un semplice taglio con la carta in alcune persone diviene un dolore persistente. Il motivo perché ciò accade non è chiaro. Alcune persone, rispetto ad altre, sembrano predisposte al dolore. L’educazione e le tradizioni culturali possono spiegare solo in parte queste differenze individuali. Vi sono sempre più indicazioni che la nostra risposta al dolore sia anche determinata dal patrimonio genetico, sul quale non esiste alcun tipo di controllo.
Dott Enzo Primerano